Salumi, perchè sono negletti


Enosteria Tage' - salume Ciarcia

Salume Ciarcia

di Marco Contursi

Sono da oltre dieci anni il delegato Onas (org naz assaggiatori salumi) della Campania. Ho portato io la cultura dell’analisi sensoriale dei salumi in Campania e al sud, dove ho tenuto e tengo tuttora tanti corsi di questa materia, ho organizzato decine di degustazioni di rare specialità salumaie, ho incontrato e aiutato tanti produttori, ma ora sono veramente stanco.

Di cosa? Della scarsa importanza che hanno i salumi nel panorama della gastronomia italiana ma soprattutto regionale campana. Eppure ricordo che l’Italia ha una antica tradizione norcina che non ha eguali al mondo e la Campania in particolare vanta una razza autoctona pregiata come la Casertana, detta anche pelatello e da molti, erroneamente, chiamato maiale nero.

Di chi sono le colpe? Un po’ di tutti. Vediamole e che questo mio J’Accuse possa far migliorare le cose.

1) Dei ristoranti e degli alberghi. A partire dalla trattoria fino alla alta ristorazione è uno sconforto totale. Si trova quasi sempre roba mediocre. Basta andare in un hotel 4 stelle e vedere cosa offre a colazione e non si andrà oltre una spalla cotta o qualche affettato scadente di pollo o tacchino. Nei ristoranti poi di fascia alta, troviamo il carrello dei formaggi, magari quello dei salumi di “mare” ma mai nulla che ci riporti alla tradizione norcina locale. E questo un po’ in tutta Italia a dire il vero. Ma perché, un culatello di Casertana di 2 anni ha meno appeal di un provolone o un erborinato? E una fetta di soppressata non potrebbe entrare di diritto in un locale di fascia alta, magari in un appetizer? O giocare con la consistenza scioglievole di una fetta di lardo per un piatto gourmet? Lancio la proposta, magari qualcuno la raccoglie….

 

2) I consumatori, le salumerie e supermercati. La massaia che fa la spesa quasi mai sa nulla dei salumi, ad esempio della distinzione prevista dalla legge sulle tre tipologie di prosciutto cotto. Ma neanche chi vende spesso la sa e il risultato è che il cliente prende sempre il prodotto meno costoso, perché se di una cosa non capisce il valore, non spende soldi per averla. Ho proposto a vari supermercati di far svolgere dei corsi per i propri dipendenti così come a vari titolari di salumerie, corsi che li avrebbero aiutati anche a vendere meglio, ma pochi o nulli i riscontri positivi, eppure quasi sempre c’è lo sconforto più totale quando si chiede qualche informazione a chi sta dietro al banco.

Perché i supermercati non organizzano qualche corso fatto bene per i propri dipendenti e perché no, anche per i clienti che divenendo consapevoli, poi orienteranno i loro acquisti in base alla qualità e non solo al prezzo più basso?
Perché i salumieri non partecipano mai ai corsi, quando formarsi è la base per professionalizzare il proprio lavoro?

 

3) Dietologi e nutrizionisti. Questi professionisti dell’alimentazione hanno da sempre messo sotto accusa la carne di maiale, sia fresca che processata. Qui la storia è lunga e andrebbe approfondita, dico solo che la carne fresca ha un contenuto di grassi saturi molto minore rispetto a qualche decennio fa, che la carne delle razze autoctone anzi vanta un ottimo quantitativo di grassi insaturi e che i conservanti potenzialmente cancerogeni, in tanti prodotti non ci sono come ad esempio nei prosciutti di Parma o San Daniele. Quindi questa demonizzazione va fermata, in un regime bilanciato mangiare carne di maiale o un buon salume 1-2 volte alla settimana non crea nessun problema e va tutto a vantaggio del gusto, perché non potete dirmi che il riscontro palatale di una bella fetta di prosciutto sia paragonabile al petto di pollo….E dai….

 

4) Produttori di salumi. Qui mi incazzo davvero, si organizzano corsi e li vedi pochissimo, alle serate di degustazione che sarebbero per loro anche un momento di confronto sono quasi sempre assenti, tra di loro non riescono a fare corpo ma sono tante unità sciolte quando, si sa, l’unione fa la forza, e se poi gli fai notare una imperfezione, apriti cielo, mai ad ammettere un problema del proprio prodotto. Un atteggiamento diametralmente opposto a quello dei produttori di vino, gran parte dei quali sono sommelier e in stretto contatto con le associazioni di categoria dei sommelier, sempre partecipi alle degustazioni, e ai momenti di confronti e di crescita. Appello ai produttori di salumi, partecipate di più agli incontri dell’
Onas ma anche a momenti di confronto con colleghi della vostra o di altre regioni e soprattutto siate più critici verso quello che fate, poiché il migliorarsi passa per il mettersi in discussione.

 

5) Appassionati di cibo. Altra categoria che mi fa incazzare, parlo del gourmet praticante, che non si perde un corso o una degustazione di vino perchè girare un calice fa figo, poi, alle cene, coi colleghi. Che partecipa felice alle degustazioni di formaggi (in Campania l’Onaf fa cose egregie), ma poi quando legge di serate dedicate ai salumi e parlo di cose altrettanto prestigiose, latita o devi pregarlo per venire. Allora, capiamoci bene, assaggiare una fetta di un prosciutto di cinta senese o di casertana di 3 anni, o un grande iberico, suscita le stesse emozioni di un grande barolo o di un caciocavallo podolico invecchiato in grotta. Le Stesse. Bisogna sono avvicinarsi all’assaggio con la stessa curiosità.

6) I soci Onas. In dieci anni sono passati tra i nostri corsi oltre 200 persone, 30 sono arrivati al grado ultimo di Maestro Assaggiatore, ma, dopo, quasi tutti scomparsi, resta un manipolo di 10-15 che partecipano spesso e gli altri? Si organizzano come Onas non più di 2-3 degustazioni l’anno, sempre molto interessanti e a prezzo basso (20-30 euro max) grazie al fatto che chi organizza non si deve mettere in tasca nulla ma lo fa per passione. Perché non partecipate di più, trovando il tempo per una sera di crescita, dove mettere a frutto le nozioni sulle modalità di assaggio tecnico imparate ai corsi?

La finisco qui, non è solo lo sfogo di un porcofilo impenitente nonché delegato Onas ma anche anche un grido di aiuto per far risorgere un settore storico e prezioso come quello della norcineria tradizionale, messo in difficoltà oggi dalla peste suina (che ricordo non è pericolosa per l’uomo) ma anche da una scarsa considerazione di consumatori e addetti del settore.

4 Commenti

  1. Che insaccati o tagli di carne di maiale siano negletti è giustamente sconfortante ma ancora peggio è,secondo me,la mancanza di interesse per le maialate.Bisogna farsene una ragione per non essere apostrofati come salami FRANCESCO

  2. Mi occupo di formazione ai banconieri di varie catene della gdo e sottoscrivo in toto quanto hai descritto nell’articolo.
    Io personalmente se faccio formazione es: in Sardegna mi studio, anche se ho 59 anni di cui 45 di mestiere, i pochi salumi locali che non conosco per spiegarli con cognizione ai miei allievi e insegnare a loro che in questo Mestiere (non lavoro ma MESTIERE) essere aggiornati al fine di essere credibili al consumatore finale, da sempre ma oggi più che mai, è la cosa più importante.
    Questo vale anche nei ristoranti dove aimè molto, troppo spesso, i camerieri non sanno NULLA dei salumi e dei formaggi che servono.
    Hai proprio ragione, la situazione è molto critica.

    1. Gentile Luigi mi fa piacere che un formatore con tanta esperienza convenga con quanto ho detto. Ma come possiamo invertire la rotta? io non so più che fare, a parte sgolarmi. Ma se chi di dovere non ha orecchi per sentire…

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