The World’s 50 Best Restaurants 2019, il sovranismo gastronomico italiano e il caso Romito


The World’s 50 Best Restaurants 2019? Sono rimasto colpito dalle reazioni sui social alla classifica della 50 Best Restaurants 2019, soprattutto se le confrontiamo con quelle dell’edizione precedente che vide il trionfo di Massimo Bottura contro ogni aspettativa.
Viene quasi da fare un paragone tra il sovranismo politico che sta ricacciando l’Italia al tempo della “Perfida Albione” e il sovranismo gastronomico.
Complotto! La cucina italiana è la migliore del mondo ma le lobby lavorano contro di noi. Magari le lobby ebraiche visto che ci troviamo e per essere più precisi.
Viene allora da fare in primo luogo una doppia osservazione di fondo.

A.

Prima fondamentale: come mai il sistema della critica italiana non è stato capace negli ultimi vent’anni di creare uno strumento determinante e forte come 50Best e la Michelin? Se questa situazione è infatti comprensibile per il vino, visto che contano i critici che operano dove c’è il mercato, e dunque americani e asiatici, non è strano che con ristoranti sparsi in tutto il Mondo e una serie incredibile di eccellenze la narrazione sia diventata preda di meccanismi pensati all’estero? Evidentemente entrambe, 50 Best e Michelin, hanno occupato uno spazio lasciato vuoto.
La risposta meriterebbe un altro post, ma la sostanza, vera e amara, la stiamo sperimentando con la nostra piccola 50TopPizza: i primi ad essere contrari sono gli stessi operatori italiani che preferiscono la politica della pacca sulla spalla, tanto poi io sono più bravo e me la cavo, la coabitazione innaturale e forzata tra critica e oggetto della critica. Sicché, siccome i clienti e i lettori non sono fessi, c’è una caduta di credibilità generale che porta a consultare altri strumenti, tra cui perfino TripAdvisor.

B.

Seconda osservazione di fondo. Gli italiani nel loro complesso non hanno per nulla abbracciato come proprio il movimento dela cucina d’autore e creativa. I piatti di alta gastronomia diventati senso comune come può esserlo la cotoletta alla milanese, si contano sulle punta delle dita di una mano. Fatta eccezione ovviamente per il ristretto circoletto della critica gastronomica che li conosce tutti a memoria. Masterchef è stato devastante in un paese come l’Italia che assorbe la modernità via cavo e non per quello che fa nella realtà, spinge i giovani a cucinare per andare in tv e per la critica dimenticando che il primo obiettivo del cuoco è far da mangiare con soddisfazione al cliente. Un atteggiamento completamente diverso non solo dai francesi, ma dagli spagnoli e dai paesi nordici che vedono invece nei grandi cuochi ambasciatori del proprio paese.

Mauro Colagreco del ristorante Mirazur

Mauro Colagreco del ristorante Mirazur

Ma questi sono temi generali, entriamo nel merito, perché questo fatto che l’Italia è stata punita somiglia tanto alla tematica dell’invasione di immigrati che, stando numeri alla mano, non c’è.
Nel 2018 avevamo questa situazione: Bottura primo, Alajmo, Crippa e  Romito nei primi 50. 4 su cento fa il 4%.
Nel 2019 abbiamo Bottura nel Hall of Fame, Crippa, Alajmo nei primi 50, Romito, Uliassi, Camanini (premiato), Niederkofler, Fantin. In percentuale, senza contare Bottura, il tasso di italianità nella classifica sale al 5,8% con ben quattro new entry. E senza voler considere che il numero uno, Mauro Colagreco, ha tre nonni italiani su quattro e opera, per sua fortuna, poco dopo la frontiera evitando così i 150 fra controlli e ispezioni con cui devono fare i conti i ristoranti italiani famosi in Italia. Quasi il 6% di italiani in una classifica che ha oltre cento paesi rappresentati.

Questi sono i fatti, poi subentrano le opinioni di merito (giusto che, sbagliato che, meglio questo, come fa quello a stare in alto mentre quello sta giùetc etc). Ma queste lasciamole da parte perché soggettive.
Questi sono i fatti, poi ci sono le opinioni sul metodo della classifica, tutti a spaccare il capello nel Paese del ricorso al Tar, pochi o nessuno che alza il telefono per chiedere a Eleonora Cozzella, la coordinatrice italiana, come funziona. Un sondaggio invece che una guida? Può darsi, ma è un sondaggio più efficace di tutte le guide italiane messe insieme e un motivo ci sarà.

Cosa ha dato la percezione allora che l’Italia è stata “punita”? Il fatto che Niko Romito sia passato dal 36° al 51° posto. Lui che è al top nelle guide specializzate italiane. Supercoccolato da tutti anche quando non ha il successo annunciato (vedi Bomba a Napoli e Spazio a Roma)
Ma sentiamo la sua versione in questa intervista rilasciata al Cucina/Corriere 

 

Tutto giusto e condivisibile, ma forse sarebbe stato più efficace se queste dichiarazioni fossero state rilasciate lo scorso anno, quando invece Niko avanzò di qualche posizione nei primi 50. I  meccanismi erano esattamente gli stessi!
Ma quale conclusione si può trarre da queste affermazioni? Intendo conclusione logica, non populista-dickensiana (ah poveretto, punito perché è restato in cucina): che quando saliva pensava di più alle pubbliche relazioni? Non mi sembra di ricordare che Crippa e Alajmo siano particolarmente in giro, sicuro meno di Romito che ha fatto anche qualche puntata in Spagna (e non solo) per il suo main sponsor. E allora il primo posto di Massimo Bottura è solo merito delle sue capacità di fare pubbliche relazioni e di stare in giro?
Mai sentite dichiarazioni del genere dai mostri sacri francesi (e sì che ne avevano di ragioni in più) quando un certo Inaki Aizpitarte fu messo davanti a tutti loro dalla 50Best.
Ammesso e non concesso che il 51° sia una sconfitta, bisogna anche saper reagire. Ma Romito non è nuovo alle uscite pubbliche infelici (ricordate l’accusa a Taverna estia di averlo copiato?)

Insomma amici, le polemiche all’italiana non servono praticamente a nulla.
Le classifiche, i sondaggi, le guide, vanno bene sinché ci premiano. Altrimenti sotto a demolire la loro credibilità.
Del resto il coccolato mondo chef italiano, l’unica categoria che non si può criticare nel Belpaese, ha il suo illustre precedente con Marchesi che attaccò la Michelin a cui doveva tutto.
Mi chiedo, dove si va in questo modo? Credo proprio da nessuna parte. Purtroppo. Torneremo alla situazione in cui i grando gourmet bypassano il nostro Paese?
Comblotto?
La verità, banale, semplice, elementare Watson, è che le regole valgono per tutti. C’è chi le sa interpretare e chi no. Punto.

50 Best  Restaurants 2019

Un commento

  1. Dall’articolo:
    “Gli italiani nel loro complesso non hanno per nulla abbracciato come proprio il movimento dela cucina d’autore e creativa. I piatti di alta gastronomia diventati senso comune come può esserlo la cotoletta alla milanese, si contano sulle punta delle dita di una mano”.
    (Dall’articolo)
    __
    Il testo è pieno di punti interessanti:
    sia ad una lettura di superficie e, ancor di più, se si va in profondità e ci soffermiamo sul non detto, sull’implicito, sui rimandi.
    Ma, partendo dalle frasi riportate, esprimo questa opinione.

    1 Dovremmo, innanzi tutto, distinguere
    A) la super-classifica dei 50 best restaurants
    B) dalla cucina che questi ristoranti fanno, denominata in vario modo: creativa, d’autore, d’avanguardia, alta cucina ecc…
    A
    La super-classifica non è che l’ennesima classica che affligge il mondo del web:
    i food blog sono intasati di CLASSIFICHE PIÙ O MENO ATTENDIBILI.
    Anche questa classifica VA VALUTATA COME LE ALTRE classifiche e soffre degli stessi mali: le dichiarazioni di Romito
    e il successivo dibattito sul web è pieno di spunti(per chi li vuole vedere) che mostrano i meccanismi e i limiti di questa super-classifica.

    Ma è ancora più importante chiedersi:
    Qual è il senso profondo di questa super-classifica?
    A che serve?
    A chi serve?
    Chi serve?
    Serve?
    Veramente a qualcosa di importante?
    __
    B
    Più importante è concentrarsi sul tipo di cucina che viene praticato nei best restaurants.
    1
    Il discorso sarebbe lungo e sicuramente ci sarebbero opinioni diverse.
    Ma, sintetizzando, secondo me,
    da quello che ho approfondito nel tempo, la caratteristica principale di questa cucina è la creatività e l’innovazione.
    E, infatti, viene chiamata cucina creativa.
    Non è il momento di sviluppare un discorso su cosa è la creatività e, in particolare, in cucina.
    Ma, partendo da questo punto,
    (LA CREATIVITÀ COME CARATTERISTICA ESSENZIALE DELLA CUCINA dei best restaurants)
    la CRITICA GASTRONOMICA dovrebbe “Sempre” Verificare quanta creatività e innovazione c’è nei menù e
    DISTINGUERLA DALL’ESIBIZIONISMO TECNICO che vuole STUPIRE.
    La tecnica senza creatività vera
    produce manierismo, accademismo, barocchismo e piatti cosmetici.
    Penso che la critica gastronomica e i food blog siano lontani da queste capacità e abilità:
    quando siedono al tavolo degli stellati sono quasi sempre sdraiati:
    la loro MISSION è quella di ESALTARE LO CHEF, non è quella di svolgere la nobile arte della critica.
    SONO Critici e Blogger RUFFIANI.
    __
    Per concludere condivido l’opinione espressa nelle frasi iniziali.
    Il motivo, secondo me, è che l’Italia ha una
    GRANDE CUCINA CLASSICA.
    È una GRANDE TRADIZIONE REGIONALE.
    Il fatto che, come dice l’articolo,
    pochissimi piatti stellari diventano dei classici e che i menù, che cambiano con le stagioni, siano effimeri esprime i limiti di questa cucina in Italia.
    E il fatto che questi chef, super-gonfiati dalla critica e dai food blog, si mettano a fare pizze e cornetti, ecc… lo conferma.
    __
    L’invito è a concentrarsi sulla creatività dei piatti: e lodarla quando veramente c’è.
    Ma anche segnalare ai lettori quando non c’è e c’è soltanto esibizionismo tecnico.

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