Tour de France / Gianni Mura e le sue pagine che sanno di Francia


Cycling Tour de France 2007

di Fabrizio Scarpato

Una curiosità, signor Mura: spesso si ha la sensazione che lei segua il Tour soprattutto perché le consente di tornare ogni anno in Francia. Un pretesto, insomma, per ritrovare o scoprire un paesaggio, una cucina, un vino, persino una canzone.

Non ricordo esattamente cosa mi rispose, ma lasciò trapelare, guardando fisso sul tavolo, una fuggevole emozione, un sottile compiacimento: perché in effetti “il Tour non è una corsa che si svolge in Francia, ma “la” Francia, come la voce di Edith Piaf, le Gauloises senza filtro, il pastis e la baguette. La Francia dei poeti, degli chansonniers, dei giocatori di petanque sotto i platani, dei campi di girasoli a perdita d’occhio, delle città con una luce speciale”. Suggestioni, impressioni, particolari che trasformano la cronaca in racconto. Epos.

Petanque

Epica, narrazione di gesti, gli epiteti degli eroi: il Fossile Pantadattilo Pantani che si libera degli occhiali e della bandana prima dell’attacco, un rito prima dello scatto, per salire in fretta, per soffrire il meno possibile, per abbreviare l’agonia. Bugno con gli occhi da husky incerto in un monotono “vedremo”; Bull Chiappucci a testa bassa a disordinare la normalità; il ragazzo cow boy Lance Armstrong che taglia il traguardo indicando il cielo con le dita, lo stesso che, fattosi uomo, considera una fortuna aver combattuto il cancro, per poi vincere sette Tour di fila.

Vita e morte, sulle rampe del monte calvo e ventoso, lungo la discesa pirenaica, dopo una curva del Portet d’Aspet: ancora oggi può capitare che una madre in silenzio baci l’asfalto ligure che ha schiantato il figlio, in un epico gesto omerico.

Epo, è invece una radice diversa, dal greco poieo, fare: nel ciclismo saper attendere è una sofferenza necessaria, il respiro e il dolore raccontano, le facce livide parlano. Non sono ammesse scorciatoie nel racconto epico. Tra il dire e il fare, è il caso di dire.

La fiamma rossa , ultimo chilometro dove tutto può succedere, dipende come ci si arriva: da inseguitore o da braccato, gomito a gomito con un altro compagno nella fuga di un giorno, spalla a spalla con altri venti in una volata in cui tutti pensano di poter vincere. L’ultimo chilometro è la zona dei sogni: la flame rouge può essere una marcia trionfale o un calvario. Come la vita.

Gianni Mura - La Fiamma Rossa

Sotto il fruscio delle ruote del gruppo scorrono strade liquefatte dal caldo e affollate di bici, il treno di maglie colorate non impedisce di immaginare Maigret a un bistrot con un bicchiere di Calvados, la bellezza di un gesto atletico non fa dimenticare la bontà di un salame alle castagne dell’Ardeche, il nulla del trasferimento ricorda la penosa e colpevole secchezza di una baguette alla sera, la fuga più importante non distrae dai vigneti di Hautvillers, di Avize, di Ay: “passo davanti alla cantina che produce lo Champagne preferito da me e dall’avvocato Agnelli (in ordine d’importanza per lo scrivente). E’ chiusa, ma anche se fosse aperta non ci sarebbe il tempo giusto per fermarsi”.

Champagne Clos des Goisses

Cronaca e colore, con una spruzzata di superfluo, che poi è quello che crea un sentimento, che rende l’idea di un’atmosfera, di una situazione attraversata. Parole battute sulla vecchia Olivetti Lettera 32, nella mente i racconti di Simenon, nell’autoradio le canzoni della Piaf, la voce di Brassens, la dolcezza di Endrigo, lo swing di Paolo Conte, persino Robero Murolo, se può servire a illuminare lunghe giornate fredde e piovose.

Olivetti Lettera 32

Nel racconto epico anche la descrizione dei banchetti introduceva il canto per l’eroe: il cibo, il vino accompagnano i gesti dei corridori fuori della corsa, dentro la loro vita, il loro modo di vivere e di correre.

Anquetil non avrebbe mai accettato un diminutivo come Poupou Poulidor, era tanto elegante in corsa quanto carogna nella vita: le petit matin et le gros rouge, ore piccole e vino rosso. E cognac e donne: un mito per quanto ha vinto, ma anche per quanto s’è bevuto e mangiato. Undici di mattina, prima di un’intervista: Anquetil mette in tavola l’aperitivo, una bottiglia di whisky e una di vecchio Calvados. Servez vous. Era fatto così.

Perché Bull Chiappucci ha tanta fame, tanta sconsiderata voglia di spaccare il gruppo? I suoi venivano da Bagnone, un anfratto della Lunigiana verde metallizzato, paesi poveri e cucina povera: polenta incatenata, col cavolo nero e fagioli, testaroli, minestre d’erbi, coniglio quando è festa. E qui, sull’Iseran non c’è nemmeno un panino.

Pantani che s’arrampicava scuoiato e nudo, perchè si vedesse la sofferenza, la sua agonia: sembrava inadeguato, “non cavalcavano le Walchirie, e se proprio c’era una musica era una fisarmonica. Ma crescente fino a diventare stordente, come la “Valse à mille temps” di Jacques Brel: si trasfigurava fino a vestire, diceva, una torrida tristezza. Sarebbe stato bello vederlo invecchiare, e bere un bicchiere di sangiovese con lui, da qualche parte sulle sue colline”.

Lance Armostrong non lascia nulla al caso, la sua squadra ha un cuoco svizzero, Willy Balmat, che vive spesso in Maremma: ha portato olio, pistilli di zafferano d’Abruzzo, Parmigiano. Lance in corsa vuole solo spaghetti Barilla n.5, gli piacciono il risotto alla milanese, l’entrecote a cottura media e l’omelette, con un solo rosso e tre bianchi. Quando si festeggia, torta di mele (tarte tatin) con una pallina di gelato di vaniglia e un goccio di Champagne, alla fine. Nessuno è perfetto.

Domani cronosquadre a Epernay: lo Champagne è come una cronosquadre, tre vitigni ai limite del bevibile, in senso stretto, essendo proprio geograficamente ai limiti della coltivazione della vite. Lo Champagne è diventato mito quando delle tre debolezze assemblate hanno fatto una forza. Allo stesso modo, nella cronosquadre, i più forti devono tener conto dei meno forti.

Corrono i paesaggi, scattano i rimandi e le suggestioni: la confortevolezza delle cose che piacciono, la concentrazione profonda e leggera delle cose fatte per bene, perché fanno bene, annodando i fili dei ricordi, sui pedali della curiosità. Del resto la bici è l’unico sport che mentre lo fai, ti permette di pensare. Immedesimazione, di una contentezza quasi infantile, come giocare a tappini. Occhi e papille, racconto e cronaca, sapori e fatica: il Tour lo si può anche stramaledire, ma non smettere di amarlo. Riempire gli undici mesi che separano dal successivo, questo è il problema. Ma come i cammelli col grasso, c’è chi ha scorte d’amore sufficienti.

Il Tour è appena cominciato, anche quest’anno, e Gianni Mura è tornato a seguirlo, da suiveur, o precedeur, come dice lui. Contador corre sub judice, dice che un amico macellaio gli ha regalato lo scorso anno una bistecca : bel gesto premuroso, se non fosse che la bistecca sapeva di clembuterolo. Della serie, o sei grullo, o non ci si può fidare degli amici, o ci siamo già passati con la nipote di Mubarak. L’americano Zabriskie, invece, corre seguendo una stretta dieta vegana: recuperare forza per un atleta che consuma ottomila calorie al giorno senza l’apporto di proteine di origine animale, sembra un azzardo, per non dire un’incoscienza. Infatti è previsto salmone due volte alla settimana, più vari beveroni e barrette brevettati da un guru vegan a stelle e strisce (e anche qui siamo alle considerazioni della serie…vedi sopra). Liberi tutti, ma con un filo di compassione, velata e dubbiosa, come una giornata di pioggia in Bretagna: mi piace pensare che una volta giunto dalle parti dei Pirenei, nell’Aude Languedoc, Mura possa farsene una ragione, annotando con sollievo: 18 luglio, riposo a Pau. Niente musica, cassoulet consolatorio.

Cassoulet

Ecco, come detto, non ricordo esattamente cosa mi rispose. Ma mi fece una dedica, sulla prima pagina del libro: a Fabrizio, queste pagine che sanno di Francia.

Ho l’illusione, e la presunzione, di pensare che l’abbia scritto solo a me.

Gianni Mura – La Fiamma Rossa – Minimun Fax (2008) pp. 459

13 Commenti

  1. Grande Fabrizio. Mura e’ stupendo ma non pareggia certe meraviglie del grande gioan fu Brera . Quando aprivo le pagine del guerin sportivo avevo le stesse sensazioni delle pagine delleLe Ore, il che e’ tutto dire…..

    1. Anch’io son cresciuto a Gioan Brera fu Carlo, e in qualche misura anche Mura. Da ragazzio leggevo il Giorno quello di Italo Pietra, mi pare (o Gaetano Afeltra), conservo gelosamente una raccolta di figurine edite da Epoca col commento di Brera per i Mondiali del 1966. Brera, il calcio femmina, la musa Eupalla, l’eretismo podistico di Sacchi… ne mangiamo indegnamente ancora oggi. Lo incontrai in un ristorante di Corso Sempione a Milano, subito dopo in albergo mi trovai a chiedere le chiavi insieme a Vasco Rossi: andai a dormire pensierosamente stordito
      Il maestro di Mura forse è Mario Fossati: scrittura gentile anglosassone quasi in grisaglia. Mura ha la stessa aerea leggerezza, una mai affettata ricerca del superfluo che è suggestione necessaria, con qualche fittone di carnalità.

  2. Mi era piaciuto il suo “giallo” durante il Tour, sarà sicuramente simpatico anche questo. Chissà se è stato ristampato..

    1. Anche in “Giallo su giallo” il filo rosso, anzi il fil rouge (per dirla alla Pancaldi e Olivieri) era “La Grande Notte del Cassoulet”: a proposito di riti, ritrovarsi, riassaporare un amore.

  3. bellissimi racconti,avvincenti a tal punto che mi lasciano un velo di tristezza,bella non lacrimosa e da purista e agonista della bici mi fa sognare troppo, cose difficili da raggiungere .
    come,e questa e’ pura gelosia.il sogno di seguire come lui un tour de france ,a bordo di una moto fermandomi a degustare vini e formaggi
    a tal punto che non leggo piu’ le sue cronache della tappa bellissime perche’ prima scappellano tutto il contorno e poi parlano della gara
    a proposito la rai con alessandra ha inserito ,quasi a mo’ di copia “le cronache in giallo” parlando anche di storie di contorno al tour.

    1. Non so, ultimamente svisa nel finale: l’altro giorno ricordando Lu Colombo, cantante dalla voce francese, oggi les yeux d’Edith Piaf a Lisieux, più note d’ambiente: siamo nella zona di tre formaggi, Camembert, Livarot e Pont l’Eveque, per me non ne fanno uno, ma ammetto di essere, nel settore, un po’ estremista. Ciò non toglie che per Mura la cronaca sconfina nell’intimo, in un emozionometro posto sotto il sellino, non è fatta di tempi e distacchi ma di pensieri e pedalate.

      1. Ma ma… Lou Colombo, quella di Maracaibo mare forza 9 ? :-) o il jazzista anni “50 ?

        1. No, proprio Lu come Luisa, che fece un album di canzoni spiritose sulle uova , la ricotta e l’amore, L’uovo di Colombo, appunto: Mura ne parla tra le note sulla sua musica al Tour. Tuttavia ho sbagliato io, perché la Colombo del ricordo di qualche giorno fa era Pia Colombo, altra cantante che Brassens paragonava alla Piaf, Per la precisione ,,,,

      1. Scarpato è come un piccolo villaggio di carattere.

        “Petites cités de caractère” est un label créé en Bretagne en 1977. Il s’est étendu ensuite dans d’autres régions comme la Franche-Comté , les Pays de la Loire et les Deux-Sèvres. Il « vise à mettre en valeur l’authenticité et la diversité du patrimoine de certaines petites communes (moins de 6 000 habitants) dotées d’un bâti architectural de QUALITE’ et COHERENT ».”

        Poi esistono anche modeste cittadine di provincia con la propria triste e vuota Banlieue

        C’est le Tour de France

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