Un tavolino a due in Piazza Umberto, colazione a Capri con Federico Alberto
di Tonia Credendino
Storia di un bar che custodisce l’anima dell’isola attraverso generazioni di accoglienza, memoria e quotidiana bellezza.
Ci sono mattine che sembrano sussurrarti: “fermati”. A Capri, il mattino non inizia: si posa. Ha la dolcezza rarefatta delle cose che non chiedono, ma restano. Sono riuscita a fermarmi. A sentire la voce dell’isola nei suoi dettagli più lievi: il rumore delle tazzine, il profumo che esce dal forno, il passo lento di chi conosce il valore del silenzio.
Come scriveva Raffaele La Capria: “Capri è un luogo che non si visita. Si raggiunge per nostalgia o per amore.”
Seduta a un tavolino del Bar Alberto, con un cappuccino tra le mani e il cuore aperto, ho ritrovato qualcosa che spesso si perde: il tempo di guardarsi negli occhi, di raccontarsi, di condividere il calore buono di una colazione vera.
E davanti a me c’era lui: Alberto Federico, occhi profondi e una calma naturale che non ha bisogno di mettersi in mostra. Sta al suo posto, come chi conosce ogni angolo del bar e lo vive con discrezione e orgoglio. C’è, sempre. Senza bisogno di proclami.
Le origini, il Rex, la nonna Immacolata
Tutto è cominciato in mare. Il nonno, anche lui Alberto Federico, era un marittimo a bordo del transatlantico Rex, una delle navi passeggeri più veloci del suo tempo. Faceva la tratta Genova–New York, orgoglio della marina italiana, e nel 1933 conquistò il prestigioso Nastro Azzurro per la traversata atlantica più veloce.
Lì, tra i profumi dei forni e il ritmo delle traversate oceaniche, affinò un’arte che avrebbe portato con sé sull’isola.
Quando decise di fermarsi, scelse Capri. Accanto a lui, la nonna Immacolata teneva i conti e l’equilibrio dell’attività familiare con la lucidità silenziosa delle donne capresi. Hanno cresciuto tre figli – Maria, Carlotta e Giovanni – e insegnato il valore del lavoro, soprattutto in estate, quando non si aveva scelta: si stava al bar, si imparava il mestiere.
Alberto è la terza generazione. Porta il nome del nonno e ha scelto di restare, senza mai delegare: «Non riesco a staccarmi dal bancone. È come se ogni mattina mi chiamasse per nome».
Una Capri che cambia, un bar che resta
Alberto è uno di quelli che sa fare tutto, non per ostinazione ma per amore. Ama esserci, seguire ogni gesto, restare accanto alle cose. Non è mania di precisione, è bisogno di contatto: con il bancone, con la gente, con la vita che scorre tra un caffè e una parola gentile.
È un uomo attento, sensibile, amato e riconosciuto da tutti. Una figura rispettata sull’isola, che incarna la generazione che resiste: quella che non ha mai inseguito le mode, ma ha scelto di restare. Non è un imprenditore nel senso moderno del termine, ma un custode. Un presidio umano e autentico nel cuore di Capri.
«Il bar è un pezzo della mia famiglia, non è un’attività economica: è la mia vita», dice.
Fino agli anni Novanta, il caffè per un caprese era un passaggio: veloce, distratto, in piedi. Oggi si sceglie il tavolino, anche solo per pochi minuti. Forse è cambiata l’isola, o forse siamo cambiati noi. Ma in certi luoghi il tempo prende un altro ritmo, e bere un caffè diventa un gesto di riconciliazione: con l’isola, con sé stessi.
Federico lo sa, e lo dimostra ogni giorno con naturalezza. «Oggi il modo di bere caffè è cambiato. Anche il turista lo annusa, lo assapora, lo sceglie. E quando un cliente mi chiede un secondo caffè, per me è la gratificazione più grande. Quasi non glielo farei pagare. Perché significa che ha capito. Che ha sentito.»
E poi c’è il turismo, che non è più quello di un tempo. «Fino a qualche anno fa, appena chiudevano le scuole, le famiglie si trasferivano qui per tutta l’estate. Le vacanze duravano mesi, era un flusso costante. Oggi è tutto frammentato, a scalare. I clienti storici si sono diradati, e le nuove generazioni sembrano essersi disamorate: vanno altrove.»
La colazione, un inizio che profuma di casa
Mi racconta che un tempo il bar restava aperto anche di notte. «Era un punto di riferimento, un crocevia. La bomba calda di Alberto era un rito notturno, una tappa obbligata per chi viveva l’isola fino a tardi. Passavano tutti: capresi, turisti, celebrità. Era il sapore della notte, il profumo che attraversava via Roma quando tutto il resto dormiva.»
Gli chiedo qual è il momento della giornata che preferisce. Forse il tramonto, penso. E invece non ha dubbi: «Quello che mi entusiasma di più è quando il bar è al massimo della sua vivacità: quando il caffè del mattino e l’aperitivo si sfiorano, si sovrappongono. È lì che le persone si incontrano davvero, tra l’energia del risveglio e la leggerezza di un brindisi.»
Un cornetto fragrante, una bomba alla crema, una fetta di torta caprese. Il cappuccino servito con garbo, senza fronzoli. Ogni colazione qui è un piccolo rito, fatto di gesti semplici e gentili. Ogni cliente è una storia che si rinnova. Ogni mattina è una promessa che si mantiene.
Bar Alberto non rincorre la moda. Rimane fedele a ciò che è: un presidio di autenticità nel cuore dell’isola, un luogo dove anche chi arriva per caso finisce per sentirsi di casa. Io, da questo tavolino, mi sono alzata più leggera. E già so che ci tornerò. Perché la bellezza, quella vera, si incontra tra una tazzina di caffè e un buongiorno sincero.
Bar Alberto
Piazza Umberto I, Capri (NA)
+39 081 837 0634 @baralbertocapri (Instagram)
Aperto da marzo a novembre – colazione, pranzo e aperitivo






