Wine Tasting 5 | La catalanesca del Vesuvio.E poi Caprettone e Falanghina


Catalanesca

Catalanesca

di Adele Elisabetta Granieri

La Catalanesca del Vesuvio, dal grappolo rado, gli acini rotondeggianti e la buccia dorata, spessa e croccante, fu portata a Napoli dalla Catalogna da Alfonso I di Aragona nel XV secolo ed impiantata alle pendici del Monte Somma, tra Somma Vesuviana e Terzigno, dove attecchì perfettamente.

Per molti anni è stata catalogata dai registri ampelografici come uva da tavola e pertanto non era consentito vinificarla e commercializzarla come uva da vino, nonostante da sempre i contadini locali, consci delle sue qualità, avessero in uso di trasformarla in vino. Ne sono testimonianza gli enormi torchi vinari risalenti al ‘600, facilmente reperibili negli antichi cellai delle masserie della zona, ricavati da tronchi di mastodontici alberi di quercia, da cui assunsero la denominazione dialettale di “cercole”.

L’iter per far assumere alla Catalanesca il rango di uva da vino è iniziato negli anni ’90 con gli studi condotti da Luigi Moio e Michele Manzo, che la dichiararono “un’uva con tutte le attitudini ad essere vinificata”, ma solo nel 2006 è stata ufficialmente inserita nell’elenco delle uve da vino e dal 2011 può essere messa in commercio con la tanto attesa ed agognata denominazione “Catalanesca del Monte Somma IGT”.

È un’uva tardiva, che si raccoglie tra Ottobre e Novembre: era consuetudine antica quella di portare i grappoli in pianta fino al periodo natalizio, eliminando man mano gli acini guasti. Il disciplinare prevede che il vino sia prodotto nei comuni di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma, Cercola, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano e Terzigno. I suoli che caratterizzano il territorio del Monte Somma – parte residuale dell’originario “Somma Vesuvio”, collassato a seguito di millenni di eruzioni, culminate in quella del 79 d.C. – sono estremamente ricchi di minerali, caratteristica che dona all’uva una connotazione del tutto particolare. Nella versione bianco secco, dà vita ad un vino di un bel giallo paglierino con i riflessi dorati tipici del vitigno, dai profumi intensi di albicocca e ginestra, che lasciano presto spazio ad una mineralità preponderante, sia al naso che in bocca. Necessita del giusto tempo in bottiglia per farsi apprezzare al meglio.

Note di degustazione di Luciano Pignataro

Catalanesca del Monte Somma 2017 Català
Montesommavesuvio
Ottima interpretazione dell’annata. tanta freschezza, un sorso semplice, piacevole ed efficace. 87

Catalanesca del Monte Somma 2017
La Cantina del Vulcano
La buona freschezza preservata limita la sensazione dolce che prevale sia al naso che al palato. 86

Catalanesca del Monte Somma 2017 catalunae
Nocerino Vini
Naso fruttato con rimandi di macchia mediterranea. Al palato buona freschezza, piacevole morbidezza e finale che ripulisce il palato. 87

Catalanesca del Monte Somma 2017 Katà
Cantine Olivella
Vino ampio, con rimandi dolci, piacevole e lungo. Al palato c’è acidità che  supporta la beva con autorevolezza. Chiusura piacevole ed efficace. 88

Catalanesca del Monte Somma 2017
Poggio Ridente
Naso minerale e fruttato, beva efficace e piacevole al palato. Chiusura lunga, amara he ripuisce il palato. 88

Catalanesca del Monte Somma 2016 Summa
Cantine Olivella
L’allungo dei tempi esalta la dolcezza del vitigno. Poco fresco, sarebbe meglio evitare la malolattica. 86

Caprettone, Coda di Volpe e falanghina

Vesuvio doc Hicarnus 2017
Nocerino Vini
Bellissimo naso fruttato e floreale, al palato rimandi di frutta bianca piacevole, chiusur alunga. 88

Vesuvio Caprettone  2017
Sorrentino
Naso debole, al palato freschezza in calo. NC

Vesuvio Emblema 2017
Cantine Olivella
Molta freschezza al naso, lungo, piacevole. Un bianco di carattere e ben eseguito
87

Coda di Volpe 2017 Donna Carolina
Tenuta Le Lune del vesuvio
Naso impreciso, palato abbastanza fresco. 85

Falanghina Marié 2016
Cantina del Vesuvio
Naso eccessivamente caricato dal legno, palato fresco. 85

Un commento

  1. Un mio cruccio da sempre è perché i vini del Vesuvio facciano fatica ad emulare la diffusa qualità che carattezza invece quelli dell’Etna.Ho letto con attenzione le varie puntate e ,a meno di una svista ,nessun vino ha avuto 90.Secondo lei ,in un futuro non troppo lontano,c’è possibilita non dico di vincere ma almeno pareggiare?Non per campanilismo ma semplicemente perché non capisco il motivo per cui un territorio così vocato non sia ancora decollato.Complimenti e….alla prossima.FM

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