Coda di Volpe 2004 Irpinia igt Vadiaperti: alzati e cammina


Coda di Volpe 2004 Vadiaperti

Uva: coda di volpe
Fascia di prezzo: nd
Fermentazione e maturazione: acciaio

Nonostante sia stato espulso dall’Irpinia come un calcolo renale dopo dieci anni di impegno e passione a La Maschera di Avellino, il vesuviano Gino Oliviero resta legato ai vini di cui è stato in gran parte Caronte. A partire dalla seconda metà degli anni ’90 ogni azienda nuova aveva due sbocchi precisi precisi: il bar Moccia quasi di fronte alla Fiat di Pratola e il suo ristorante.

Ora lavora a Portici al C&D, un locale che dopo qualche incertezza stilistica sembra aver imbroccato il giusto equilibrio tra innovazione e piatti confortevoli per la nostra tribù gastronomica, come le candele alla Genovese.

E’ stato bello ritrovare in piena forma uno dei protagonisti della rinascita Campania di cui si è scritto poco. La luminosità del Golfo gli regala nuova energia e passione, ha scritto anche un bel libro. Dalla sua cantina tira fuori un Coda del 2004 di Vadiaperti, il cugino del Fiano di Avellino da noi pensato eterno.
Ok, il Fiano è superiore. Così, a tradire le attese, l’esordio di questo vino è pericolosamente stanco e ossidato, c’è tanto medicinale, iodosan, stanza chiusa. Rivedere una persona e scoprire di non aver nulla da dire, non dovevamo non rivederci più?
Gino sbatte la mano sul tavolo. Porca puttana, quanto mi dispiace. Non te preocupe, amico: intanto ci facciamo un Di Meo 2005 e un Contrada 2003, buonissimi e in perfetta forma. Grazie: di Fiano parliamo, mica di Chardonnay:-)

So dall’inizio che la Coda di Volpe di Raffaele va aspettata, perché è proprio come gli irpini: ogni volta che ti vedono è la prima volta e ci vuole un po’ di tempo, taurasini e montemaranesi a parte, prima del riscaldamento. Un po’ di petting psicologico a botta di sorrisi, ammicammenti agli ultimi incontri e osservazioni di circostanza sul tempo e la politica, il grande cloroformio che ha distrutto lo spirito di iniziativa al Sud.

Nuntio vobis gaudium magnum, Gino la Coda si è svegliata. Bastato una ventina di minuti. Già, le note di chiuso e di ossidazione sono diventate idrocarburi a go go e agrumi canditi, il cedro della pasticceria Pansa ad Amalfi. In bocca l’acidità tonificata dall’ossigenzo spinge il vino senza trascinarlo come i primi anni, il corpo c’è, perfetto e il finale è lungo, pulito, salato.

Allora si che l’atmosfera si scioglie, a me vengono in mente i bianchi di Antonio Di Gruttola. Vero dice Gino, a cominciare da questo colore quasi arancio. Una beva calda, al bacio l’abbinamento sulla linguina alla Nerano, colloquiale, sicuramente difficile.
Ma se immaginiamo questo vino uscire dalle bottiglie di acqua minerale usate dai contadini di un tempo tutto si ricompone come d’incanto: il tempo è fermo, magnificamente fermo e il potere di questi vini è restituire un passato ripulito dalle incazzature, dagli affanni, dai giorni di pioggia per consegnarcelo etereo, restituendoci un fisico senza affanni e luminoso.

Una grande beva. Davvero la tappa finale che riconduce al punto in cui si era partiti. Allora, perché tanto movimento per nulla? Perché è questa l’essenza della vita, la continua ricerca di un equilibrio statico che è solo frutto di una astrazione mentale, il desiderio di stabilità è l’anticamera della morte.

Sede a Montefredane, contrada Vadiaperti.Tel.0825.607270. www.vadiaperti.it. Ettari: 10 di proprietà. Bottiglie prodotte: 100.000. Fa il vino Raffaele Troisi. Vitigni: fiano di avellino, greco di tufo, coda di volpe, aglianico.

Un commento

  1. Grazie delle belle parole, di aver così sapientemente e poeticamente tuffato la mia storia personale dentro il calice di un “vino grande” di un “grande amico”. E Grazie soprattutto per l’amicizia e le bevute insieme sempre divertenti e stimolanti. Ad Maiora. Gino Oliviero

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