I miei 10 vini indimenticabili del 2014


la verticale di dieci anni di Champagne Bruno Paillard, la terrazza della Baia Gardonè

di Marina Alaimo

Chi ama il vino come me tende a scandire il tempo trascorso facendo riferimento alle bottiglie stappate e snocciola i ricordi di fine anno lungo il percorso delle bevute memorabili o dei viaggi nel mondo del vino. A questo punto arriva inevitabilmente il resoconto dell’ultimo anno da enoflippata o enoappassionata che si voglia. Parto dalle bollicine che stanno andando benissimo sul mercato con la loro molteplice offerta e capacità di esprimersi, a seconda del territorio di appartenenza o dell’estro del produttore.

Indimenticabile ed emozionante la verticale di dieci anni di Champagne Bruno Paillard condotta da Alice alla Baia Gardonè, nel territorio di Predazzo in Trentino. Lungo il percorso decennale di degustazione è emersa tutta la grande passione e dedizione del produttore per lo champagne che, unite ad una salda capacità di osare, regalano bevute memorabili ed impareggiabili.

Brut Blanc de Blancs Millesime 1996 è l’assaggio che ha fissato nella memoria le emozioni di questa esperienza con la sua profonda espressività ed eleganza. Nel bicchiere si racconta con entusiasmo, senza strafare, conferma l’andamento raffinato in ogni sua espressione, ampio nei profumi delicati che vanno dai toni minerali, alla tenue tostatura, fumè e arancia amara; il sorso si fa bere e ribere all’infinito, vivace nella freschezza e perfetto nell’equilibrio dei vari sapori.  Grande Sendrèe 2005 di Drappier è l’altro champagne al quale con difficoltà ho detto “basta”. 60% pinot noir, 40% chardonnay, solo acciaio. Solare, vivace, leggiadro, spinto. Floreale di glicine e viola, piccoli frutti rossi con sottile pungenza di pepe bianco. In bocca è avvolgente, cremoso, infinito, lungo sui toni salati, vivace nella freschezza.

Drappier Grande Sendrée Brut 2005

Adoro i bianchi d’annata che sappiano cavalcare il tempo con fierezza e proprio durante la cena della Vigilia di Natale sono tornata con curiosità sul il millesimo 2005 di Vigna del Vulcano, dell’azienda Villa Dora. Nei fatti è un crù di Lacryma Christi Bianco, prodotto a Terzigno: molti fanno ancora fatica a pensare che sul Vesuvio si producano vini di questo spessore, e per lo più bianchi. Il vino comunica grande energia sia al naso che al palato, con eleganza. Nei profumi rimarca un forte accento mediterraneo, specie nei toni delle erbe aromatiche ed il sorso sprizza vitalità salina e di freschezza in continua ascesa che gli consentirà di affrontare ancora un bel po’ di anni in bottiglia.

Vigna del Vulcano 2005 di Villa Dora

Rimanendo in tema di vini vulcanici, Pietramarina 1995 è un assaggio fortunatissimo per me e ringrazio ancora Antonio Benanti per averlo portato al wine bar Cap’alice. Spiazzante, mi ha disorientata per l’infinita piacevolezza e la sua capacità di raccontarsi con tale eleganza e fascino. Dall’estremo sud dell’Italia mi sposto velocemente all’estremo nord, quello della Valle d’Aosta, piccola regione isolata dalle Alpi che la circondano, preservando uno straordinario patrimonio vitivinicolo.

Antonio Benanti e il suo Pietramarina 1995

La visita ai vigneti di Elio Ottin rappresenta un altro momento molto coinvolgente. La casa cantina si trova in una frazione di Aosta, Porossan Neyves, deliziosa con le sue case in legno dal tetto spiovente, dove l’agricoltura occupa ancora uno spazio importante nonostante la vicinanza alla città. Un luogo incantevole dove Elio produce, con grande modestia, ottimi vini ad una altitudine di 600 metri ed oltre.

Piacevolissimi e sorprendenti sia il bianco Petit Arvine 2012 che il rosso Pinot Noir 2011, decisi ed eleganti allo stesso tempo, sottili, di spinta freschezza, da porre in cantina con lungimiranza, dimenticando di scandire il ritmo del tempo.

Come non citare il Fiano di Avellino 2005 di Ciro Picariello, ormai una bottiglia cult che conservo gelosamente. Ciro non sbaglia un colpo ed il suo fiano ha espressioni riconoscibili che lo rendono prezioso ed indimenticabile – una etichetta con la quale si è sempre sicuri di non sbagliare.

Ciro Picariello con la moglie Rita

 

Fiano di Avellino 2005 di Ciro Picariello

Nello scorrere le immagini della vendemmia dell’asprinio di Aversa da alberata mi viene ancora la pelle d’oca. Una scena di infinita poesia scritta tra filari di antica memoria che meritano ben altro destino. Siamo a Santa Paténa, frazione di Giugliano, comune a nord di Napoli. Qui ci sono i vigneti di Carlo Numeroso, proprietario dell’azienda I Borboni ed a Lusciano, nella cantina profonda 12 metri, scavata nel tufo, fermentano ed affinano i suoi vini che sperano nel risveglio degli abitanti del luogo e nella loro presa di coscienza verso un tale patrimonio di bellezza … proprio come i bronzi di Riace in Calabria.

la salita sull’alberata aversana

Altro incontro indimenticabile è stato quello con Emidio Pepe e la sua splendida famiglia in occasione della degustazione verticale organizzata per celebrare i cinquant’anni di montepulciano d’Abruzzo.

La 1964 è la prima annata prodotta e la prima in degustazione. Non è proprio facile raccontarla perché del tutto inconsueta e perché cambiava di continuo nel bicchiere, con una certa vivacità ritrovata nel pieno piacere di riconquistare il contatto con l’ossigeno. E’ un rosso agile e raffinato, figlio dell’ostinazione e del grande rispetto per l’identità del territorio di appartenenza – un vero privilegio esserci.

I ricordi a questo punto si accavallano, scalpitano nella scelta di questo o quel vino. Me ne rimane uno solo, è arrivato a sorpresa, come tutte le cose più belle che mi sono capitate. E’ un grillo del territorio di Marsala che sa affascinare come pochi. E’ Grillo Parlante 2013 di Fondo Antico, pensato da una donna, la giovane enologa Lorenza Scianna che la sa lunga in fatto di grillo. In effetti ne ha pensati tre, tutti molto diversi e molto piacevoli, uno passito, uno da lunga macerazione e questo base, croccante, profumato, dinamico, quasi ruvido al palato per l’acidità esuberante. Mi ha compito il suo essere schiva e silenziosa, particolare in contrasto con l’espressività dei vini.

Lorenza Scianna

Lo scelgo anche per il fatto che vorrei tanto che le donne avessero più spazio in questo paese ed almeno nel settore del vino che amo profondamente. Sono stanca di vedere tavole rotonde tenute da voci maschili, di premi pensati per gli uomini, di vini ideati e raccontati da loro e per loro. Alla fine è anche noioso.