Identità Golose: cuochi trentenni, come lavorare felici al Sud


I protagonisti di una serata. Da sinistra: Luca Abruzzino, Riccardo Faggiano, Mirko Balzano, Cristian Torsiello, Arcangelo Gargano, Carmen Vecchione

Il sito di Identità Golose ha fatto un sondaggio assolutamente soddisfacente per i giovani cuochi campani. Praticamente hanno sbancato nelle preferenze di 44 tra giornalisti, critici, blogger e collaboratori che hanno risposto alla richiesta di nomination fatta da Paolo Marchi e Gabriele Zanatta. Un fenomeno che stiamo seguendo con attenzione, quasi un anno fa avevamo messo la lente di ingrandimento sulla nuova generazione proprio sul blog: un saranno famosi abbastanza profetico visto che ci ritrovate tutti quelli indicati su Identità Golose. Ovviamente non è questione di bravura, stando sul territorio è facile rendersi conto delle novità.
Colpito dal risultato, Paolo mi ha chiesto di scrivere un pezzo sugli chef trentenni.
Nel ringraziare Paolo e Gabriele per la cortesia, lo offriamo anche ai lettori di questo blog.


Una nuova ondata di giovani cuochi napoletani, anzi, meridionali, si affaccia alla ribalta: trentenni che possono vantare già molte stagioni vissute nelle migliori cucina italiane e internazionali, magari dopo aver studiato all’Alma. Ciò che prima era una eccezione individuale, ora è diventata una tendenza di gruppo presente in tutte e cinque le province campane a cui dobbiamo aggiungere la vicina Puglia e anche un pizzico di Calabria. Una tendenza tanto più bella da raccontare perché con il loro impegno dissolvono il pessimismo in cui sembra essere precipitato il nostro Paese.
Qual è il segreto di questa new wave meridionale? Non credo ce ne sia uno solo, più fattori concorrono a questo momento davvero felice da raccontare.

Krèsios. Giuseppe Iannotti ai fornelli: è il giovane dell'anno per la Guida Espresso

Provo ad elencarne cinque.
In primo luogo è una generazione già in possesso di grande tecnica, credo più delle precedenti alla stessa età. Una specializzazione professionale che ovviamente deve affinarsi con l’esperienza, ma già si vede nei loro piatti.
Il secondo aspetto da considerare è il giacimento gastronomico a cui attingono. Magari non hanno la memoria della cucina della mamma, ma delle nonne ancora sicuramente sì. Il patrimonio a cui attingere è enorme perchè quella partenopea è l’unica tradizione gastronomica urbana italiana, la seconda dopo Parigi in Europa, dove le contaminazioni di stili e ingredienti sono già state consumate nella prima metà dell’800, sino a diventare classicità di riferimento. Non cucina rurale evoluta, dunque, ma gastronomia di città che ha alle spalle la dispensa vesuviana e il mare del Golfo.
Terzo punto di forza: l’alleggerimento delle materie prime, il privilegiare mare e orto, le proteine vegetali rispetto a quelle animali, l’olio al posto del burro o dello strutto che riesce a trasformare deficit nutrizionali del passato in pregevole modernità visto lo stile di vita completamente cambiato negli ultimi trent’anni.
Quarto elemento di forza da considerare: pur essendo una generazione individualista, abituata a declinare solo il primo pronome personale, nel settore gastronomico questi ragazzi si scambiano esperienze, cucinano insieme, organizzano serate in prima battuta, girano e viaggiano molto.
Infine, sogni a portata limitata. I cuochi dai 50 in su hanno creato e lavorato nel ristorante di tipo classico, con hotellerie, sommelier di sala, cantina, servizio di lusso. I quarantenni purtroppo hanno visto questo traguardo ridimensionato dalla crisi economica. I trentenni invece aprono i loro locali a gestione familiare fuori dai grandi centri urbani, nei paesi o in periferia dove la pressione della rendita edilizia è più sopportabile. Sono aiutati dalla famiglia nella gestione e riescono a proporre esperienze buone e divertenti anche a 30, 35 euro.

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Mi ritengo molto fortunato a poter raccontare la loro avventura ed è difficile per me fare delle nomination anche perché credo che siano almeno una decina quelli che hanno grandi possibilità nei prossimi dieci anni. A patto però che continuino a girare nelle cucine europee per aggiornarsi e imparare. Ecco, più che di bravura, parlerei di carattere e spirito di sacrificio: coloro che non resteranno chiusi nel loro locale per affrontare nuove esperienze, soprattutto quelli che non penseranno di essere arrivati per una stella, un voto alto in guida o una recensione su un quotidiano mantenendo umiltà e curiosità. Ecco, quelli saranno i protagonisti della cucina italiana tra dieci anni.

*Il Mattino di Napoli, blog www.lucianopignataro.it