La viticoltura a Capri


di Angelo Di Costanzo

Torre Materita al faro di Anacapri, un tempo attorniata di vigneti di “Ciunchesa” (greco) oggi assorbiti dalla macchia mediterranea.

Storia e cultura del turismo italiano, stile ed eleganza inconfondibile, l’isola azzurra, paesaggi straordinari, questo ed altro ancora nell’isola di Tiberio che continua il suo viaggio nella storia del tempo in giro per il mondo. La terra come valore unico intorno al quale tutto si muove, un’agricoltura nel tempo modificata e spesso adattata all’esigenza di un turismo sì d’elite ma sempre più pressante e distante da un territorio spesso scippato delle sue radici e vocato a rubare spazi e persone alla sua origine, tradizione e futuro. E dove si sta scrivendo una nuova pagina grazie anche all’intuizione di Raffaele Pagano che sta lavorando su un progetto di rivitalizzazione della viticoltura isolana dopo gli ultimi colpi: nel 2009 è ripartita la vendemmia con prospettive commerciali. Bene ha fatto l’Ais Campania a organizzare qui il congresso su vino e salute.

Ma Capri è anche “uva rassa”, “ventrosa” e “ciunchesa” nomi locali di uve cloni per esempio di Biancolellla e Greco che allignano sull’isola sin dai tempi dei romani che amavano attorniarsi di vita e di vite per allietare il loro “buen retiro” sull’isola di Tiberio, oggi strenui ricordi assorbiti nel vortice di una ignoranza totale che vuole un “vino locale” prodotto ed imbottigliato nelle campagne beneventane.

Via Marucella, Torre Materita e via Migliara non avranno forse lo stesso appeal delle vetrine di via Camerelle o del fascino immortale dei Faraglioni ma rimangono lo stesso luoghi preziosi, scrigni di una cultura enoica da conservare e da consegnare al futuro, oggi nelle mani di anziani contadini legati alla terra come con le mani lo sono ai propri bastoni che l’accompagnano ogni mattina a camminare le vigne, domani chissà di chi.
Ecco, la mia esperienza caprese mi consegna anche questo, non solo le luci scintillanti di un mondo al di sopra delle righe, ma una campagna da vivere fino in fondo e da condividere.