L’Aglianico del Vulture conquista la docg, la Lucania raggiunge l’Irpinia



Il problema del lavoro artigianale e della remunerazione industriale

Da pochi minuti l’Aglianico del Vulture è docg: c’è il via libera ufficiale del ministero. Un risultato storico per la Basilicata e tutto il Sud perché finalmente uno dei rossi più importanti d’Italia entra nella fascia normativa più importante.

Si tratta dell’ennesimo miracolo meridionale: a supportare la richiesta soprattutto gli uffici specializzati dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura perché pur essendo l’unico vino al mondo con due consorzi sulla carta non si può dire che ci siano tracce palpabili di questo esistere oltre la sigla.

Ma in questo momento non è il caso di lasciare spazio a considerazioni grige, peraltro già esposte in precedenza: l’aspetto positivo prevale sopra oltre ogni cosa, compresa l’idea folle sul piano commerciale e della comunicazione di chiamare semplicemente Vulture la nuova docg.

Invece, come è normale che sia, lapalissiano, elementare Watson, il nuovo nome è AGLIANICO DEL VULTURE SUPERIORE DOCG con la possibilità di essere RISERVA  dopo il quinto anno dalla vendemmia.

La nostra struggente passione per questo vino e per queste terre segnate dai castelli federiciani e dal vulcano squassato da una eruzione senza precedenti è appagata.

L'area dell'Aglianico del Vulture

 Per la prima volta, dopo 17 anni, il Taurasi ha ora un temibile competitor da affrontare ad armi pari. E non tanto sul piano della qualità perché i rossi, soprattutto a partire dal 2004, sono davvero di valore assoluto e straordinari in entrambi i territori, peraltro molto simili dal punto di vista geologico e climatico, quanto per la capacità delle due filiere di fare sistema.

Noi ci auguriamo che questo risultato sia da stimolo, mentre l’Anteprima Taurasi nel frattempo è il protagonista dell’ultima puntata di Chi l’ha Visto? dove sono passati anche due edizioni di BianchIrpinia.

Questi due territori, Irpinia e Lucania, insieme non raggiungono un milione di abitanti su un’area estesa quanto la Lombardia. La vocazione principale potrebbe sembrare l’export perché è impossibile per il mercato locale assorbire i circa quattro milioni di bottiglie docg e doc dei due vini.

Questa è una strada, apparentemente maestra ma anche una scorciatoia. Anzitutto perchè ci sono i mercati di Napoli e Roma da tenere sempre presenti e dove è necessario essere forti per respingere l’assedio di altre tipologie.

In secondo luogo perchè ormai da otto anni i prezzi sono in continua contrazione mentre i costi di produzione salgono. Così come l’esigenza dei consumatori. L’aspetto più difficile della produzione agricola e vitivinicola italiana in questo momento è che gli appassionati chiedono alto artigianato, manifattura, mentre il mercato comprime i prezzi a livello competitivo con quello industriale.

Può mai una bottiglia di Aglianico del Vulture, o di Taurasi, fatta con professionalità, aspettare quattro anni e avere lo stesso prezzo di un Cabernet australiano?

Il problema allora è creare il fascino, raccontare la verità agricola irripetibile, far capire la storia e le radici di quel che si beve.

La docg è dunque una nuova possibilità, un’arma che però per funzionare ha bisogno dell’intelligenza. Per evitare un nuovo desencanto allora, meglio mettersi al lavorare sodo sulla verità commerciale, la ricchezza colturale e la strategia di filiera.
Chi vivrà, berrà.

10 Commenti

  1. codivido ogni passaggio espresso…… ora tocca lavorare ed essere affascinanti sul mercato, sapersi vendere ed essere ben capaci di emozionare ogni mercato… lasciando ogni formula di strategia… oggi è una giornata di festa !!!! W il Vulture . . . W il Sud !!!

    Fabio Mecca
    347 600 33 48

  2. davvero viva il Vulture! adesso è il momento di far sul serio è solo l inizio , forza amici lucani avanti tutta!!!!!

  3. Un grande vino, ma è difficile da trovare nei ristoranti. Sempre le stesse due o tre etichette premiate dai Tre Bicchieri. Eppure ce ne sono tanti, basta andare ad Aglianica per rendersene conto

  4. Congratulazioni alla neo-garantita! Con l’augurio che possa questo riconoscimento dare maggiore visibilità a un grande prodotto.
    Forse a Taurasi e dintorni dovranno davvero cominciare a darsi una mossa… ;-)

    1. Penso proprio che a Taurasi tutto continuerà come prima, caro Alessandro, lì c’è un microcosmo tutto blindato nella propria autoreferenzialità ed ermeticamente chiuso alle ventate di novità che arrivano da fuori. Naturalmente non bisogna generalizzare, ci sono delle energie sane che comunque si danno da fare per la promozione dei propri vini e dei propri territori,ma il problema è rappresentato da chi istituzionalmente regge il gioco, che ha come obiettivo altre visibilità, più personali che collettive!
      Auguri ai “cugini lucani” e che il nostro esempio negativo possa giovare loro per percorrere altre strade.

    2. Beh, almeno per il momento, credo che le problematiche (come i pregi) dei due terroir camminino a braccetto. Più che dalle “denominazioni” certe svolte vanno date dagli uomini!

      Rimane l’assunto che sono due grandi vini italiani, che nonostante le difficoltà di penetrazione sul mercato riescono a regalare emozioni vere.

  5. Pochi mesi fa, all’inizio dell’autunno, sono andato a farmi una due giorni proprio nel Vulture. E’ un territorio di aspra e selvaggia bellezza, segnato dalle lingue di lava solidificata e da secoli di storia. Pochi sanno che quelli son territori a forte immigrazione albanese, dove fino a pochi anni addietro se ne parlava diffusamente anche la lingua.
    Ho vagato per cantine, conoscendo Produttori sempre gentilissimi, disponibili ed ospitali. Desiderosi di raccontare i propri vini, il proprio territorio ma anche di ascoltare. Si, la disponibilità all’ascolto mi ha stupito. Mi immaginavo una zona chiusa, arroccata, diffidente. Invece son persone aperte e curiose. Chissà, forse son così perchè da quelle colline lo sguardo corre lontano, ad immaginar ampie pianure lontane ed il mare.
    Tornando ai vini posso dire di aver trovato stili molto diversi, quasi antitetici. Un’univoca via interpretativa non sembrano averla individuata. Una cosa li accomuna, il non voler snaturare la tipicità di questo bellissimo vitigno che a saperlo lavorare da prodotti di grande struttura, complicati, nervosi, mai scontati ed anche fini ed eleganti. Vini dove per fortuna si sentono ancora le differenze date dalle altitudini, dai versanti, dai produttori. Ed allora ecco i vini di Macarico, di Eleano, di Carbone, di Fucci, pronti ad ammaliarci con le loro tipiche differenze.
    Allora viva la neonata DOCG, che possa segnare l’inizio di un rinnovato e corale slancio qualitativo per tutto il territorio.
    .
    Ciao

  6. Finalmente un meritato riconoscimento a questo meritevole, umile ed ottimo vino che ha carattere e personalità da vendere.
    Certo non un vino per tutti, ma un vino di tutti quelli che sanno apprezzare un prodotto di qualità e con una grande personalità che non è seconda a nessuno.
    Che però non sia uno spunto per far crescere i prezzi in maniera ingiustificata solo perchè si ha una fascetta azzurra intorno al collo della bottiglia, ma che diventi di stimolo per il consumatore che voglia provare un vino diverso dai soliti, banali e sopravvalutati toscani e dagli oramai inflazionati siciliani, e che diventi da traino per il turismo di questa regione che ha nel Vulture la sua punta di diamante!

    CARPE DIEM

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