Marchesi Antinori nel Chianti, apre la nuova cantina a Bargino di San Casciano


Alessia, Alessandra e Albiera Antinori

Clap, clap clap, lungo applauso allo stile di comunicazione: i primi visitatori della nuova struttura sono stati i 400 chiantigiani di Bargino ai quali il progetto era stato presentato nella casa del Popolo e discusso. Così Antinori lascia la città e torna in campagna. Poi i giornalisti, senza costringerci a subire le solfe dei politici, una cosa che si farebbe bene ad imitare perché in questi casi l’inaugurazione diventa più esibizione di rapporti che momento pratico di ocmunicazione. Terzo, i dipendenti e infine il taglio del nastro ufficiale.

La nuova cantina che abbiamo visitato ieri è una cattedrale del vino posta nel ventre di una collina del Chianti a Bargino di San Casciano Val di Pesa. Così la famiglia Antinori, viticoltori da 26 generazioni, cambiano casa traslocando la sua produzione di Chianti Classico in una struttura avveniristica che sarà anche meta di visitatori.  

La cantina Antinori

La nuova cantina, presentata è stata costruita sbancando la collina e poi ricoprendo di terra l’edificio,  287.000 metri cubi ricavati su 12 ettari di campagna e ottenuti “gettando” 40.000 metri cubi di cemento e più 3,5 milioni di chili di armatura in ferro.

I tonneaux

La superficie utilizzabile è di 58.000 metri quadri.

la cantina Antinori, l'acciaio

Nel cuore della collina ora c’è un edificio con tre navate lunghe 75 metri dove a una temperatura naturale costante di 17 gradi riposano centinaia di barriques e (molte meno) botti per un potenziale di 2,5 milioni di bottiglie ‘lavoratè all’anno. Fuori, sul “tetto” non visibile della cantina, è piantato un vigneto che a scopo didattico riunisce tutte le varietà di vitigni del Chianti, anche quelli semi-dimenticati.

Pietro Antinori, Marco Casamonti e Renzo Cotarella

Insieme alla cantina, oltre a magazzini e zona di imbottigliamento, ci sono museo con documenti dall’età moderna ad oggi, sale degustazioni, orciaia, vinsanteria, ristorante, libreria, auditorium da 250 posti, un negozio, gli uffici del gruppo che per la prima volta dopo sette secoli – fatta salva la sede legale – da Firenze si spostano a Bargino.

la vinsanteria

 

L'anfiteatro di 250 posti

Il museo

Il pubblico dei visitatori e degli enoturisti potrà accedervi dal prossimo febbraio.  «È un progetto che ha un grande rispetto per l’ambiente e il paesaggio toscano, da cui abbiamo avuto molto, e che ci avvicina alle nostre radici (dal Chianti, nel Medioevo, partì la storia vinicola della famiglia) – ha commentato il marchese Piero Antinori insieme alle figlie Albiera, Alessandra e Allegra -. Abbiamo voluto contemperare l’esigenza della produzione con quello dell’ambiente. È una tappa importante, per me la conclusione di 50 anni di lavoro».

Piero Antinori

Albiera Antinori

L’architetto fiorentino Marco Casamonti ha spiegato che nella nuova cantina «si è cercato di integrare tre aspetti immancabili del mondo rurale toscano: lo spazio sacro, il borgo, l’opificio», mentre il direttore generale Renzo Cotarella ha evidenziato alcuni dati del gruppo, che nel 2012 si aspetta ricavi per 150 milioni di euro e 18 milioni di bottiglie vendute (65% per l’export).

Andrea Gabbrielli

 

Anna Scafuri e Alessia Antinori

 

Antonio Paolini e Carlo Ottaviano

 

Antonio Paolini e Mauro Remondino

 

Enzo Vizzari e Renzo Cotarella

 

Gigi Brozzoni, Alessandra Antinori e Daniel Thomases

 

Il terreno

 

La barricaia

 

La Cantina

 

La Cantina

 

Le anfore

 

Le nuove viti che ricoprono il terreno

 

L'interno

 

L'interno

 

Marco Casamonti e Fabrizio Carrera

8 Commenti

  1. Nell’ammirare questa nuova struttura industriale, non posso esimermi tuttavia, per una mia personale visione del mondo del vino e quindi solo mia, dal considerare che di artigianale tutto ciò non ha proprio nulla. E’ superfluo sottolineare che i vini Antinori sono di assoluta qualità, ma non rispondono alla mia visione di “artigianalita’” di questo prodotto. Sarà perché io sono un appassionato di vini biodinamici, dove magari scopri che di una certa qualità di vino la produzione annua e’ di 800 magari 1000 bottiglie, per cui “senti” nei numeri che il vignaiolo ha un rapporto simbiotico con la sua vigna, i suoi prodotti. Quando incontri queste persone, ti rendi conto che la loro maniacalita’ rasenta la follia, ti parlano della loro vita e della loro produzione come di un tutt’uno ed in verità sono fieri che i numeri sono così bassi, in quanto hanno la consapevolezza che in questo modo ti trasferiscono un sentimento di apprezzamento che inevitabilmente hai per il lavoro da loro svolto. Mi risulta difficile credere che lo stesso spirito, indipendentemente dai nomi per carità, possa muovere anche chi produce 18.0000.0000 (mamma mia !!!!!) di bottiglie all’anno. È’ sicuramente un grande industriale, ma non credo che per i numeri che ci sono in gioco possa identificarsi con una visone bucolica, artigianale ed oserei dire quasi artistica di chi produce piccole quantità, magari tra mille difficoltà, ma inseguendo un sogno, di riuscire con il proprio lavoro a migliorare solo la qualità e non la quantità. La mia considerazione non vuole in alcun modo rappresentare un elemento di giudizio per chi, come la famiglia Antinori, svolge il proprio lavoro in un certo modo, per altro di assoluta qualità, ma semplicemente la mia personale visione di un settore produttivo, che dovrebbe essere ispirato a principi diversi da quelli della mera industria di produzione. Ma questa e’ una mia idea e quindi come tale resta personale e senz’altro condivisibile o meno, ma comunque rispettosa del lavoro di tutti, piccoli e grandi.

    1. Il vino è bello perché vario e ciascuno di noi segue il suo percorso. A due condizioni: che sia coerente e che non abbia la pretesa di imporre il proprio punto di vista, la propria visione, su tutto il resto del comparto. Grandi e piccoli possono coesistere alla grande e gli uni non potrebbero esistere senza gli altri, posto che Antinori è sicuramente un gigante in Italia la quale, però, essendo paese lillipuziano, non ama la grandezza e soprattutto le comparazioni perché nel quadro globalizzato l’azienda del Marchese può essere definita media.
      C’è poi il problema industriale e artigianale. Io credo che con il primo si definisca un prodotto sempre uguale a se stesso, indipendentemente dal contesto. Possiamo dire questo dei vini di Antinori? Penso di no. Sicuramente il Tignanello, il Guado, Il Muffato, il Bocca di Lupo, il Solaia e gli altri sono più artigianali del più piccolo birraio artigianale.
      Infine a me piace che ci sia questa voglia di investire in agricoltura. Resta per me un valore assoluto positivo il gesto di chi invece di fare speculazioni finanziarie o edilizie impiega la sua fortuna sui campi.

      1. Luciano non me ne volere, ma a me guardando la foto della cantina sembra quasi l’ingresso di un aeroporto, poi come tu hai detto io non voglio convincere nessuno e non credo che alcuno possa o debba pensare di convincere me. Poi non capisco perché hai fatto la precisazione sul tignanello o sul guado al tasso circa l’artigianlita’ di questi vini, la cui qualità non è’ in discussione ( nella mia modesta cantina ho diverse bottiglie di Antinori), credo solo, e questo e’ oggettivo e te lo dice chi, anche se in un settero diverso, fa industria come i signori Antinori, che Loro non hanno più la possibilità di seguire direttamente e personalmente le evoluzioni della vigna, le avversità del tempo o i problemi di qualche parassita infestante, come farebbe e fa un piccolo vignaiolo come Stefano Bellotti o Ciro Picariello o ancora Emilio di Placido. La mia non è’ una critica! È’ solo l’affermazione che è’ un modo diverso di interpretare questo lavoro, che a mio parere deve risentire fortemente della spiritualità e del carattere del proprietario, e non essere delegato ad un management aziendale, che sicuramente interpreterà bene, anzi al meglio, il proprio mandato, ma la produzione ottenuta non interpreterà mai quella che era l’idea o il sogno del titolare. Comunque auguro a tutti ed in particolare ai signori Antinori, un prosperoso futuro, ancora più radioso di quello finora ottenuto. Ad majora.

  2. Fantasmagorica, lussureggiante, di grande respiro. Mi piacerebbe una descrizione del luogo, dei momenti, delle persone da parte del nuovo mito della scrittura psichedelica, A.P.

  3. Mi spiace, ma non giustifico lo sbancamento di colline con lo spostamento di milioni di metri cubi di terra e sasso e l’iniezione di tonnellate di cemento per la costruzione di queste cattedrali della comunicazione più che del vino in se stesso.
    Il vino è di una semplicità disarmante, interamente immerso nel mondo e nel contesto in cui nasce, cresce, si sviluppa: il vino è vigna, la cantina è solo una o più stanze lo contengono in cui la regola principale è non fare cavolate e lasciar fare all’uva sana che lo sa da sola i(nsieme a chi ne ha il polso quotidiano) come si diventa vino buono che, ripeto, è cosa di una semplicità disarmente dal punto di vista fabbricativo e conservativo, forse è il mondo ci ruota intorno ad averlo patinato.
    E non per fare polemica, perchè di storia si tratta, ma la famiglia Antinori è diventata chiantigiana dal 1932 in epoca di federali quando il territorio di produzione del vino Chianti Classico fu ampliato al territorio odierno abbracciando ampie zone esterne, il Chianti, quello storico e geografico, si limita a Radda, Gaiole e Castellina, interamente in provincia di Siena, ma territorio e lega militare a difesa e all’interno della Repubblica fiorentina in epoche molto remote.
    Dalle mie parti hanno provato a fare due cantine sbancando colline per costruire migliaia di metri quadri per pochissimi ettari di vigna in un caso, per terreno spoglio di coltivazioni in un altro.
    Sono felice non sia stato concesso loro il permesso di farlo all’interno di luoghi scolpiti secoli e secoli indietro e colmi di un bene di tutti: la bellezza del paesaggio.

    1. Analisi quanto mai puntuale e corretta! Complimenti e grazie per avere evidenziato questo aspetto che avevo rilevato anch’io, ma che non ho evidenzato nel giusto modo.

  4. Opera veramente grandiosa all’avanguardia nei tempi e meritevole di essere vista.
    Sono la responsabile di un gruppo anziani di Forlì (ex lavoratori Telecom) e sarei interessata a vedere, assieme al mio gruppo, la Vostra Opera colossale.
    Ho già scritto anche su FB ma non ho avuto risposta; so che da febbraio inizierete con le visite guidate ed io vorrei sapere come mettermi in contatto per programmarne una. Spero di avere risposta, ringrazio e con l’occasione porgo distinti saluti Gabriella Romanzi

  5. Proprio a capodanno viaggiando in direzione di Grosseto sono rimasta colpita da una stuttura quasi ingoiata dal terreno,per pura fatalita’ pochi giorni dopo lessi sulla rivista settegreen che proprio quello che avevo visto è la nuova cantina dei Marchesi Antinori.Ma ancor di piu’ colpita perche’ leggendo l’articolo oltre che parlare dell’ottimo vino,questa cantina e’pure teatro di eventi,spazi dove poter assaporare ottimi piatti,rilassarsi nella lettura di libri e esperimentare visioni di opere artistiche.Tutto questo ancora di piu’ ha spinto il mio interesse perche’ ultimamente sto creando degli oggetti ottenuti da barrique, contenitore non solo di nettare prezioso ma pure di idee d’arredamento.Vassoi,lampade che genarano atmosfere magiche,l’unione di tre elementi allo stesso tempo semplici ma che fanno evocare ricchezza d’animo,il cotto,legno e ferro sono la forza dei miei lavori. la barrique non é solo un contenitore ma pure uno strumento ,Io lo preso osservato,smontato e ricomposto e in ogni sua tasformazione si e’ adeguato e ripreso forma con estremo fascino.Vorrei che questi lavori siano ospitati all’interno di questo tempio perche’ il vino e’ pure arte.Se siete incuriositi contattatemi e vi mando dei file

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