
di Marco Galetti
La prima volta che sentii il suo nome rimasi senza parole, le sue furono: mi chiamo Anna Rossor, sono palindroma e disinibita.
Qualche anno fa, quando andavo nei posti per vedere chi c’era e per far vedere che c’ero, incontrai Anna per la prima volta, ero in un locale alla moda di Milano, in via Castelfidardo, quando la vidi.
Amo le sfide, lei era una sfida impossibile e la persi.
Fu sufficiente uno scambio di parole, carico di piacevole ma anche di preoccupante tensione, per capire che la distanza che ci separava sarebbe rimasta incolmabile.
Guardandomi fisso mi disse, mi piacciono i ragazzi giovani.
Peccato, le risposi, imbarazzato ma piacevolmente colpito dal suo approccio diretto, quando se ne andò, pensai che mi sarebbe piaciuto rivederla, nonostante, e per via, dei suoi tatuaggi, del suo piercing sulla lingua e del suo look al limite del mascolino in netto contrasto con la femminilità che, inconsapevolmente, distribuiva a sguardi, gesti e parole.
Qualche mese dopo, a cena in allargata compagnia, un amico mi disse, ti devo presentare una persona,, è appena tornata da una vacanza incredibile, si è fatta lasciare tre mesi su un’isola tropicale pressoché deserta.
Anna, ti presento… ciao Marco come stai… disse, stupendomi di nuovo.
Da sempre appassionato e al contempo spaventato da naufragi, isole deserte, sopravvivenza, terre estreme, mi nutriii delle sue parole, anche il suo seno parlava e lei lo lasciava fare, a fine serata, inaspettatamente, in modo diretto come il suo sguardo, mi disse: vieni a casa mia, ti faccio una spaghettata al pomodoro.
Nel grande monolocale sul naviglio con un piccolo soppalco per il letto, una finestrella sul tetto lasciava entrare il cielo milanese, seduto su un vecchio tappeto la osservavo mentre preparava la nostra spaghettata di mezzanotte che era passata già da qualche ora…
A tavola le dissi, non avevi detto che ti piacevano i ragazzi giovani…
Se avessi voluto te, ti avrei preso prima degli spaghetti, mi rispose…
Spaghetti al pomodoro, ecco perché si chiamano comfort food.
Diventammo amici.
Spaghetti al pomodoro in primo piano, strepitoso il piatto recentemente degustato alla Terrazza di Bettolino di Mediglia, il titolare inamovibile, Patrizio Daniele, “emigrato” dal Vomero regala sempre certezze appaganti, si tratti di pizze (una delle poche STG in Lombardia), pesce o dolci, ma l’evidente allegria contagiosa di questi spaghetti, davvero sopra media, mette in riga e a tacere gran parte dei piatti nei quali ci si imbatte navigando e che mettono tristezza e mal di mare…

7 commenti
Carlo Alberto
2 febbraio 2020 - 09:57Articolo di grande livello e eleganza!! Qui siamo sul livello”la grande abbuffata” “Tognazzi”!! Bravissimo Galetti leggendo il suo articolo mi ha fatto sognare!!!
marco contursi
2 febbraio 2020 - 15:01…..niente patata, ma un piatto di pasta….in fondo, sempre carboidrati sono.
p.s. sempre bello leggerti.
friariello
2 febbraio 2020 - 17:54Mi sono quasi…….saziato! Ottimo,grazie.
Marco Galetti
2 febbraio 2020 - 18:45@[email protected] : il bello della sintesi
Frank
3 febbraio 2020 - 12:12Con una prosa così a che serve la poesia?
Marco Galetti
3 febbraio 2020 - 12:29Per me che amo la poesia, immeritato e graditissimo complimento
Enrico Malgi
4 febbraio 2020 - 09:21Stupendo!
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