A Good Trip in South Africa. Diario di un viaggio enoico di Gerardo Vernazzaro


Il gruppo di enologi

 di Gerardo Vernazzaro*

Nonostante la sua imponente estensione il continente africano non è certo fra i principali produttori di vino al mondo,  solo pochi tra gli stati africani registrano una modesta produzione di vino, tuttavia uno di questi si impone fra i protagonisti non solo dell’ Africa, ma della scena vitivinicola mondiale posizionandosi come ottavo produttore al mondo per volume: il Sud Africa!

Venerdì 4  maggio-  La Partenza!

In 12 colleghi provenienti dalla Puglia e dalla Campania siamo partiti  con un volo Air Turkish in direzione Cape Town ( Roma-Istanbul-Cape Town), il viaggio è stato veramente lungo, siamo  approdati in Sud Africa il giorno dopo .

Sabato 5 maggio – Stellenbosch

Giunti in aeroporto siamo montati su un minibus preso a noleggio, dopo circa trenta  minuti di autostrada, attraversando anche una bidonville siamo arrivati finalmente a Stellenbosch, città universitaria molto carina , ordinata , pulita ,  con molti giovani e tanti accoglienti piccoli locali e wine bar.

Un po’ di riposo, una doccia rigenerante e pronti per una cena tipica al Moyo Restourant di proprietà della Spier Vinary ( non c’è voluto molto per constatare  che quasi tutte le aziende vitivinicole in Sud Africa possiedono un ristorante all’ interno o fuori dalle mura  aziendali).

Al Moyo abbiamo avuto il primo approccio con la cucina e con i vini sud africani,  personalmente ho apprezzato molto la carne di  impala e quella di antilope più delicata e dolce , i vini bevuti invece, Cabernet Sauvignon e Pinotage, non ci hanno fatto impazzire, entrambi di facile beva, molto fruttati con tannini quasi inesistenti e con un elevato residuo zuccherino, forse  in realtà la perfetta immagine di ciò che ci aspettavamo dai  vini del nuovo mondo.

 

Domenica 6 maggio – Solo turismo!

Siamo ritornati a Cape Town  in visita  al Table Mountain ( Monte Tavola), un parco naturale protetto  ricco di piccola fauna e con una vista mozzafiato sul golfo della città, suggestivo ma a mio avviso non quanto quello di Napoli visto da Posillipo.

Pranzo al Water Front di Cape Town dove un mendicante di sicure  ed evidenti origini africane ci ha allietato con una  bellissima interpretazione di  “ O’ sole mio “, che dire pura casualità!? ……. provate ad immaginare la mia soddisfazione .

Dopo un fuori programma, con due ore di coast-to coast siamo arrivati al Capo di Buona Speranza, il punto più estremo del continente africano dove i due oceani, Atlantico ed Indiano si incontrano dando origine ad un posto commovente e di gran fascino.

Lunedi’ 7 Maggio – Università di Stellembosch, Dipartimento di Viticoltura ed Enologia.

Iniziamo la giornata con la visita all’ Università di Agraria di Stellembosch, più specificamente al dipartimento di viticoltura ed enologia.

Accolti da uno dei ricercatori ci sono state mostrate ed illustrate le strutture, i laboratori, la sala panel e la cantina di micro vinificazioni,  nonché elargite  informazioni generali sulla viti-enologia in Sud Africa.

Il Sud Africa è l’ottavo produttore al mondo per volume con una quota del 3,7%  ( Italia circa 18%) , la base varietale è  ripartita tra il 56 % di varietà a bacca bianca e il 44% a bacca rossa.

Le uve coltivate sono tutte o quasi di origine francese anche se recentemente c’è un interesse per alcuni vitigni italiani  del centro nord .

I bianchi più coltivati sono: Chenin, Colombard, Sauvignon , Chardonnay, Muscat D’alessandrie, mentre per i rossi: Cabernet, Shirah, Merlot e Pinotage, quest’ ultimo che è un incrocio tra il Pinot Nero e il Cinsaut (hermitage) possiamo in un certo qual modo definirlo autoctono visto che è stato moltiplicato per la prima volta proprio all’ università di Stellembosh.

La popolarità di quest’ uva è un segno di distinzione del Sud Africa , ma purtroppo durante una settimana intera di visite aziendali (e più di 20 sono state le cantine visitate),  ed oltre 300 vini degustati (includendo anche i campioni da vasca 2012 da poco finiti di fermentare e  le bottiglie stappate a cena) di Pinotage buoni ne abbiamo trovati veramente pochi! Tale fattore è forse da collegare anche  alla percezione che gli stessi produttori hanno di questo vitigno, non di rado storcevano il naso quando lo nominavamo, ci è stato dagli stessi descritto  come una brutta bestia, un vitigno da cui è difficile fare dei grandi vini (questa cosa mi ha fatto tanto pensare al nostro Piedirosso, in tanti lo odiano, ma fortunatamente c’è anche chi in esso ancora ci crede e lo difende).

Il ricercatore ci  ha spiegato,  e successivamente ciò è stato anche confermato dai produttori e dagli enologi che abbiamo incontrato durante il viaggio, che il Pinotage oltre ad avere problemi di carattere viticolo presenta problematiche per quanto riguarda la gestione della fermentazione alcolica, in quanto se la temperatura è alta, cioè  superiore ai 27-28 °C tende, a prescindere dal lievito utilizzato, a chiudere la fermentazione in 2 giorni con problemi di serratura e riduzione, viceversa a temperature basse, sotto  i 15° C tende a cedere note di acetato, in particolare di isoamile (banana) che se su un bianco oggi sono stancanti figurarsi su un rosso…

Continuando con le informazioni  generali sulla viti-enologia in Sud Africa….

circa 573 sono le cantine, 100000 ha di vigneto, quasi 10 milioni di ettolitri  prodotti , di cui circa il 30% per il mercato interno, circa il 40% per l’ export ed il restante 30 % in stoccaggi. I principali mercati sono Germania, Regno Unito, Olanda, Svezia e Danimarca,  molto meno il resto del mondo. Attualmente le due grosse problematiche che il mercato viticolo enologico Sud Africano si trova ad affrontare sono i costi di trasporto e la percezione che si ha nel resto del mondo del vino sud africano quale chip wine, vino economico. Pertanto, appena le cantine provano ad alzare i prezzi e quindi a rendere meno vantaggioso il rapporto q/p qualità prezzo, non riescono più a vendere, in quanto gli acquirenti preferiscono i vini europei a quelli sud africani.

Nonostante ciò comunque in 10 anni, dal 2000 al 2010, la quota export è stata raddoppiata, passando da 1,5 milioni di hl a 3,7 milioni di ettolitri.

Il consumo procapite è di 7 litri, la moneta è il rand che ha un rapporto 1:10 con l’ euro, un operaio di colore percepisce tra i 1000 sino ad un massimo di 3000 rand, in pratica da i 100 ai 300 euro.

Un aspetto che ci è piaciuto molto, ma che  inevitabilmente ci portava al triste paragone con casa nostra e non intendo solo la Campania o la Puglia, ma Italia tutta, è stato quello della cantina sperimentale.

Questa cantina ha una capacità di 3000 hl,  pertanto non è da intendersi di micro vinificazione, ma come una cantina a tutti gli effetti che crea posti di lavoro ed utili che vengono continuamente reinvestiti in ricerca  viticola –enologica. Praticamente gli stessi produttori si autotassano per conferire fondi per la ricerca e il marketing a favore del loro settore.

La cantina è gestita da un enologo  laureato ovviamente a Stellembosh,  coadiuvato da un team di tirocinanti (i quali hanno la possibilità di produrre  vino sin da subito durante il loro percorso formativo) e da operai esterni. Essa effettua vinificazioni,  affinamenti in botti e imbottigliamento per conto terzi soprattutto per aziende che hanno solo vigne.  Per  ogni lavorazione vi’è un prezzo.  La cantina sperimentale ha inoltre una  propria etichetta con una gamma di vini discretamente buoni che commercializza autonomamente.

Purtroppo da noi non funziona proprio così, e tanti professori e ricercatori capaci che amano il proprio lavoro  spesso devono fare i salti mortali solo per avere dei bicchieri decenti per fare una semplice degustazione.

Delle numerose aziende visitate, quelle che per diversi motivi mi hanno maggiormente soddisfatto sono state: la Rust en verde, Gabrielskloff, Paul Cluver  e Dewetshof Estate.

La Rust en verde si trova in Stellembosh ed è attiva  dal 1978, siamo stati qui accolti con gran professionalità da Coenie Snyman miglior enologo in Sud Africa nel 2009.

Azienda di 68 ha di cui 35 a vigneto, specializzata solo in rossi quali Shirah, Cabernet Sauvignon  e Franc, Merlot, con 6 etichette, 3 dai rispettivi monovitigni, un taglio bordolese ( merlot e cabernet),  una riserva di Syrah da viti vecchie e una riserva  con tutte e tre le varietà.

L’ enologo ci ha portato in vigna e ci ha spiegato un po’ le caratteristiche dei suoli, le composizioni e le origini, l’influenza oceanica, le escursioni termiche e la piovosità che è soddisfacente. Ci ha inoltre illustrato uno dei problemi principali per la zona e sopratutto per chi produce rossi: il contenimento della vigoria. Infatti a circa un mese dalla raccolta le pareti fogliari erano verdeggianti e rigogliose e quasi tutte le vigne erano inerbite .

Rust en Vrede è una piccola realtà confrontata alla media delle aziende sud africane (ne abbiamo visitate  alcune dai 1000 sino ai 4000 ettari, paesi praticamente …ovvio non tutto vitato, i primi coloni definivano i confini con il metro  della perdita d’ occhio).

La degustazione dei vini effettuata in questa cantina mi ha fatto scrollare di dosso la convinzione che in Sud Africa si potessero produrre solo vini in stile nuovo mondo, cioè easy To drink, ho ritrovato invece qui nel bicchiere lo stile europeo,  soprattutto francese, un equilibrio tra frutto e legno, tannini importanti, ma ben evoluti, avvolgenti ma persistenti .

Forse il rapporto q/p non proprio centrato, ma la qualità assoluta elevata considerando che pur non essendo un “ fanatico bordolesista”  i prezzi in cantina oscillano dai  15 ai 120 euro per la riserva 1694 prodotta in meno di 3000 bottiglie, quindi altro che chip.

Tra i vini assaggiati  mi è piaciuto in particolar modo estate 2009  merlot e cabernet, bottiglia portata a casa a 35 euro. Ritengo che questo vino possa essere bevuto tranquillamente tra 15-20 anni, ma comunque non credo resista tanto tempo  nella mia cantina.

A circa 150 km da Stellembosh verso la Bot River Valley visitiamo la giovane Gabrielskloff,
quest’azienda
con circa 150 ha a vigneto vinifica solo  dal 2006, si trova in una zona sicuramente più calda e secca di Stellembosh, tutte le sue vigne sono irrigate, fortunatamente  ci sono delle buone  escursioni termiche e un’influenza oceanica della Walker Bay, i terreni sono fondamentalmente di due tipologie: argilloso vicino alla cantina, limoso verso la montagna.  Mi è piaciuto molto il Sauvignon Blanc 2012 da serbatoio da suolo limoso, ovviamente in pieno stile New World , al livello dei  New Zeland.

Qui sono rimasto affascinato per l’ impostazione della cantina che si sviluppa su tre livelli lavorando solo esclusivamente per gravità ed in assenza di pompe. Ho poi dopo potuto riscontrare che molte cantine sono impostate con lo sfruttamento della gravità ( i nostri avi lo facevano più di 2000 anni fa )

L’ azienda produce anche olio di oliva con varietà italiane , ma per fortuna per l’ olio la strada è ancora lunga.

Finalmente Elgin Valley la zona più fredda di tutto il Sud Africa ,finalmente Paul Cluver, finalmente Pinot Nero!

I primi impianti risalgono al 1985, cantina relativamente piccola a carattere familiare. Due assaggi  fatti: il Sauvignon Blanc 2010  molto vicino agli europei che al nuovo mondo, meno aromatico, ma grande pienezza di gusto, ciò dovuto soprattutto alle lunghe soste sul lievito, e il Pinot Nero  2009, una via mediana tra un trentino e un borgogna, setoso , complesso e persistente , elegante, buono, vera espressione della freschezza del territorio.

Anche il pranzo in azienda è stato delizioso, un cosciotto di agnello stracotto per oltre sei ore e  involtini di fichi neri  con  prosciutto crudo  e gorgonzola (la signora ama l’Italia e quindi utilizza molti ingredienti nostrani, inoltre ha un orto aziendale molto ben curato).

Spostandoci invece verso la zona più calda ed arida del Sud Africa Robertson dove si raggiungono malapena i 200 mm di pioggia annui, praticamente una condizione semidesertica  dove per coltivare la vite è fondamentale l’ irrigazione, ma stranamente  è tutto verde grazie al grande fiume che da vita a tutto il resto, troviamo  Dewetshof Estate  di Danie De Vet di origini tedesche. In cantina ci accoglie il figlio enologo laureato da pochi anni all’Università di Geisenheim  in Germania, molto preparato al punto da riuscire a tener testa egregiamente alle numerose domande di tutto il gruppo. La cantina è splendente, pulitissima,  buone le tecniche di vinificazione e affinamento utilizzate.

L’azienda è stata riconosciuta come top chardonnay in numerosi concorsi mondiali.

Dopo la visita siamo stati ospiti per una degustazione guidata insieme al papà,  il Signor De Wet, anche lui laureato in viticoltura ed enologia a Geisenheim  negli anni 60, un professionista con una preparazione da invidia.

Il Signor De Wet ci ha spiegato le caratteristiche del territorio, ci ha detto che nonostante sia il più caldo è anche quello con maggiori escursioni termiche notte-giorno, poiché ubicato tra le montagne e abbastanza lontano dall’effetto mitigante del mare.

Inoltre, esperto di stress idrico (conoscenze approfondite  durante anni di  osservazione e ricerca) per ogni varietà conosce quanta acqua fornire e quando, cioè in quale fase fenologica. La sua preparazione mi ha incantato , i suoi vini ancor di più, sopratutto  il Sauvignon Blanc  2011 e il Pinot Nero “ Nature in Concert”,  eleganza e finezza le parole chiavi altro che clima caldo !!!!! Per assurdo sembrava di essere nella zona più fredda, la  Elgin Valley .

Grande conoscenza del territorio, delle singole varietà, del rapporto clima-suolo, gestione razionalizzata dello stress idrico  per dei vini eccellenti.

Forse l’ azienda e lo stile che più mi ha entusiasmato.

Bel viaggio, belle persone, gruppo collaudato sin dalle prime ore di viaggio  approfondimento tecnico e tante grasse risate con il grande Sergio Leonardo il leader del gruppo campano-pugliese.

Alla prossima avventura enoica

Viva il vino quando unisce !!!!!!!

Ad Majora

 

Si ringrazia l’enologo Giovanni Papagni per averci dato l’opportunità di vivere questa magnifica esperienza

*Enologo Cantina Astroni e Monte di Grazia

7 Commenti

  1. Condivisione della bella esperienza sud- africana dall’intero gruppo Campano-Pugliese.
    vorrei sottolineare due cose già accennate da Gerardo :
    1)la collaborazione, la cooperazione tra le aziende ……la promozione e l’accoglienza
    2)il punto centrale della ricerca fulcro delle aziende e del territorio ………non senza portafoglio ma bensi con la possibilità di sperimentare e comunicare i propi lavori con :
    finanziamento dalle aziende
    realizzare produzioni su media scala ed eventuale commercializzazione di tale prodotto .
    vi pongo una domanda perchè non siamo in grado di realizzare cio considerando che gli istituti agrari in passato lo facevano..?????????
    http://www.facebook.com/photo.php?fbid=3210771393232&set=a.3136475735887.2122513.1384675327&type=1&ref=nf
    http://www.facebook.com/photo.php?fbid=3210876155851&set=a.3136475735887.2122513.1384675327&type=1&ref=nf

    1. Domanda retorica, caro Michele…siamo in un paese in cui il presidente del consiglio, non qualsiasi oppositore di turno, dice che forse sarebbe il caso di fermare il calcio per due o tre anni, facendo così di tutta l’erba un solo fascio; ma dimenticando di proporre anche di fermare tutto il resto, politica in testa, visti gli squallori degli ultimi trent’anni…

  2. grazie cari maurizio e mimmo , ma esagerate sempre !!! e’ solo un’ esperienza che ho voluto condividere con i lettori del blog ( tra cui tanti amic) ,
    michele condivido tutto ,lello siamo giovani e nonostante tutto e tutti una cosa non ce la possono togliere ” la speranza” verso il cambiamento e soprattutto verso il miglioramento non solo del comparto vitivinicolo ,ma di tutta la nostra societa’ .
    come potrete vedere dai link suggeriti dal caro miky ci sono due foto quella del gruppo intero ed una del guppetto campano MASSIMO DI RENZO,MICHELE D’ ARGENIO, PIPPO COLANDREA, ED io .
    oggi ad Astroni degustazione ed approfondimento con 14 vini sud africani delle migliori aziende visitate ….continuano finalmente ” le bevute didattiche”
    gv

  3. Colgo l’assist di Michele e mi permetto di dire la mia, nonostante il pizzico di invidia e la ‘uerra che mi aspetta llà fuori:

    Sui primi due passaggi il tempo è un gran dottore, molte aziende hanno vissuto lungamente lo slancio più che altro passionale (anche se la crisi ha fatto letteralmente “cagare addosso” in molti), nate sull’idea di svincolarsi dalle leggi dei prezzi delle uve in continuo ribasso e soprattutto – quasi mai nessuno lo dice – dalla pioggia di finanziamenti e sovvenzionamenti caduti a pioggia in Campania negli ultimi 10/15 anni. E spesso la ciccia era tutta lì, di competenze (nonostante tutti si siano arrogati il diritto di essere vignaioli, winemakers da genereazioni e generazioni) specifiche poco o nulla, figuriamo di capacità interrelazionali.

    Sulla promozione e l’accoglienza in molti si danno da fare, i risultati ci sono pure, ne conosco e visitati tanti che è un piacere assoluto dal saluto dell’accoglienza al momento dell’addio, ma, ahimé, altrettanti sono capaci di trattare il turista del vino (o l’appassionato) come tratterebbero una pratica assicurativa… :-(

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