Ampelio Bucci ricordato da Licia Granello


Ampelio Bucci

Licia Granello mi perdonerà se le rubo quanto ha scritto su Facebook. La conosco da 25 anni esatti ed è una che ha raccontato per almeno due decenni su Repubblica la grande cavalcata del vino italiano da grande cronista qual è.
Sono le migliori parole che inquadrano questo personaggio del vino che ci ha regalato uno dei bianchi più buoni del mondo in un paese che non aveva cognizione delle potenzialità delle uve a bacca bianca.
Le sue parole lo inquadrano a futura memoria. Sono troppo boomer per lasciarle su un social dove, per usare una metafora, quale il titolo della canzone “Ho scritto t’amo sulla sabbia”

di Licia Granello

Ampelio Bucci era un uomo speciale e non perché da morti lo diventiamo in qualche modo tutti. Un mascalzone resta un mascalzone. Ampelio era speciale a partire dal nome e per tutto il resto: l’intelligenza fine, l’ironia puntuta e mai malevola, la generosità consapevole, la visione creativa eppure razionale che lo aveva condotto nel Gotha dei campioni del marketing e tra le anime fondanti dello IULM.
Eppure, malgrado lo status privilegiato nella Milano da bere, si era lanciato con l’esntusiasmo di un ragazzino nell’avventura costruita a partire da un’anonima vigna di famiglia nelle Marche. Unico obbiettivo, lavorarci sopra con serietà. Si era messo a studiare i sacri testi dell’agricoltura biodinamica, aveva chiesto lumi ai vignaioli francesi. Risultato, il miglior Verdicchio del pianeta: Villa Bucci.
Un successo strepitoso, che non aveva scalzato di una virgola i suoi principi di rigore e modestia. Parlare con lui – di cibo&vino, ma anche di politica, di sentimenti, della vita, di cani (appassionato di bassotti!) – era un piacere e un arricchimento. Ha mancato per problemi di salute l’ultimo Vinitaly, quello dell’annuncio della vendita dell’azienda – i figli non erano interessati a proseguire il cammino paterno – a Sandro Veronesi, il patron di Calzedonia e Signor Vino (che a lui era piaciuto assai, altrimenti non gli avrebbe mai venduto il suo gioiello). Ha chiuso il suo tempo a bassa voce, stando un passo indietro, come d’abitudine. Merita un super brindisi con un vino all’altezza dei suoi.
Cin cin, grande Ampelio.

Un commento

  1. Un grande vitigno(mi ripeto:attenzione cari amici irpini questo è un osso duro come concorrente vuoi per semplicemente per longevità)da lui reso grandissimo.Ad Maiora e che il buon Dio lo abbia in gloria.PS L’ultima volta che l’ho visto è stato un paio di anni fa all’Hilton di Roma presso la fondazione sommelier per la disfida dei grandi bianchi con concorrenti come Di Meo per l’Irpinia e Terlano per l’Alto Adige. FRANCESCO

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