Basilicata, audizione per la docg all’Aglianico del Vulture


Venosa, un momento dell'audizione

di Iranna Di Meo

Docg sempre più vicina per l’Aglianico del Vulture. Il sogno lontano potrebbe essere tra poco realtà. Era il 1971 quando l’Aglianico ottenne il riconoscimento di qualità e iniziò un lungo percorso di promozione e comunicazione legato al nome e al territorio. Dopo 39 anni, il prodotto principe dell’enologia lucana, potrebbe entrare nel rango delle 46 docg (denominazioni origine controllata e garantita). Un traguardo storico per il panorama enologico, non solo lucano. Ieri mattina, si sono svolte presso la sala del Trono del castello Pirro del Balzo, due pubbliche audizione: una per cambiare il disciplinare di produzione della doc e l’altra per approvare il disciplinare di produzione della docg Aglianico del Vulture “Superiore e Riserva“.

All’assemblea  erano presenti operatori del settore, produttori, amministratori dei comuni e rappresentanti di enti pubblici (Alsia, Regione Basilicata, Camera di commercio e organizzazioni di categoria). A presiedere il tavolo, Secondo Rabbione del Comitato nazionale per la tutela dei vini doc e igt che ha definito l’audizione <<uno strumento di democrazia per dare voce ai veri protagonisti: i territori e i produttori>>. Nella sua premessa Rabbione ha espresso apprezzamenti per la qualità del prodotto che ha ottenuto come punteggio il voto di 86,079 (il minimo è 80). <<Mediamente – ha aggiunto – il punteggio delle altre docg è di 82 o 83. L’Aglianico ha avuto un’un omogeneità di giudizi, oltre ad essere apprezzato per la qualità>>.

Mercoledì si è svolta la seduta di degustazione  a Rionero a cura di una commissione di 10 esperti nazionali durante la quale sono stati assaggiati 19 campioni. Ieri durante i lavori, dopo la lettura degli articoli, sono stati commentati e apportate modifiche che saranno prese in esame dalla commissione tecnica del Ministero che nella seduta del prossimo 17 e 18 febbraio  esprimerà il proprio parere in merito. <<Si tratta di un progetto partito sei anni fa – ha detto  Teodoro Palermo, presidente del Consorzio di tutela. E’ un riconoscimento prestigioso che garantisce maggiormente i consumatori. Abbiamo coinvolto l’80% dei produttori e  15 comuni. Si tratta di una sfida che cade in un momento particolare per l’enologia come fu negli anni ‘70 quando ottenemmo la doc. Scommettemmo molto e dopo qualche anno arrivarono le prime soddisfazioni e ci affermammo sul mercato. È un prodotto ambasciatore del territorio e l’Aglianico docg  sarà un vino da meditazione che trasmetterà emozioni. Sono soddisfatto per i produttori perché è stata una battaglia importante, anche con momenti di sconforto>>.

L’assessore regionale all’Agricoltura, Vincenzo Viti l’ha definita <<una vittoria sociale e civile di un territorio e di una Regione. L’Aglianico entra nei piani alti dei vini internazionali. La capacità è di guardare lontano, pensando alla commercializzazione e puntando sui grandi eventi internazionali, come Shangai e il Vinitaly>>. La seconda fase dei lavori ha riguardato la proposta di disciplinare della  docg “Superiore e Riserva”.

Sul nome i produttori, dopo qualche parere divergente, hanno concordato di abbinare il vitigno al territorio di origine. Il direttore della Coldiretti Basilicata, Giuseppe Brillante, nel suo intervento ha ricordato il percorso di 30 anni fatto dai produttori per farsi conoscere sui mercati come Aglianico del Vulture. Il commissario dell’Alsia, Paolo Galante nel suo intervento ha sottolineato l‘evoluzione del vino, merito degli  imprenditori che hanno investito in risorse, qualità e innovazione. <<Nel 2003 – ha ricordato – operavano 39 aziende, nel 2007 passarono a 79, oggi  87 con 372 etichette. Un dato che ci dice che anche in un momento congiunturale difficile c’è stata un’evoluzione>>.

Ultimo passo tra 7 giorni quando il Comitato esprimerà il proprio parere. Se favorevole, verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e decorreranno i 30 giorni per eventuali controdeduzioni, dopo di che diventerà Agalinico docg. Filippo Corbo, responsabile del settore vitivinicolo del dipartimento Agricoltura, ha rimarcato le sfide che la docg comporta. La docg dovrà avere un grado alcolico più elevato di 13 °, un invecchiamento di tre anni per la denominazione “Superiore“ e di 5 per la “Riserva“. Per la doc, invece, è stata introdotta l’irrigazione di soccorso che, potrà essere applicata in casi di siccità, Inoltre, è stato modificato il nome del vitigno: da Aglianico a Aglianico del Vulture.  Fra 4 anni, incrociando le dita, si potrà stappare la prima bottiglia con la fascetta.

BOX

<<Docg come apripista e ariete di sfondamento per i mercati internazionali>>. E’ questo il commento del presidente del Consorzio tutela doc “Terre Alta Val d’Agri“, Francesco Pisani che l’ha definita una certificazione di qualità meritata. <<Questa nuova denominazione darà maggiori garanzie sui mercati aprendo scenari interessanti. A questo, deve corrispondere una capacità dei prodotti di commercializzare il prodotto>>. <<E’ miope pensare alla docg come fine a se stessa – ha detto Vito D’Angelo – presidente dell’associazione italiana sommelier della Basilicata  – perché attiva una filiera e una dinamica virtuosa che è quella del territorio nella sua estensione ambientale, culturale, storica e archeologica. La formula vincente è nel binomio territorio- prodotto>>. Da enologo e non da presidente della commissione, Secondo Rabbione, ha definito l’Aglianico <<un vino di altissima qualità che potrà dare grandi soddisfazioni e merita molto più di quello che ha avuto finora. Ha ottenuto un altissimo punteggio superando altre blasonatissime docg. Ora si ha la possibilità di saltare su questo treno perchè in futuro sarà più difficile perchè  non ci sarà una proliferazione di marchi. Dunque, bisogna metterla in una cassaforte perché è una dote mediatica per affrontare il mercato che serve come visibilità di un territorio. Trasmette l’emozione che solo i grandi vini possono lasciare. Quando ti avvicini a un Barolo o a un Amarone Valpolicella, assapori la sensazione di avere non solo un vino, ma una cultura. E’ questo da far comprendere ai produttori. Quando degusti un bordeaux i ragazzini ti chiedono di che annata è. È questa la cultura da far comprendere ai produttori. L’annata è importante perché si evoca qualcosa. È una sfida culturale. Sono i produttori i protagonisti della denominazione>>. <<Per la prima volta – ha detto Gerardo Giuratrabocchetti presidente del Consorzio “Qui Vultur“ – il mondo agricolo si è trovato unito sua una battaglia importante. Noi dimentichiamo che le nostre vigne sono giardini che ci invidiano e abbiamo una grande tradizione viticola. Questo marchio deve essere uno strumento di aggregazione, che ci deve insegnare come fare comunicazione>>.