Borsa Verde 3.0 a Ischia, torna il baratto di semi e prodotti fra i proprietari degli orti biologici


Luciana Morgera

Luciana Morgera

di Annamaria Punzo

Incontrarsi in un giardino e raccogliere limoni in eccesso; scambiarsi idee a distanza, in piena pandemia, su come produrre il pane in casa con lievito madre. Aver bisogno di un amico e trovarlo tra i contatti della Borsa Verde 3.0, una comunità virtuale nata a Ischia su iniziativa di Luciana Morgera, che da anni organizza baratti a chilometro zero, sull’isola verde.
Sembra l’incipit di una versione immaginaria del web che vorremmo, quello solidale, Green e sostenibile. E invece è proprio una realtà ormai ampiamente radicata a Ischia. Ci si scambia di tutto, tranne che prodotti chimici. I soldi non esistono, nella comunità della Borsa Verde vige lo scambio: e quando non hai di che barattare, puoi insegnare qualcosa. A fare la ricotta, ad esempio. O ancora a suonare uno strumento, raccontare una storia, scambiandosi meraviglie.
Luciana Morgera come è nata la Borsa Verde e cosa ti ha portata a crearla ?
«Ho sempre desiderato mangiare prodotti dell’orto e in generale privi di pesticidi. Nel 2014 questa mia passione per il naturale si è trasformata in una sfrenata curiosità. Il mio amico Luca, dell’associazione Nemo, pubblicò su Facebook la foto di un uovo di papera e pur di assaggiarla ideammo un baratto. Era di maggio, di rientro a casa quel pomeriggio, inventai il nome della Borsa Verde creando anche il gruppo sui social. E oggi siamo qui…»

Recentemente avete anche ottenuto un posto fisico dove “barattare”, cosa pensi che sarà possibile fare in pineta Nenzi Bozzi al vostro tavolo?
«Il tavolo ci è stato offerto dal comitato Needle, un collettivo di giovani composti da architetti e fotografi, esperti di agraria, che con il patrocinio del comune di Ischia dopo un primo incontro avvenuto a luglio, ha pensato di creare dei piccoli interventi urbani di riqualificazione e aggregazione. Così adesso avremmo il nostro tavolo dove sederci e confrontarci, barattando, e ancora un punto di scambio libri».


La Borsa Verde è uno stile di vita, ci si potrebbe approcciare a uno stile di vita tanto sostenibile anche in città? Cosa ne pensi?
«Il modello della Borsa Verde è assolutamente esportabile. In realtà urbane c’è molta più richiesta e ricerca di un modello di vita alternativo. Così è più semplice intercettare un pubblico sensibile ai cambiamenti climatici, ma anche alla qualità dei prodotti presenti sulle proprie tavole. Che il futuro sia nelle mani di chi la terra la lavora e di chi la propone poi in tavola, è cosa ormai ben nota. Ma che sia anche nella mani e nella mente di chi sa comunicarne l’importanza, è forse un passo fondamentale verso nuove consapevolezze, di grandi e piccoli consumatori di domani».

L’iniziativa ha anche avuto un bel risalto mediatico.
«Anni fa con Ischia Review abbiamo avviato un progetto dedicato ai turisti stranieri in visita sull’isola. Abbiamo proposto a chi arrivava di portare con se qualcosa da scambiare prima della loro partenza, mettendo in valigia prodotti che anticipano il viaggio e che permettono a culture diverse di incontrarsi in baratti narrativi e esplorativi. La Borsa Verde è su Facebook e Instagram. Ma anche con Pasta Grannies poi è nata una sinergia speciale, raccontando la storia della pasta fatta in casa dalle nonnine della Borsa Verde, un’esperienza che ripeteremo a ottobre, questa volta per il libro dedicato al tema della pasta in Italia».

La Borsa Verde 3.0 ha anticipato il consumo di prodotti naturali e bio con una certa determinazione. Qual è il prossimo passo?
«Riguardo il consumo di prodotti naturali che adesso è più consolidato, auspichiamo una maggiore consapevolezza del locale, ma anche uno sguardo più illuminato verso la conservazione e la catalogazione dei semi antichi. Fin quando ci impegneremo infatti a consumare biologico, saremmo consumatori come tutti gli altri. Il cambio di rotta sta nell’apprendere con consapevolezza l’esigenza di preservare un patrimonio di biodiversità che oggi sta scomparendo. La Borsa Verde sta andando in questa direzione, grazie al sostegno di produttori locali come l’azienda di Filippo Florio, o ancora la Tenuta del Cannavale. Con queste realtà agricole e vinicole ci confrontiamo, apprendiamo sempre più un nuovo approccio alla terra e alla tavola e noi stessi ci mettiamo in discussione. Piantando alberi da frutto da qualità antiche o ancora scoprendo come prenderci cura in maniera naturale dei nostri terreni…e quindi del nostro futuro».