Caffè Pedrocchi a Padova, due secoli di storia italiana
Caffé Pedrocchi
Via VIII Febbraio, 15
Tel. 049 878 1231
di Renato Malaman
Aperto giorno e notte. Ininterrottamente, per 85 anni. Sembra una fiaba. E dire che il Caffè Pedrocchi di Padova non lo ha fatto per finire nel Guinness dei primati, ma per proporsi come luogo libero, democratico e aperto a tutti. Perché all’epoca il caffè era sinonimo di incontro, di emancipazione, di confronto di idee…
Il “Pedrocchi” è rimasto aperto 24 ore su 24 dal 1831, anno della sua fondazione, al 1916, quando durante la Prima Guerra Mondiale erano stati vietati gli assembramenti notturni per evitare i bombardamenti aerei. Questa apertura “universale” valse al Caffè, voluto e creato da Antonio Pedrocchi, benemerito torrefattore patavino, di essere ricordato nel singolare motto che ha reso celebre Padova: “Città del Santo senza nome, del Prato senza erba e del caffè senza porte”.
Nell’accomodarsi oggi a uno dei tavoli sotto l’elegante loggia che si affaccia sul Bo (sede dell’antica Università), su Palazzo Moroni (il municipio) e sul centro della città, si ha l’impressione di essere dentro la storia. Come pure d’inverno quando entrati nelle sale interne, infreddoliti, si appoggiano guanti e sciarpe per concedersi al piacere del caffè) . Sia dentro che fuori, scorrono immagini reali e virtuali. Si ha davanti agli occhi il film della storia di Padova e della sua antica
Università…
Quella rivolta degli studenti nel 1848 contro gli Austriaci
Ma di storie e di curiosità lo Stabilimento Pedrocchi (si chiama proprio così: stabilimento), uno dei più eclettici fra i caffè storici italiani, è una miniera. Perché qui la storia è passata per davvero. Anche quella del Risorgimento, scrivendo pagine nobilissime. Come la coraggiosa rivolta degli studenti universitari dell’8 febbraio 1848 contro gli Austriaci, moti che costarono lavita a due ragazzi dell’Ateneo: il veronese Giovanni Battista Ricci e il mantovano Giovanni Anghinoni, colpito quest’ultimo da un soldato austriaco, mentre saltava fuori da una finestra del “Pedrocchi” assediato. Il colpo della pallottola è ancora visibile nella parete della Sala Bianca. Da allora l’8 febbraio si celebra la Festa della Matricola. Se oggi lo Stabilimento Pedrocchi, ai piani superiori, ospita anche il Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea (curato dal Comune di Padova) lo si deve anche a questi fatti, di valore e di sangue, rimasti impressi nella memoria della città.
Porta una firma importante il Caffè Pedrocchi: quella dell’architetto Giuseppe Jappelli, la cui sensibilità artistica sapeva dare contenuti nuovi di stile e di bellezza alle sue opere.
Jappelli famoso anche per aver firmato anche altre opere importanti nel Padovano, come all’Hotel Orologio di Abano Terme o a Villa Miari de Cumani di Sant’Elena, dove ha progettato il parco.Come pure a Villa Vigodarzere a Saonara, Villa Soranzo
Conestable di Scorzè e a Villa Selvatico di Battaglia Terme, dove però il progetto non venne realizzato del tutto. Lavorò anche per sistemare il parco di Villa Torlonia a Roma.
Un salotto culturale “tricolore” frequentato anche da Stendhal
Crocevia della vita sociale padovana, il Pedrocchi si affermò fin da subito come salotto culturale e luogo di trattative commerciali ma anche di riunioni massoniche, feste e balli, ospitando intellettuali e illustri letterati nelle sue Sale: la Bianca che ricorda i Moti Risorgimentali, la Rossa con il bancone dell’Ottocento dove ogni giorno va in scena il rito del caffè al banco,
e la Verde, sempre aperta per i cittadini meno abbienti che potevano riscaldarsi e incontrarsi senza l’obbligo di consumazione e che secondo il ricco folclore locale ha dato i natali all’espressione “essere al verde”.
Oggi non a caso a disposizione degli studenti universitari c’è sempre, gratuitamente, del caffè americano caldo. “Vogliamo che gli studenti continuino a frequentare queste sale, magari per confrontare le proprie idee, per studiare o per concedersi una pausa in allegria. La loro è una presenza viva”, dice il giovane direttore Manolo Rigoni, tornato in Italia dopo tante esperienze all’estero.
Il “Pedrocchi” è ricordato anche da Stendhal, che ne La Certosa di Parmascrisse «È a Padova che ho cominciato a vedere la vita alla maniera veneziana, con le donne sedute nei caffè. L’eccellente ristoratore Pedrocchi, il migliore d’Italia».
Lo storico “caffè senza porte” di Padova ha visto passare nelle sue sale scrittori, attori e uomini di cultura come Ippolito Nievo, Giovanni Prati, Arnaldo Fusinato, Alfred De Musset, George Sand, Téophile Gauthier, Gabriele d’Annunzio, Eleonora Duse, Filippo Tommaso Marinetti e molti altri.
L’impegno di Fedegroup nel rispetto del testamento del fondatore
Passato sotto la proprietà del Comune di Padova nel 1891 per volontà di Domenico Cappellato Pedrocchi (figlio adottivo di Antonio Pedrocchi), dal 2014 il Pedrocchi è gestito da Fedegroup. Un passaggio di testimone avvenuto nel rispetto del testamento di Antonio Pedrocchi, che recita: «Faccio obbligo solenne e imperituro al Comune di Padova di conservare in perpetuo, oltre la proprietà, l’uso dello Stabilimento come trovasi attualmente, cercando di promuovere e sviluppare tutti quei miglioramenti che verranno portati dal progresso dei tempi mettendolo al livello di questi e nulla tralasciando onde nel suo genere possa mantenere il primato in Italia».
Il Pedrocchi è ancora oggi un luogo dove si trova sempre la scusa buona per andare: un caffè con gli amici, un aperitivo allo Spritz (che ha a Padova una delle sue culle, ai tempi dell’occupazione austriaca), un pranzo
o una cena particolari, un evento da festeggiare nella storica Sala Rossini (che un tempo ospitava anche sontuose serate da ballo, talvolta in maschera), un concerto. Di jazz, di tango argentino, di musica classica…
Qui Padova celebra tanti suoi riti da sempre. Uno dei più curiosi (e singolari) degli ultimi anni è stato il “funerale del fumo”, l’11 gennaio 2005, con Gianfranco Vissani, avvolto nel suo tabarro, che si accese l’ultimo sigaro in pubblico…
Il caffè storico continua ad alimentari i suoi miti. Come il Caffè Stendhal, macchiato alla menta. Lo scrittore francese di epoca romantica è legato anche al famoso zabaione del Pedrocchi: ne andava ghiotto, tanto che porta il suo nome. Il profumo del caffè si espande con piacevole voluttà nell’ambiente, conferendo al luogo quell’atmosfera raffinata tipica del caffè letterario.
Lo chef Florian Bunea rilancia i tagliolini al caffè col ragù d’anatra
Il ristorante del Caffè Pedrocchi è il regno di Florian Bunea, cuoco che, grazie alla sua lunga esperienza, ha conferito un tocco di stile in più. Alla classicità di sempre, è stata aggiunta un’anima bistrot, che non può mancare in una città dinamica e “universitaria” come Padova.
I piatti di Bunea sono un compendio di tecnica e di visione estetica. In chiave contemporanea, senza dimenticare una nota di classicità. Che al Pedrocchi è un paradigma.
Cosa mangiare al Caffè Pedrocchi
Il piatto che più rappresenta questa interpretazione nuova della cucina sono i tagliolini al caffè, ragù d’anatra, carciofi e salvia. E’ un piatto che coniuga il caffè con la tradizione della corte padovana, completato dalla consistenza del carciofo e dal profumo della salvia. La pasta colorata al caffè fa il suo effetto…
Corte padovana che ritroviamo nel secondo antipasto: l’insalatina di gallina padovana (quella col ciuffo, salvata dall’estinzione e rilanciata qualche anno fa) in saor.
Nel menu degustazione spicca anche la faraona in salsa “peverada” con polenta grigliata di mais Marano. Il tutto preceduto dagli immancabili cichetti della tradizione veneta. Immancabile il finale dedicato al Tiramisù Pedrocchi e allo storico Zabaione Stendhal servito con la biscotteria secca, che rigorosamente va intinta nella inimitabile crema all’uovo.
Bunea si avvale della collaborazione di Matteo Allegro e Oscar Zanchin. In sala c’è Raul Voltolina. Vera Scarin conosce bene la storia dello Stabilimento e, al di là del suo attuale incarico di responsabile media del “Caffè”, è una ragazza che sognava un giorno di lavorare al Pedrocchi.
Che sia un break veloce, un lunch di lavoro o un pranzo classico, il Pedrocchi, come ai tempi del suo fondatore Antonio il torrefattore, regala sempre all’ospite la sensazione di “vivere Padova”, calandosi nella sua storia.
Una storia che dopo quasi due secoli è ancora uno dei vanti della città. Come l’Università, come il Prato della Valle, come la basilica di Sant’Antonio. E adesso c’è anche Urbs Picta, il ciclo di affreschi che, a partire da quelli di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, ha meritato alla città il prestigioso riconoscimento Unesco come bene del “Patrimonio dell’Umanità” da tutelare…