Canosa, il Moscato di Cefalicchio


Ma come viene bene il Moscato nelle zone fredde del Sud! Una degustazione coperta di oltre 600 vini al Savoy Beach di Paestum per la Guida ai Vini Buoni d’Italia regala questa sorpresa senza precedenti: dalle vinificazioni a secco su cui si stanno specializzando il Vulture e il Sannio, molto adatte ai frutti di mare, alle classiche dolci, sino alle vendemmie tardive e ai passiti, persino un lambiccato, sempre questa uva, con la quale si faceva il vino delle feste contadine anche in versione spumantizzata, si è espressa in assoluto ai massimi livelli. Trani è uno dei pochi terroir a credere con decisione nelle possibilità del moscato, tante sono le aziende impegnate in bicchieri interessanti, questa estate va in vetrina il Jalal di Cefalicchio, la tenuta acquistata dalla famiglia Rossi alla fine dell’800 proprio alle porte di Canosa nell’omonima contrada. Jalal è il poeta persiano amato dallo star system americano, il cui dolce verso recita «L’uva vuole diventare vino». Già, ma come? Anzitutto con la storia del terroir sorvegliato dal Vulture e dal Gargano perché a Canosa di Puglia la viticultura è di casa da sempre. Vasi o coppe, adornati con scene di libagioni e banchetti, sono presenti nelle antiche tombe – di umile gente così come di aristocratici – della Canosa del IV secolo a.C e solo un secolo più tardi la produzione di vino canosino doveva essere tanto abbondante da consentire al condottiero cartaginese Annibale – secondo lo storico Polibio – di curare i suoi cavalli, colpiti da una malattia cutanea dopo la storica battaglia di Canne, con impacchi di vino vecchio. Poi c’è il metodo. Attorno alla villa padronale costruita nel 1700 e alla cantina ristrutturata, Fabrizio Rossi, agronomo, ha infatti introdotto il metodo biodinamico dal 1992, una filosofia produttiva adottata in tempi non sospetti, anche se adesso se ne parla come nuova frontiera. Olio, conserve e vino sono i prodotti di un terreno non stressato, dove sono conservati boschi e macchia mediterranea. Jalal è un grande moscato, da bere su paté, terrine, oppure sulla pasticceria napoletana classica. L’azienda propone anche lo Chardonnay La Pietraia, molto particolare, ma i vini a cui noi siamo affezionati sono il Romanico, Nero di Troia in purezza attualmente proposto nel millesimo 2004 e Ponte della Lama, il rosato da Nero di Troia e Montepulciano, di grande personalità, da spendere sulle zuppe di pesce e comunque a tutto pasto. Tradizione e metodo biodinamico, il volto nuovo della campagna meridionale, in una regione che in passato ha giocato la sua identità regalando il suo colore ai pallidi vini del Nord.