Cava de’ Tirreni, L’Accartocciato


Da sinistra: Luigi Cremona, Giusepe Ruotolo, Raffaele De Riso e io

Via Rosario Senatore 20-22
www.chefgiusepperuotolo.com
Tel.089.2961343

Sempre aperto, chiuso lunedì

Ci sono strade destinate a diventare famose per qualche motivo misterioso: una ripresa cinematografica, la nascita o il lavoro di un uomo illustre, un attentato, un delitto, un libro. Chissà. Via Rosario Senatore a Cava de’ Tirreni è una traversa di fianco al cinema Alambra, proprio di fronte al Comune e alla bella Villa Comunale. Già conosciuta dai gourmet italiani per la presenza di Pappacarbone. Ebbene, un mese fa, ad appena cinquanta metri dal locale di Rocco, ha aperto i battenti un nuovo ristorante gourmet. Devo dirvi, cari amici, che se si potesse vivere solo nella dimensione della filiera enogastronomica, non si direbbe proprio che c’è crisi in Campania e al Sud: si moltiplicano i locali pieni di giovani dotati di tecnica ed esperienza, si fondano nuove aziende di vino, di olio, di formaggi, di ortofrutta. Probabilmente l’essere tagliata fuori dai circuiti finanziari che contano e il dover sopportare già da alcuni anni l’emergenza senza fine, rende meno percettibile in questa regione la situazione plumbea che ha gettato nello sconforto la società delle veline, dei telefonini e della caccia all’immigrato. O forse sono le reti familiari e comunitarie comunque ancora solide utili ad ammortizzare le spese e a risolvere molti problemi. Insomma, al di là della sociologia spicciola su cui altri devono lavorare, certo non io, il fatto è che registriamo l’ennesimo guizzo della ristorazione in Campania, provato nientepopodimeno che insieme all’amico e maestro Luigi Cremona sempre in cerca di novità e appassionato dell’emergia vitale e soprattutto dei sapori del Mezzogiorno. Protagonisti di questa avventura sono Giuseppe Ruotolo, chef navigatore in rete come altri della sua generazione, classe 1981, e il collega e amico d’infanzia Raffaele Di Riso, la cui famiglia è da sempre impegnata nel settore della ristorazione in quel di Sant’Antonio Abate, paese originario di entrambi, vicino Pompei. Chiusa l’esperienza romana dello Ziro, di cui riportiamo qui sotto in corsivo la recensione come documentazione storica, Giuseppe e Raffaele sono sbarcati sulla florida piazza di Cava che ha l’enorme pregio di essere vicina a Salerno e alla Costiera, ad appena trenta minuti di auto da Napoli, nel pieno di un contesto industriale e commerciale ricco e vivace qual è l’Agro Nocerino Sarnese che contribuisce a sostenere queste esperienze un po’ sopra le righe rispetto al passato. Si lavorano in proprio pani e grissini, i dolci e la pasta fresca tra cui l’accartocciato che da il nome al ristorante, una trafila inventata da Giuseppe che somiglia appunto ad un pezzo di carta appollottolata, molto utile a drenare sughi densi. Andiamo al concreto: il menu di carne prevede la provola croccante cion crema di broccoli, uova di quaglia e pomodori secchi, tortino di maiale da latte in porchetta ripieno di patate e porcini, gli scialatielli con salsiccia di cinghiale, il raviolo all’aglianico e il filetto di manzo, pre dessert e dolce. Qui siamo a quota 50 euro. Si sale a quota 60 con il menu di pesce: fagottino di verza con gamberetti e timo, pesce spada alla limoncina in crosta di olive nere, riso vialone con patate e pecorino, accartocciati con vongole, cavolfiori e bottarga di muggine, filetto di pescato del giorno con riso, capperi e cipollina in guazzetto di calamari. Ancora pre dessert e dessert. In sostanza, gli antipasti sono a quota 12 euro (citiamo il crudo di filetto di manzo con finocchio, arancio e grana, i primi sulla stessa cifra (paccheri con pancetta e rosmarino), i secondi sono a quota 16-18 (stinco di agnello, baccalà in carta fata con ceci e tartufi di mare). C’è un lunch menu a 18 euro in cui si procede ad una semplificazione con due piatti a scelta: crostatina di scarole, mozzarella in carrozza, accartocciati allo scarpariello, linguine con noci, rollatina di pollo e pesce azzurro di giornata. Il divertimento è assicurato, il gusto pure, anche se è necessario virare maggiormente verso lo stile campano caratterizzato dall’essenzialità della materia prima di ogni piatto lasciandosi alle spalle la liturgia di posti gourmet a Roma e Milano dove spesso si affastellano troppi elementi con vocazione da protagonista nella stessa ricetta. Virata indispensabile nella carta dei vini da rivedere radicalmente a favore dei bianchi regionali eliminando il superfluo e soprattutto il costoso. Ma una recensione a trenta giorni dall’apertura rappresenta solo un flash, ci sarà tempo per tornare, come pure per Giuseppe e Raffaele di capire cosa gira e cosa va cambiato. L’ambiente è giovanile e allegro, in tutto una trentina di posti a sedere, il servizio appassionato, la cucina bene a vista. Insomma, una esperienza da fare, l’ennesimo squillo di tromba di una filiera gastronomica in grande spolvero, talentuosa e con tanti sapori da raccontare.

Come si arriva
Dalla stazione ferroviaria sono trecento metri, poco dopo il Comune. In auto uscire a Cava de’ Tirreni dalla Napoli-Salerno, dirigersi al centro verso la villa comunale. Parcheggiare e chiedere le indicazioni. Il locale è alle spalle del cinema Alambra.

La scheda dello Ziro a Roma
Un altro pezzo di Campania nella capitale. Della Campania bella e buona da mangiare, della Campania giovane che fa impresa con entusiasmo, nonostante tutto. Erano tre amici al bar, o quasi, e hanno pensato di proporre cucina e vini del loro territorio in un ristorante d’albergo (www.riverchateau.net/it/) a pochi passi dal set romantico di Ponte Milvio. L’impresa è ancora under construction, come il sito web, ma le premesse dopo i primi mesi di gestione ci sono tutte. In cucina lo chef Giuseppe Ruotolo ha portato l’esperienza accumulata su carni e verdure all’osteria Terrasanta in provincia di Salerno, ma anche l’inesauribile fantasia marinara della costiera amalfitana. L’ambiente è elegante anche se un po’ retrò e i nostri giovani amici non vedono l’ora di svecchiarlo anche se – si sa – meglio fare un passo alla volta e il primo, giustamente, parte proprio dai fornelli. Tradizione, scuola e territorio, dunque ma anche qualche proposta nuova ed estrosa per lasciare la propria firma sul piatto. Gli antipasti alternano saggiamente i protagonisti principali, con il pesce per i filetti di triglie aromatizzati al caffè con un’insalatina di mandorle; la carne, con il doppio crudo di tartare di manzo e carpaccio di carciofi e le verdure, con il trittico di melanzane, completo di spuma, un po’ modaiola, ma buona. L’attenzione e la ricerca di Ruotolo sono però rivolte – da buon campano – soprattutto ai primi di pasta. A cominciare dagli “accartocciati” alle vongole, il formato inventato per trattenere tutto il sugo possibile, e poi gli “ndunderi” gnocchi di farina e ricotta, antica ricetta medievale tipica di Maiori; i ravioli bicolore ripieni di ricotta e cannella, serviti su una crema di zucchine e un’ombra di riduzione di piedirosso. Molto buoni anche i mezzanelli rigati di Gragnano con guanciale e pinoli tostati, anche se forse bisognerebbe insistere di più sul pesto di pomodoro verde, soprattutto in vista del grande caldo. Una bella scelta di carne e pesce per continuare, con ricette semplici e classiche e qualche dessert della casa che permette di chiudere in bellezza, come lo zabaione ben eseguito. Per completare, pane e panetti preparati in cucina, una lista dei vini che guarda con competenza ai vini campani e laziali ma ancora in via di definizione (fate presto!). Nel complesso una cucina di sapori netti e puliti – che fa sempre piacere scovare tra le tante omologazioni turistico-capitoline – che pensiamo, con un tocco di maggiore caratterizzazione non avrebbe difficoltà a spiccare il volo. Il conto rientra nei 50 euro alla carta, mentre per un lunch leggero ne basteranno appena 14.

(Virginia Di Falco, giugno 2008)