Cilento, il cauraro di Angiolina


Angiolina

Angiolina e il figlio Rinaldo sono alti. Altissimi. Fisico, occhi azzurri e persino i loro nomi tradiscono origini normanne, chissà. Qui nel Cilento l’indolenza ha conservato davvero tutto quel che è passato nei millenni, dal grano carusello al fagiolo di Mandia, dall’uva mangiaguerra alla maracucciata di Camerota. Ma, tempi moderni, il vizio atavico ora è virtù preziosa: dove, altrimenti, trovare un piatto tanto miserabile quanto buono come il cauraro, ossia la zuppa di alici e verdure dell’orto con il mitico pane misto integrale di Vallo?
Chè persino la pasta manca perché era lusso. Angiolina è over 80, ricorda quando nacque la trattoria a Marina di Pisciotta perché serviva, come tante altre aperte nel Dopoguerra in Italia, dove si costruivano autostrade e ferrovie, a sfamare gli operai impegnati nel raddoppio della linea tirrenica. I treni qui allora non andavano molto più veloci di oggi. Poi, pian pianino, sono arrivati i turisti, infine il Parco a frenare scempi edilizi.
Ora c’è Rinaldo in campo, ma lo stile dei piatti è sempre uguale. Semplice. Pisciotta è paese sul mare nascosto alle città, costruito da fuggiaschi troiani tra Ascea e Capo Palinuro, i gourmet lo conoscono bene grazie al presidio Slow Food delle alici di menaica fondato dall’ex vicepresidente nazionale Vito Puglia che qui trae una parte delle sue origini. Un antico sistema di pesca greco, mai rinnovato, fatto con reti un po’ larghe nelle quali finiscono solo le alici più grandi, «scapuzzate» quando si mettono nella cesta.
Una prelibatezza fra le tante di un mare pescoso, ancora ricco di aragostine di Palinuro. In fondo parliamo di circa 50.000 residenti tra Agropoli e Sapri, oltre cento chilometri di costa protetta (nonostante molti sindaci spaccia-licenze) in balia dei pesci. Se siete, allora, in vacanza nei dintorni, questa è la trattoria dei sapori distinti e dei piatti a misura antica. Il cauraro, certo, ma anche l’ormai classico spaghetto con le alici che vale da solo il viaggio.
Dalle alici ‘nchiappate a quelle in tortiera, a quelle fritte o marinate, ogni giorno è un vero e proprio festival del pesce azzurro, non sono da trascurare neanche le melanzane alla pisciottana, il pescato del giorno al forno o all’acquapazza, le fritture di paranza in olio d’oliva che qui si celebra grazie alla cultivar pisciottana con oltre 200.000 olivi secolari se non millenari la cui circonferenza spesso supera i dieci metri.
In questa atmosfera incantata e sospesa, la dieta mediterranea trova la sua piena realizzazione pratica senza troppe fumisterie. Berrete bianchi cilentani, quelli buoni di De Conciliis e Maffini, ma anche quelli di nuova generazione. E mai vi lamenterete del conto.