Manuale. Come fare la carta dei vini dal ristorante alla pizzeria sino alla paninoteca


La carta dei vini

di Luciano Pignataro

Come fare una carta dei vini? A questa domanda molti hanno già risposto, ma forse oggi sarebbe giusto aggiungere la specifica: per un ristorante, per una trattoria, per una pizzeria, per una paninoteca….
Già perché sono proprio questi i nuovi fenomeni che stanno dilagando e il vino ha iniziato seriamente a fare capolino fuori dai luoghi canonici in cui si era abituati a berlo.. Il sommelier entra in pizzeria e sono sempre più numerosi i pizzaioli che si rivolgono ad un esperto. La differenza è profonda: di solito le pizzerie e le paninoteche pagano alla consegna :-)

Come orientarsi nella giungla del vino italiano dove a volte un vino da tavola costa più di una docg (denominazione d’origine controllata)? Bella domanda, a cui ci sarebbe una sola risposta seria: chiunque lavora, in qualsiasi ruolo, nel mondo della ristorazione dovrebbe fare un corso di approccio al vino, Ais, Fisar, Onav, Fis poco importa. Informatevi nella vostra città o nella vostra regione quali sono i migliori e iscrivetevi. Dico questo perché le carte migliori sono sempre quelle degli chef che hanno seguito questo percorso, a cominciare da Alfonso e Livia Iaccarino (lei prima ristoratrice sommelier d”Italia).

Ma diciamo che non avete più il tempo per farlo o che i tempi commerciali non coincidono con i vostri e dovete muovervi, quali sono i criteri?

Le caratteristiche generali
Una carta dei vini dei essere come il menu: ossia avere personalità, non essere la fotocopia di altre che si trovano in giro nella stessa regione perché costruite dallo stesso fornitore o consulente, deve far capire subito dove ci si trova. Vero, il vino è pensato per viaggiare sin dall’antichità ma se siamo in Italia il primo segno distintivo, qualsiasi sia il livello del locale, è sempre proporre un sorso del proprio territorio. Avere personalità non significa essere estremisti o monocordi perché si sta diffondendo una tendenza che spesso non offre alternative a chi non ama i vini naturali, giusto per essere espliciti. Capiamo che è una reazione a trent’anni di vaniglia e liquirizia, ma in medio stat virtus: è giusto secondo noi offrire al cliente una possibilità di scelta negli stili diversi su cui si sta confrontando il mondo del vino. Una carta di vino con personalità significa per noi non essere fotocopia, o, peggio, infarcita di grandi nomi inseriti alla rinfusa e senza un ragionamento, un filo logico. Deve offrire territorio e altri territori, e, nell’ambito di ciascuna categoria, le diversi correnti di pensiero. Questo significa essere colti e non grezzi nella gestione di una proposta.

La geografia
Una grande ristorante deve avere la carta più ampia possibile con tutte le eccellenze. Un tempo bastava prendere i Tre Bicchieri del Gambero e avere una infarinatura di Francia. Oggi è bene incrociare le informazioni sia delle guide che dei punteggi dei critici anglosassoni e le informazioni su internet. Le mode cambiano velocemente e se per esempio adesso inseguite la Borgogna rischiate di trovasi spiazzati rispetto a chi ora punta su Loira e Savoia che regalano margini maggiori, non fosse altro che per i tempi di stoccaggio e di capitale iniziale.
Una regola è comunque certa: nella prima pagina della carta, o al massimo subito dopo le bollicine, ci devono essere i vini della vostra regione. Meglio della provincia se siete in una zona a vocazione vitivinicola acclarata. Siamo in Italia, ogni regione, nessuna esclusa, ha grandi eccellenze da esibire ed è giusto metterle sugli scudi.

I menu
Messo questo paletto bisogna considerare la stagionalità del ristorante e soprattutto l’impostazione del menu. Vero, l’abbinamento è un gioco che spesso rasenta l’opinione, ma è difficile che ristoranti sul mare abbiano la possibilità di avere tanti rossi sul tavolo e viceversa. Vero però che per gli stranieri questa è una variabile che non conta e non a caso sono proprio i grandi ristoranti della Penisola a consumare grandi rossi italiani e anche francesi.

Il consulente
Affidarsi ad un consulente è la soluzione più comoda per costruire la carta dei vini. Meglio se il vostro sommelier che ha il polso di cosa funziona e cosa no ogni giorno. Mettervi in mano a terze persone è però sempre un rischio e la dobbiamo dire tutta: può capitare che il vostro consulente esterno sia pagato sia da voi che dai rivenditori che gli pagano la percentuale d’ingresso. Non è difficile scoprirlo: basta sbirciare nelle carte che ha consigliato ad altri. Se per esempio vedete lo stesso Champagne in più pizzerie, o addirittura qualche Barolo o Taurasi in posti dove non entra manco una tartare di pollo, allora qualcosa sicuro non funziona nella persona che avete scelto. E se vi restano nello scaffale alcuni vini vuol dire che vi ha fatto il pacco. Un buon consulente studia la situazione e adegua la carta alle esigenze del locale, mai viceversa.

La trattoria
Qui c’è sicuramente una esigenza di maggiore territorialità. Una trattoria semplice, di tradizione, farà bene ad offrire vini locali. Ma non è raro il caso di trattorie specializzate che affiancano il cibo tradizionale ad una vasta possibilità di scelta, proprio come se fossimo in enoteca o al ristorante. Questo fenomeno è presente soprattutto nelle grandi città. Ma se gestite una trattoria di servizio, puntate dritto su vini semplici della zona, non escluso anche il vecchio caro sfuso che è tanto migliorato rispetto al passato.

La pizzeria
Costruire una carta dei vini in pizzeria. Ed eccoci alla novità degli ultimi due anni. Noi suggeriamo anche in questo caso di puntare su vini di territorio, non pesanti e non costosi. Chi va in pizzeria vuole il lusso accessibile, buone materie prime e vini che si possono pagare in due. Ci sono pizzerie che si stanno specializzando nella carta come i Fratelli Salvo, 50 Kalò e Coccia a Napoli, o Giancarlo Casa a Roma che per primo ha portato lo Champagne in pizzeria. Ma sono delle eccezioni. La pizza resta un mangiare easy, giovanile, popolare. A chi, come me, che non si accontenta della birra, bisogna offrire comunque dei vini di facile beva, sia bianchi, che rossi non strutturati (Piedirosso, Dolcetto, Bonarda, Ciliegiolo). Bastano una decina di etichette, compresa qualche bollicina (oltre il Prosecco inserire anche una locale visto che ormai si spumantizza ovunque).

Le paninoteche
Qui è il discorso è simile ma non uguale. Perché l’offerta di cibo è diversa. Quindi questo è un posto dove potete puntare anche su rossi importanti. Da Gigione a Pomigliano è possibile scegliere ottime bottiglie campane, italiane e francesi. Ma in generali in questi locali il pubblico è più giovanile ancora delle pizzerie che sono trans-generazionali. Ecco perché il consiglio è comunque quello di offrire buone bottiglie a prezzi accessibili, buoni vini frizzanti sono la soluzione migliore. anche in questo caso ci sono le eccezioni ovviamente. E che ben vengano.

Ecco, dunque, secondo noi come fare la carta dei vini.

 

Un commento

  1. Condivido tutto l’articolo. Purtroppo sono tanti i ristoratori che non acquistano i vini ma le etichette; sono tanti gli addetti al servizio che non conoscono le nozioni più elementari del mondo del vino; sono tanti i neo diplomati sommelier che credono di sapere ma non sanno, un diploma da sommelier dovrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo; tanti, invece, acquistano il vino dal costo basso per poter fare più profitto. Non parliamo dei venditori… in tanti sono bravi a vendere pensando unicamente ai propri interessi e non, anche, a quelli dei clienti. Sicuramnete questo articolo aiuta a migliorare la situazione. Bravo Luciano.

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