Ma quando possiamo veramente dire che la pizza è perfetta? Quando ha un ingrediente facile da trovare ma difficile da usare


La margherita di Ciro Pellone

La margherita di Ciro Pellone

Come si fa la pizza perfetta? Sicuramente la margherita, non a caso sempre la più richiesta.
Ma non quella generica, che è un avvicinamento alla perfezione, bensì quella napoletana.
In questa risposta scontata, non campanilistica, ci sono i motivi della pizza perfetta che cerchiamo adesso di analizzare dando per scontata la qualità della materia prima su cui è inutile ormai discutere. Solo qualche stupido continua a risparmiare sul food cost visto che ormai è acclarata la disponibilità dei consumatori di spendere qualcosa in più in cambio della sicurezza su ciò che mangia.

La margherita napoletana è perfetta per tre motivi. Il primo è l’impasto, elastico, scioglievole, meglio se realizzato con farina 00 con cui si gestisce meglio la preparazione, ben idratato, ben lievitato. E da questo punto di vista si è capito che non è questione di lievito madre o lievito di birra, entrambi naturali, ma di tempo di lievitazione.
Il secondo motivo è l’equilibrio dei condimenti, forse la cosa più difficile da centrare. Negli ultimi venti anni si eccede per esempio sui latticini perché il palato degli italiani, abituato dallo svezzamento con gli omogeneizzati alle note dolci, gradisce sicuramente di più questa sensazione di quella acida del pomodoro. Solo un palato allenato ed evoluto cerca in realtà l’equilibrio fra le due componenti. Vale per la pizza come per il vino, tanto per fare un esempio. Ma anche per la frutta: se troppo dolce alla fine stanca anche se all’inizio sembra più facile da mangiare.
Il terzo motivo è l’equilibrio tra i condimenti e l’impasto: la vera pizza napoletana alla fine non è la semplice somma di pomodoro più fior di latte più olio più impasto, ma qualcosa di assolutamente unico, la fusione e non l’addizione di questi elementi.
Questo ragionamento vale sia per la stesura tradizionale che per la pizza contemporanea, a patto che l’equilibrio sia sempre rispettato.

Negli ultimi anni i panettieri si sono presi una bella rivincita sui pizzaioli inserendo tecniche di lievitazione che non appartengono alla tradizione napoletana e si capisce subito perché: valorizzare una delle componenti significa rompere l’equilibrio. Se io sento troppo il grano il sapore va a discapito del condimento. Questo non sigfnifica che non sia buona, solo che non è pizza napoletana.
Il concetto di equilibrio vale però per tutte le pizze.
Molti pizzaioli pensano che basta aggiungere sul disco di pasta buoni condimenti per fare la pizza gourmet. In realtà vediamo ovunque l’errore più diffuso: l’eccesso di latticino.
Per spiegarmi meglio: mettereste mai del latticino in un piatto di salsiccia e friarielli? Certamente no. E allora, perché lo mettete sulla pizza facendo svanire il vegetale? Questo, più o meno è il concetto che si deve trasmettere in ogni pizza. Il latticino è sicuramente molto utile perché risolve molte situazioni, ma il pizzaiolo che ragiona lo usa con parsimonia, come tutte le componenti della pizza. «Famolo strano» non vuol dire avere un buon risultato finale.
La risposta che ci sentiamo dire più spesso è che al pubblico piace questa tendenza.
Vero, non bisogna mai essere lontani dai clienti, ma avere un ruolo di educazione al gusto, soprattutto quando si usano buoni prodotti, si.

La pizza marinara di Martucci

La pizza marinara di Martucci

Per esempio, biga e dintorni, o farina integrale e dintorni, sono utili quando il condimento è importante, e allora, proprio in virtù del principio dell’equilibrio, se rafforzo una componente della pizza devo fare altrettanto con il resto, altrimenti si sbilancia.
Insomma, per essere fuoriclasse servono esperienza, manualità, palato allenato e soprattutto buon senso.