Coronavirus a Londra. Francesco Mazzei, star gastronomica: “noi italiani sbeffeggiati tre volte dagli inglesi, ora siamo in vantaggio di due settimane. Ecco perché ho chiuso tutti i 40 locali senza aspettare Johnson. Il futuro? Ricominceremo daccapo


Francesco Mazzei

Francesco Mazzei

di Fabiola Pulieri

Mentre in Italia si fa un gran parlare delle azioni economiche che il nostro governo ha predisposto e varato con il decreto “cura Italia”a Londra si vivono ancora gli effetti della teoria sull’effetto gregge, cioè quello fino a domenica scorsa andava predicando il premier Boris Johnson e molti cittadini inglesi che a quanto pare sono ancora ignari di quanto li aspetti. Tra gli italiani protagonisti a Londra abbiamo sentito lo chef calabrese Francesco Mazzei di Cerchiara di Calabria, che con la sua famiglia, moglie e figli è già a casa da qualche giorno, avendo seguito i media italiani che lo hanno messo in allerta già da tempo.
I suoi figli non vanno a scuola nonostante il capo del governo britannico abbia deciso la chiusura parziale delle scuole solo da domani e neanche tutte: resteranno infatti aperte un 30% di scuole per consentire ai genitori che non sanno a chi lasciare i figli di poter andare comunque a lavoro. Raggiunto telefonicamente Mazzei, che a Londra guida ben tre ristoranti – “Sartoria” nella famosa strada dei sarti londinesi Savile Row, “Radici” nel quartiere di Islington e “Fiume” a ridosso del Tamigi – alla domanda sul perchè ha chiuso prima che il Governo lo decretasse per tutti, nopn ha dubbi: “ho chiuso i miei tre locali per salvaguardare i miei ragazzi, i clienti, me stesso e la mia famiglia, dopo essermi consultato largamente con i miei soci, della D&D. Noi abbiamo 40 locali in tutto il mondo tra Inghilterra, Parigi, New York e Tokyo e abbiamo deciso di chiuderli tutti. Questa pandemia si sta diffondendo troppo velocemente ed è troppo pericolosa per restare aperti”.

Francesco Mazzei

Francesco Mazzei

E come l’hanno presa i ragazzi di sala e quelli che lavorano con te in cucina?

“I ragazzi sono stati il mio primo pensiero perché qui a Londra gli affitti sono molto alti e la vita è molto cara, dunque so che senza lavoro non si può vivere neanche un mese e che inevitabilmente si sarebbero ritrovati in grande difficoltà. Per prima cosa io ho rinunciato al mio stipendio per aiutarli e per cercare di sostenere le loro esigenze concrete almeno finché lo stato non ci sosterrà e non deciderà che aiuti destinare alle famiglie e alle imprese”

Non hanno pensato di tornare in Italia i lavoratori che non sanno come fare?

“Abbiamo valutato insieme questa ipotesi e poiché la Farnesina ha messo a disposizione tre voli al giorno per poter rientrare a casa ci abbiamo pensato, ma non tutti se la sentono di abbandonare Londra, per tanti motivi: famiglia, affetti, stile di vita e rischieremmo di mettere tutti in pericolo portando a casa questo virus. Inoltre tornare adesso vorrebbe dire buttare al vento tanti anni di sacrifici e di impegno, ci ho pensato anche io per un momento, ma non si può, è la nostra vita, anche se costellata di difficoltà e di dispiaceri”.

Dispiaceri in che senso?

“Dispiaceri perché noi italiani qui a Londra siamo stati sbeffeggiati più volte ahimè! La prima volta quando è stata approvata la Brexit, qui tutti festeggiavano, tutti bevevano e inneggiavano al patriottismo guardandoci dall’alto in basso perché stranieri; la seconda volta quando siamo stati derisi e additati come untori all’inizio dell’epidemia di Coronavirus e insomma…non è facile dopo 25 anni non sentirsi ancora pienamente parte della società in cui si vive e lavora!”

Per fortuna però adesso gli inglesi guardano all’Italia come il Paese da prendere ad esempio in questa pandemia o no?

” Si adesso considerano l’Italia un modello, ma in realtà qui siamo indietro di almeno 15 giorni sulla messa in pratica di azioni di contenimento. A Londra c’è molta confusione ma è tutto aperto, i negozi sono aperti, le metropolitane sono affollate e la maggior parte dei ristoranti è aperta, quelli che stanno decidendo di chiudere lo stanno facendo solo perché Johnson ha detto di evitare di andarci e quindi scarseggiano i clienti nei locali che stanno registrando un 70% in meno degli incassi giornalieri. Una catastrofe per la ristorazione londinese, ma nessuno si sta preoccupando né della salute dei cittadini né di dare sostegno e trovare soluzioni economiche per il paese. Noi ristoratori italiani soprattutto, ma anche tanti inglesi, siamo assolutamente in linea con i provvedimenti presi dal Governo italiano solo che qui nessuno ci aiuta. Da voi almeno qualcosa è stato fatto”.

Tu cosa hai deciso di fare concretamente?

“Io guardo al mio piccolo e ai miei ragazzi e ho deciso di riaprire Sartoria, ma non al pubblico, solo per i miei ragazzi. Ho pensato di aiutarli concretamente facendo da mangiare per loro finché mi sarà possibile e dando un sostegno a chi ha lavorato con me fianco a fianco per mesi, anni, a tanti giovani che con la ‘disoccupazione’ inglese che prevede solo 130 sterline al mese non riuscirebbero a pagarsi neanche una settimana di affitto. Tra l’altro qui gli scaffali dei supermercati sono vuoti quindi è difficile approvvigionarsi. Per noi, invece, con l’aiuto dei fornitori che hanno i magazzini pieni è più facile. Con la saracinesca abbassata noi dentro cucineremo e mangeremo insieme, almeno tutti i miei collaboratori avranno un posto dove sfamarsi in attesa che il governo britannico segua le orme italiane e trovi una soluzione a questa grave emergenza”

Come vedi il futuro della ristorazione italiana e mondiale?

” La ristorazione italiana come quella mondiale vivranno una grande crisi che purtroppo non meritavamo. Personalmente negli ultimi tre anni, dopo tanto impegno e tanto lavoro, ho visto concretizzarsi molti sogni tra cui le aperture nuove, Masterchef UK, il libro, le consulenze in giro per il mondo e tanto altro. Oggi a proposito di consulenze quelle già fissate con l’Arabia Saudita, la Croazia e l’Irlanda sono immediatamente state bloccate e i locali chiusi. Sinceramente penso che cambierà tutto, ma io sono calabrese, sono italiano e non mi abbatto, sono certo, a voler vedere il lato positivo, che tutto questo ci permetterà di riscoprire i piccoli paesi come la mia Cerchiara in Calabria, i luoghi di cui tanti di noi neanche sanno l’esistenza e lo stesso avverrà nella cucina. Si riscopriranno i territori, i prodotto tipici e le materie prime di cui è tanto ricca la nostra Italia”.

 

Un commento

I commenti sono chiusi.