Dieci cose da sapere per riconoscere la vera mozzarella di bufala


Treccione di mozzarella di bufala

Totò in Miseria e Nobiltà aveva risolto il dilemma di come riconoscere una vera mozzarella. Nella famosa scena del cappotto, Don Pasquale il fotografo si rivolge a Felice Sciosciammocca dicendo: «Assicurati che sia buona. Prendila con due dita premi la mozzarella se cola il latte te la pigli, se no desisti».

La mozzarella di bufala campana certificata DOP, è il formaggio fresco più amato dagli italiani. Come possiamo capire quando è buona?

1) I marchi. Il marchio DOP (denominazione di origine protetta). È il marchio tondo di colore giallo e rosso che rilascia la Comunità Europea e che bisogna trovare apposto su ogni confezione abbinato al marchio del consorzio.

2) Il prezzo. Altra indicazione importante è sicuramente il costo che non può scendere mai sotto i nove euro per la vendita al consumatore. Il latte di bufala ha un costo circa del triplo rispetto ad latte di mucca di altissima qualità, quindi il prezzo è più alto di una mozzarella di latte vaccino.

 3) Il colore. Deve essere bianco perla, come la porcellana per intenderci, poiché il latte di bufala è privo di betacarotene e quindi il colore del prodotto finito non tenderà mai al giallo paglierino come per il fior di latte.

4) Il profumo. Il sentore identificativo della mozzarella di bufala campana è il muschiato. Un aroma che è caratteristico del latte di bufala e ricorda in maniera molto lieve e delicata quello del muschio. Un vago ricordo di fungo che ben si presenterà insieme alla nota di latte fresco.

5) Il sapore. L’ingresso in bocca ricorda molto lo yogurt, con sensazione di acidità soffusa e gradevole. Il finale in bocca deve essere quello della panna, cioè il vostro palato deve essere avvolto da una sensazione grassa e di appagamento.

6) La consistenza. Nelle prime ore successive alla produzione è elastica e tenace. Quando la si mastica impegna le mandibole producendo quasi rumore. Diventa morbida e fondente con il passare dei giorni soprattutto se conservata a temperature troppo basse. L’aroma ed il suo gusto unico non vengono comunque alterati soprattutto se prima di consumarla la si riporta a temperatura ambiente magari lasciandola qualche minuto immersa, con tutto il suo siero, in acqua calda.

7) Confezione. La mozzarella DOP può essere imbustata davanti al cliente solo ed esclusivamente nei caseifici dove viene prodotta. In altri luoghi deve essere già confezionata.

8) Formati. I formati ammessi dal disciplinare sono dai 25 grammi, perline o cardinali, agli 800 grammi per la mozzarelle. Sta prendendo molto piede la richiesta di trecce, ammesse fino ad un massimo di 3 kg. Pezzature più grandi riuscirebbero scarsamente ad avere un sapore in equilibrio tra la dolcezza e la sapidità.

9) Siero innesto. Per poter subire il processo di filatura il latte dovrà essere leggermente acidificato come primo step di produzione. Per questo si aggiungono dei fermenti lattici allevati direttamente risultanti dalla lavorazione del giorno prima allevati in apposite stufe, che verranno aggiunti al latte, prima del caglio, per la produzione della mozzarella.

10) Il freddo. Se è troppo fa male alla mozzarella.

10 Commenti

  1. Avete dimenticato il punto 11: spiegare al presidente del consorzio il punto 10 :DDD

  2. Il fatto che questo post sia andato in prima pagina è simile ad una barzelletta dato il punto 10 XD

  3. Proprio oggi il giornale LA STAMPA,dà notizia che le bufale sono arrivate anche in Piemonte nel regno del Castelmagno.Dopo Lombardia.Emilia,Veneto etc Tra non molto ilConsorzio non avrà piu’ motivo essere,soppiantato dal marchio VERA MOZZARELLA NORD ITALIANA,prodotto tipico.Auguri.

  4. succederà, come è già successo con il provolone: c’è il Consorzio di Tutela del Provolone Padano, prodotto nato da una costola del Provolone Campano, ma non c’è nessun consorzio di provoloni meridionali!

  5. Quello della Fenice di Presenzano non ha il marchio DOP, quindi bisogna diffidare?

  6. @ Alessandro Moscato ieri 18 agosto 2017:
    “Quello della Fenice di Presenzano non ha il marchio DOP, quindi bisogna diffidare?” (A Moscato)

    Potrebbe essere una domanda retorica(e ironica) ma esprimo una mia…OPINIONE.
    Conosco molto bene il caseificio Vannulo che non fa parte del Consorzio e, quindi, non può mettere(e non mette) il marchio dop sulla confezione. Mi fido più di Vannulo che di tanti marchi dop: lo stesso vale per tantissimi clienti, che preferiscono Vannulo anche per l’ASSOLUTA GARANZIA(oltre che per la bontà) delle sue mozzarelle: solo latte di bufala in primis.
    La storia dimostra che il marchio dop non ha fermato un numero impressionante di scandali della bufala campana.

    Detto questo va precisato:

    1 Ci sono produttori aderenti al consorzio “onesti” e “anche bravi”(perché oltre a non mentire bisogna “saper fare” le mozzarelle)
    2 La politica dei marchi(e dei relativi consorzi e disciplinari) andrebbe profondamente riformata.
    3 Anche se non in tema aggiungo che, avedo latte di bufala e buoni casari, la mozzarella(ottima) si può fare (quasi)…ovunque… come dimostrano caseifici del nord e all’estero.

    Sul caseificio La Fenice, che non conosco come Vannulo, così concludo:

    1 Il fatto che non aderisca al consorzio è…irrilevante.
    2 Questo caseificio gode di ottima fama: simile a quella di Vannulo.
    Quindi se dovessi trovarmi nelle vicinanze andrei volentieri ad assaggiare le sue mozzarelle.
    Poi se le mie aspettative saranno confermate lo potrò dire soltanto DOP(o).

    A… DOP’

  7. io avrei dato qualche indicazione in più circa l’analisi della consistenza ……..forse quello aiuta a capire prodotti e “qualità” diverse ……..
    certo che se si volesse riuscire a capire che una mozzarella è stata prodotta a partire da latte congelato e magari di provenienza estera è impossibile ..allora li si deve andare a fiducia …di chi produce e di chi controlla (a vale anche per la mozzarella pugliese che quella futuristica della padania..)

  8. Leggo sul Mattino, che giovani Campani producono la mozzarella di bufala con latte proveniente da allevamenti del sud della Francia.In molte province del nord oramai la produzione di latte di bufala ha raggiunto numeri significativi,per non parlare degli allevamenti dell’Est Europa.Oramai tutto è replicabile ovunque ed i consumatori veramente capaci di riconoscere un prodotto valido rappresentano una minoranza.Alla luce di quanto detto,penso che non bastino le DOP,per la mozzarella,come per altri prodotti a difenderne la commercializzazione.Anzi vedo molte nubi addensarsi sull’orizzonte di questo comparto strategico per l’economia Campana.

    1. Tutto è replicabile, Zaia voleva la mozzarella dop in Veneto. Però dovrebbe avere il clima di Paestum che giova alle bufale, dovrebbe avere i pascoli freschi di del Sele, dovrebbe avere i ns. casari esperti da generazioni, di padre in figlio. Il risultato è che fanno ancora oggi le saponette, non la mozzarella.

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