Dom Pérignon Œnothèque 1996, la perfezione


Dom Pérignon Oenothèque 1996

Dom Pérignon Oenothèque 1996

di Albert Sapere

L’instancabile ricerca di una perfezione irraggiungibile, sia pure il semplice strimpellare un vecchio pianoforte, è ciò che basta per dare un senso alla nostra vita su questo inutile pianeta. Questa era l’idea di Logan Pearsall Smith, saggista e critico statunitense.

Se si nomina la Maison Dom Perignon e questo millesimo del 1996 la parola “perfezione” è quella che meglio la rappresenta.

Œnothèque è il nome dell’etichetta che sta a significare il favore di un’annata specifica il cui vino riposerà almeno 15 anni sui lieviti prima di essere posto in commercio. Un millesimo quindi particolarmente adatto e un’attesa molto lunga per poterlo bere. Dal 1998 la maison cambia nome a questa tipologia che diventa P2: deuxième plénitude.

Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany

Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany

Per trovare un paragone che personifichi Œnothèque 1996, ci viene in mente Audrey Hepburn in colazione da Tiffany. Al di la delle mode e del tempo, destinata a diventare l’icona dell’eleganza, ci saranno altre persone meravigliose, altre cattureranno i tuoi sensi, ma nessuna sarà mai la Hepburn, elegante fasciata da un tubino nero, sexy pur nella sua algida discrezione.

Il 1996 è elegante, il colore è vivo lucente, le bollicine continuano a risalire verso l’alto anche dopo molto tempo.

Il naso è affascinante, un campo di fiori a primavera, erbe aromatiche, la frutta è matura e percepibile nota successiva alle precedenti, la crosta di pane torna più volte, poi ancora agrumi, tostati e una chiusura speziata avvincente, tutto con taglio netto e preciso, regalandosi un poco alla volta, senza mai diventare volgare, i tre quarti di nobiltà ci sono e si avvertono.

La bocca conferma che siamo di fronte ad vino che nasce per superare mode e convenzioni, l’acidità e la mineralità dopo 19 anni albergano da queste parti. La bocca è avvolgente, lunghissima nelle sensazioni palatali, non ci sono note di piacioneria, non c’è nulla che non debba essere così.

Se Richard Geoffroy, chef de cave, conosca il pensiero di Logan Pearsall Smith, non lo sappiamo, però lo mette in pratica nei suoi meravigliosi vini.