Eleven Madison Park sono giuste le critiche di Pete Wells del New York Times? Siamo andati a verificare di persona


Dominique Roy chef de cucine di Eleven Madison Park

di Albert Sapere

Pete Wells, critico gastronomico del New York Times, nel 2016 stronca in maniera feroce il Per Se di Thomas Keller (istituzione statunitense con il suo The French Laundry e chef tra i più potenti del mondo), tre stelle michelin, ristorante che ha fatto epoca a New York sino a diventare uno status symbol, declassandolo da 4 a 3 stelle nella guida del famoso giornale. Per risposta Keller scrive una lettera pubblica sul New York Times, ringraziando Wells, perché la sua critica era stata utile a migliorare i servizi offerti ai clienti.

All’inizio del 2022 Wells va a Eleven Madison Park e dalle pagine del famoso quotidiano newyorkese stronca in maniera feroce il tristellato. Piccaca la risposta di Daniel Humm, che a differenza di Thomas Keller, in un talk organizzato da 50 Word’s Best Restaurant risponde che il critico non aveva capito la rivoluzione epocale che il ristorante stava mettendo in atto. Due approcci completamente diversi.

Mi rendo conto che sono all’antica, l’approccio di Keller l’ho trovato molto più signorile e commercialmente utile. Le critiche vanno sempre accettate, soprattutto quando sono così autorevoli. Sono all’antica perchè prima di dare un qualsiasi giudizio, ci devo essere stato.

Non ho mai nascosto la mia grande passione per Eleven Madison Park, per me racchiudeva il senso più profondo dell’essere newyorkese. Tutto era gigante, tutto era fatto per numeri pazzeschi, tutti sorridevano, sempre. Sembrava un film degli anni ’60 del secolo scorso, aspetti Dean Martin Frank Sinatra con il martini in mano, oppure Audrey Hepburn fasciata nel tubino nero in Colazione da Tiffany. Come tutti i ristoranti che adoravo nel mondo non era solo cibo, ma uno spaccato di una cultura. Varcato l’ingresso girevole, si aveva come la sensazione che da un momento all’altro potessero entrare Superman, Batman o Spiderman, si entrava nella Gotham City dei fumetti, con tutti i pregi e i difetti.

L’ultima volta che avevo cenato a Eleven Madison è stato a dicembre del 2019, poco prima di tutto quello che è successo e devo dire che ero rimasto abbastanza perplesso, sicuramente non entusiasmante come le altre volte. Daniel Humm è un cuoco molto bravo, ma probabilmente la vera anima di quel locale, la persona che alzava sempre l’asticella verso l’alto era Will Guidara, andato via forse adesso è solo un bel posto dove consumare un pasto più o meno buono, con Will era un altro fatto.

Cosa si mangia nel nuovo menu di Eleven Madison Park

Partiamo dall’accoglienza e dal servizio, siamo stati benissimo. Il ristorante era stracolmo, prenotazione per il servizio delle 22.00, si rimpiazzavano i tavoli come da tradizione. Il nostro tavolo non era ancora pronto, ci hanno fatto accomodare al bar. Dopo una decina di minuti, in cui non ci hanno mai lasciati soli, ci siamo accomodati. Capito che parlavamo italiano, hanno cambiato l’ordine del servizio e subito si è avvicinato un ragazzo che parlava l’italiano, dicendoci che se avevamo piacere di parlare in italiano ci avrebbe servito lui. Il tutto in una maniera molto elegante. Non ordiniamo vino, ma dei cocktail analcolici. Nessuno si scompone e vengono portati a tavola e raccontati come se stessimo bevendo uno Château Pétrus di qualche rara annata.

La cena parte con tre assaggi di asparago., fritto e in due versioni, molto eleganti le presentazioni, con leggera fermentazione e marinatura. Buono, senza entusiasmo. Il tomburi con la lattughina fresca e croccante, i semi che ricordano visivamente il caviale e la crema di mandorle con la tostata e i ravanelli tagliati molto sottilmente è forse il piatto più convincente dell’intera cena. C’è profondità nel gusto, senso di divertimento nel mischiare gli ingredienti, il cambio di ritmo è continuo. Blistered fava beans, with chickpeas and Sorrel, valorizza il senso di tostato delle fave, divertente, da mangiare come un tacos. Peas, glazed with brown rice, coconut and Nepitella. I piselli sono molto dolci, ben trattati. Comincia a pesare il fatto che non ci sia un piatto caldo, tutti ingredienti assemblati con preparazioni precedenti. Fresh tofu with artichoke, arugula and green garlic. Un piatto scorbutico, perchè i carciofi sono troppo cotti e più che dare il loro sapore caratteristico, appiatiscono il sapore facendo risaltare troppo il gusto del tofu. Il pane, molto buono, è accompagnato da un burro fatto con vari oli vegetali e insaporito con un essenza di funghi. Non era cattivo, però qui si sono voluti complicare troppo la vita, perchè se fai cucina vegetale, metti a tavola il principe dei condimenti, uno straordinario olio extravergine d’oliva e amen. I due secondi sono la parte più complicata della cena. Morels, with braised seitan, spinach and spring onion. I funghi vengono trattati come per ricordare la carne, nella consistenza e nella sensazione di umami, più che far venire fuori l’essenza di questo alimento, scelta al quanto discutibile. Stesso discorso per i Grilled white asparagus, with potato green almond and ginger. Se deve ricordare la carne, meglio mangiare la carne. Non ne ho capito il senso onestamente. Con i dolci si alza di nuovo il tono della cena, freschi complessi, senza zucchero in eccesso, davvero buoni.

Conclusioni

La cena non mi ha entusiasmato, forse non ci tornerei nell’immediato, ma nemmeno posso dire di essere stato male. Alcune cose mi sono piaciute, anche tanto, altre meno. Sicuramente il ristorante ha un progetto dietro, una filosofia da portare avanti, che non è ancora del tutto centrata. Filosofia si, ma anche dettami economici, perchè se le ultime tendenze newyorkesi, soprattutto nella classe dei ricchi, sono quelle di una vita sane e di un’alimentazione vegetale, ed io ho un ristorante per ricchi, faccio uno più uno, ed il risultato è che do da mangiare ai miei potenziali clienti quello che vogliono. Le critiche di Wells ci stanno, soprattutto se fatte per i lettori. Mi sono mancati dei piatti caldi, cucinati e non assemblati. Mi sono mancati i carboidrati, che sia pasta o riso, noodle o dumplings, a mio avviso imprescindibili quando fai cucina vegetale, per non sentirti un coniglio spaesato. Un addetto ai lavori come me, ci va per tanti motivi, felice di pagare un conto importante, tutto fa esperienza, in positivo e in negativo, non so se consiglierei una visita ad un amico per divertirsi una sera a New York.

Eleven Madison Park
11 Madison Ave, New York, NY 10010, Stati Uniti

Telefono: +1 212-889-0905
www.elevenmadisonpark.com

il frigo che prima aveva le famose anatre, adesso con le verdure

 

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