Giornalismo del vino tra etica e pubblicità/2


Caro Luciano,
intervengo sulla polemica fra etica e pubblicità: capisco lo sconforto di questa produttrice dinanzi al mare di richieste di publiredazionali sul vino. Io ricordo sempre quello che diceva Gino Veronelli: non cedere mai, non dare mai soldi per pubblicità a nessuno. E’ chiaro che dipende dalla filosofia dell’azienda: comunicare è fondamentale, non basta produrre, e ogni azienda, piccola o grande che sia, deve avere una sua strategia. Se punti a un mercato ampio, se produci e quindi devi vendere un milione e passa di bottiglie devi prevedere anche un budget pubblicitario. Perché al mercato ampio devi arrivare. Come tutti i segmenti, è facile entrarvi e difficile uscirne. Se dici no a tutti, come facciamo noi, nessuno ti tocca….se cedi a qualcuno, diventi vittima del sistema. Qua non è tanto una questione di etica, ma di mercato. Il mercato della pubblicità, palese od occulta che sia, fagocita tutto e tutti. Ma poiché non dimentico di essere, oltre che vignaiola, giornalista (tu es sacerdos in aeternum…..) e quindi conoscendo molto bene la categoria, devo anche dire che, se esistono colleghi più o meno corrotti o corruttibili, ce ne sono tanti, e sono la stragrande maggioranza, che sono seri, anzi serissimi e se ne fregano delle società di pubblicità che con i loro introiti finanziano le testate. E tu lo sai benississimo perché sei fra questi. E di colleghi così ce ne sono dappertutto: personalmente non ho mai, e dico mai, ricevuto richieste più o meno palesi di contributi per recensioni o peggio, per punteggi sulle guide. MAI. Quindi alla vignaiola anonima (e purtroppo l’anonimato non è mai una virtù) dico: innazitutto esca allo scoperto perché chi denuncia deve anche metterci la faccia e poi basta dire no a chi vuole speculare e andare avanti per la propria strada: con le idee chiare, lavorando sodo e fregandosene dei poteri. Di tutti i poteri.

Manuela Piancastelli