Giro di vite a Montalcino, alla scoperta del mito Brunello | Prima parte: Biondi Santi e Casanova di Neri


Il viale per la Tenuta Greppo

di Angelo Di Costanzo

E’ notte fonda quando arriviamo a Montalcino, sulla strada, sin dalle prime curve che da Chiusi-Chianciano ci hanno condotto qui, la neve, copiosa, riveste i tetti e le mura di cinta delle piccole case in pietra che scorrono ai lati lungo la via. Troviamo riposo nella piccola area di sosta comunale, giusti ad un tiro di schioppo dalla Fortezza; l’aria lì fuori è gelida, il termometro sfiora lo zero, ma il camper è a dir poco confortevole ed il nostro entusiasmo arriva praticamente alle stelle, a guardar fuori, da qui luccicanti e splendenti come non mai.

Tenuta Il Greppo Biondi Santi

L’indomani, il giorno uno, ci incamminiamo sulla strada per il Greppo, la storica dimora della famiglia Biondi Santi, 25 ettari di giardino sotto al cileo, a pensarci bene la casa del Brunello, nato tra l’altro proprio qui, tra queste vigne e queste mura verso metà ‘800, per opera di Clemente Santi, nonno di quel Ferruccio – frattanto divenuto già Biondi Santi – che proprio sul finire di quel secolo faceva muovere i primi, importanti passi in giro per il mondo a quel “vino brunello” consacrato poi alle grandi tavole dal figlio Tancredi, e che oggi continua a vivere per mano di suo figlio, Franco, classe 1922 e maniere da galantuomo da vendere: insomma, in definitiva un mito, non più classificabile semplicemente come un vino! Con me pochi amici, uno imperdibile, tal Nando Salemme e poi Dino e Alessandro, con i quali cammineremo nei prossimi giorni le vigne più suggestive di Montalcino alla ricerca di quel Santo Graal tanto prezioso ed ambìto – pur vituperato dall’ignobile scandalo di brunellopoli che è inutile nasconderlo, aleggia ancora nell’aria – quanto praticamente introvabile.

Franco Biondi Santi

Arriviamo al Greppo a metà mattinata, sono passate da poco le dieci, il lungo viale di cipressi che dalla strada statale conduce alla tenuta pare accompagnarti nella storia, ed in verità lo fa; ai lati, s’intravedono giù per la collina le vigne spoglie, alcune già potate e rilegate, tutte tinte di un bianco candido come se stessimo in paradiso. Bussiamo ad una piccola porticina, ad aprirci lui, Franco Biondi Santi in persona: che emozione! Si può pensare ai successivi dieci/quindici minuti come un tuffo nella più comune delle situazioni del genere, dove l’imbarazzante atmosfera accademica rischia sempre di prendere il sopravvento, un classico dovuto insomma; saranno invece più di due ore di appassionante storia di vita vissuta, cominciate con una piacevolissima chiacchierata intorno al focolare di casa, vis à vis con almeno cento anni di storia sociale e culturale di Montalcino e non solo, e terminate, dopo una accurata e particolareggiata visita in cantina (che suggestiva!) – accompagnati stavolta da una brava e cordiale collaboratrice – con la degustazione di tutti i vini prodotti al Greppo: il Rosato, annata 2007, nato come omaggio all’amata moglie del dottor Franco, stufa – si dice – di veder macchiate di rosso le tovaglie di casa ed oggi vino particolarmente amato dai francesi; il Rosso 2008, austero e risoluto come pochi altri della denominazione, e per finire, il superbo Tenuta Greppo Annata 2006, un Brunello di Montalcino manifesto di un territorio, di questa vigna, e a guardarci in faccia, con molta probabilità la migliore delle porte che potevamo imbroccare per vivere poi con il giusto piglio le esperienze dei giorni a venire; non a caso, è questo, a detta di molti appassionati storici alla tipologia, quell’archetipo del Brunello da molti ricercato e (quasi) impossibile, a quanto pare, da replicare altrove!

Casanova di Neri

Il sole inizia a farsi tiepido, è già primo pomeriggio, lasciamo il Greppo e riprendiamo la strada statale verso Montalcino, ci attende a pochi chilometri, sulla strada per Torrenieri, Giacomo Neri; il suo vino è da molti considerato l’altro Brunello, la sua azienda, Casanova di Neri, indubbiamente capace in poco più di un ventennio di stravolgere letteralmente gli equilibri locali, affermandosi in tutto il mondo come un nuovo riferimento assoluto, certamente di slancio moderno, diciamolo pure, con vini dai tratti caratteriali palesemente internazionali – l’uso della barrique, e qualche legno di poco più grande, qui hanno praticamente sostituito in toto le grandi botti – ma senza alcun dubbio ognuna delle bottiglie che viene fuori da questa cantina non si può certo additare per mancanza di carattere, tutt’altro, magari ci si potrebbe interrogare su quanto risultino marcate dal manico più che dal terroir, ma stilisticamente rimangono ineccepibili e, avendo avuto la fortuna di bere dei suoi Brunello, del Cerretalto in particolare, più di un millesimo, chiaramente riconducibili all’autore.


Giacomo Neri

L’azienda, nata a fine anni settanta, vanta oggi poco più di 36 ettari di vigneto suddivisi in quattro appezzamenti collocati nel circondario ilcinese in posizioni diverse e ben distinte: Le Cetine a Sant’Angelo in Colle, il Cerretalto ed il Fiesole nei pressi dell’omonimo casolare di fronte a Montalcino (sede della cantina) ed il Pietradonice, a Castelnuovo dell’Abate, destinato però alla piantagione delle varietà internazionali lavorate secondo la d.o.c. Sant’Antimo. La cantina è di quelle belle grosse, delle più moderne, l’acciaio, tanto, reso fondamentale nelle fasi di vinificazioni; camminando i locali, distribuiti su più livelli sottoterra, sono certamente differenti le sensazioni provate alla Tenuta Greppo, piccola e suggestiva com’è, ma come si è detto, qui siamo ad un approccio più moderno, figlio senz’altro di quell’espansione sui mercati esteri tanto discussa, e discutibile per certi versi, ma assolutamente indispensabile per dare continuità e vigore ad un territorio, diciamolo pure fuori dai denti, ritrovatosi nel dopoguerra praticamente abbandonato a se stesso ed in poco più di vent’anni, siamo negli anni settanta, pietra miliare ricercata da tutti nel mondo.  E Giacomo Neri di questo ne ha saputo fare tesoro, e di quanto sia stato bravo nel vestire i suoi vini di carattere e personalità te ne accorgi non appena metti il naso nei calici colmi dei suoi vini; dalla coscritta ruvidezza del suo Rosso di Montalcino, all’immediata espressività del suo Brunello “Etichetta Bianca”, rimasto, ci dice, “tal quale a come lo amava papà Giovanni”. I fuoriclasse però rimangono il Cerretalto, prodotto solo nelle annate eccezionali, con quella sua spiccata mineralità e quell’inconfondibile timbro ferroso ed il Tenuta Nuova: di quest’ultimo, il 2006 è a dir poco spettacolare, di una compostezza fuori dal tempo, succoso e potente ma di rara, rarissima eleganza.

Ci concediamo da Giacomo e la splendida cordiale moglie Enrichetta, ci mettiamo alle spalle questa prima giornata a Montalcino; il mito, Franco Biondi Santi, ci ha donato con le sue parole, la sua esperienza, l’essenza di questa terra; Giacomo Neri, come noi figlio del nostro tempo, ci ha mostrato, forse, il futuro.

Noi crediamo di aver colto un sacco di cose in più, un mare di sensazioni, palpabili, che ci lasciano pensare che a volerlo solo immaginare quanto sia esaltante un tour per le terre montalcinesi, solo una prima tappa del genere può riuscire ad azzerare tutto quello che credi di aver imparato, che sei convinto di sapere, su questi luoghi, su queste persone, questo vino, per poi capire e comprendere, sino in fondo, tutto quello che verrà nei prossimi giorni.

24 Commenti

  1. Angelo ma come fai a mettere sullo stesso piano, nella tua ricerca del “mito Brunello”, il grandissimo Franco Biondi Santi, alias Il Greppo, la storia del Brunello e l’altra azienda di cui parli? Non hanno nulla ma proprio nulla, nei vini, nell’idea del Brunello, nello stile, in comune!!!
    sono stupefatto, da te non me l’aspettavo..

    1. Caro Franco, ti pregherei di leggere con attenzione il post, credo di essere molto chiaro in quello che scrivo, e a riguardo di queste prime due visite (ne seguiranno altre cinque, di cui racconterò nei prossimi giorni) è chiaro che siamo su due livelli diametralmente opposti: se vogliamo due anime contrapposte ma coesistenti ed ognuna a suo modo espressione tangibile del territorio e del brunello.

      P.S.: so bene come la pensi in merito soprattutto a Casanova di Neri ed essendo tu un grandissimo conoscitore di Montalcino e dei suoi vini non ti biasimo certo nell’aver maturato una tua idea, condivisibile e condivisa, sul Brunello. Ma non per questo si può chiudere gli occhi dinanzi ad un personaggio come Giacomo Neri, preparato, motivato e non meno convinto di altri del grande potenziale dei suoi vini.

      1. Salve angelo,credo che tu sia una persona abbastanza colta ,enologicamente si intende ,pero non può far prevalere sempre e perforza la sua idea ,anche se ripete spesso che rispetta le idee altrui. Una persona come franco ziliani si ascolta con molto interesse,specialmente quando si parlo del brunello e non perforza ribattere sempre per far prevalere il suo giudizio che è anke importante ma inesperto ,visto che sono credo una decina di anni che si è avvicinato al vino.La esperienza di Franco non sto qui a ricordarla e ne faccio la parte del moralista saputo cosa che a volte devo dire la verita sei tu che lo fai. Apprezzo la tua conoscenza ma si legge spesso che e basata principalmente sui cenni storici e non sul campo di battaglia.Mi scusi della mia intromissione ma, credo che qusto mi era dovuto.

  2. Le visite a Montalcino sono sempre straordinarie, concordo. Peccato per andare da Biondi Santi tra poco ti chiederanno il brevetto di radioamatore o la patente mezzi pesanti prima di inserirti in uno dei tour giornalieri…provateci se siete in due e parlate uno l’italiano, l’altro l’inglese…non vi inseriranno (insieme) nè nel tour in inglese nè in quello in italiano. Quando il blasone diventa snobbismo…
    Fantastica invece (per competenza e cortesia) la visita da Casanova di Neri, peccato per il listino prezzi della vendita alla fine del tour…da quando hanno vinto il premio di wine spectator (e io ci vado ogni anno, da anni) i prezzi sono saliti al di là di ogni ragionevolezza

      1. Mi sembra parlassimo di visite, di atmosfere, di stili…prima che di vino “in itself”…comunque le 2006 ce l’ho…buono a sapersi

  3. La provocazione è chiara… E’ evidente l’intento di prendere i due paradigmi, piaccia o meno, di Montalcino. Ma il confronto esula secondo me dal problema antico-moderno, botte grande-botte piccola e riferito al dibattito nella docg sangiovese 100%-blend. Con Biondi Santi siamo di fronte all’aristocrazia del Brunello, e con la riserva 2004 a uno dei rossi migliori della Toscana. Mentre con Casanova di Neri siamo all’università dei tannini, tra la borghesia rampante del vino. Il primo è un vino da meditazione, il secondo è un vino da degustazione. E’ come comprare Margaux e un bourgeois (fuori prezzo)

  4. per Angelo:spiegami per favore cosa c’è da meditare mentre si beve, si ribadisco si beve, anche un Brunello come Biondi e Santi? Per quanto poi riguarda i sigg. tannini, senza dubbio eleganti, come erano vestiti, casual, classico o post moderno?

  5. perché sei uno dei pochi dotato di senso dell’umorismo e soprattutto che non si prende troppo sul serio :)

  6. Informazione per il lettore: in riferimento al cosiddetto scandalo Brunellopoli – l’aggiunta ILLECITA dei vitigni migliorativi (merlot/cabernet) non consentita dal disciplinare di produzione del Brunello di Montalcino Docg – l’azienda Casanova di Neri ha da tempo patteggiato con la Procura (sentenza numero 253 del 24-11-2009 – Tribunale di Siena – giudice indagini preliminari).
    Oltre questa hanno patteggiato le aziende Antinori, Banfi, Pian delle Vigne, Fattoria dei Barbi Agricola Centolani (per irregolarità sul Rosso di Montalcino), le aziende dei Frescobaldi: Tenuta Castelgiocondo e Luce della Vite.
    Ha inoltre patteggiato Lamberto Frescobaldi, proprietario della cantina Castelgiocondo, 3 mesi di carcere (convertiti in pena pecuniaria) mentre l’enologo dell’azienda, Nicolò D’Afflitto, ha patteggiato 1 mese.

    È stato invece rinviato a giudizio Giampiero Pazzaglia, legale rappresentante di Argiano. È, se non sbaglio, accusato di frode in commercio continuata e vendita di prodotti con segni mendaci: la prima udienza è fissata per il 16 marzo 2011.

    Quanto al Consorzio del Brunello: hanno patteggiato alcuni ex esponenti del Consorzio, primo fra tutti l’ex direttore Campatelli. La pena patteggiata è di 16 mesi. Mentre 12 mesi sono stati patteggiati dall’ex presidente Fanti.

    Sono state indagate e PROSCIOLTE le aziende: Biondi Santi e Col D’Orcia.

    Questi i fatti, già ampiamente raccontati da colleghi come Franco Ziliani e Gian Luca Mazzella.

  7. Che eroe! Ma quante cose sei? Enotecaro, giornalista (?), giudice(???)…
    secondo me sei solo/COMMENTO MODERATO

  8. mi piacerebbe tanto sapere cosa abbia scritto “raro umore” per costringere la redazione a “moderare” il suo commento: mi sono perso qualcosa?
    Comunque Mauro ha giustamente ricordato delle evidenze, che per me continuano ad avere significato e peso e che fanno la differenza e purtroppo per Angelo evidentemente no..

    1. Franco, rimango nella convinzione che quel primo commento tu l’abbia postato senza nemmeno aver letto il post, tantè che le mie parole – cavolo almeno quelle, se non le intenzioni – sono linde e leggibili come non mai. Poi se credi che la lesa maestà sia talmente grave dal non degnare nemmeno di uno sguardo il contenuto, allora…

      1. Mr. Di Costanzo,
        il patteggiamento è un istituto del diritto processuale penale italiano proprio di chi è reo confesso. Di qui, i ” tratti caratteriali palesemente internazionali” di cui parla, sarebbero ascrivibili a l’utilizzo di vitigni internazionali (oltre che all’uso massivo della barrique). Le grandi bottiglie di cui parla, Cerretalto in particolare, saranno anche “stilisticamente ineccepibili”, secondo i parametri suoi e del gotha della critica enologica statunitense, ma NON SONO 100% SANGIOVESE. Di qui, tra un manico e un terroir, avendo prestato fin troppa attenzione al contenuto del suo post, appare chiaro che lei, come me, di sangiovese sa molto poco.
        Mr. Di Costanzo lei non sa di ciò che parla.

        1. Sarei però felicissimo di sapere a chi rispondere, almeno quello.

          Tant’è che ormai è talmente palese il tuo ultimo grado di frustrazione tanto dal non degnarsi nemmeno più di firmarti chiaramente. Mi aspetto adesso, visto che la stavi sbavando dal primo momento una mia replica, una tua chiara e limpida offesa personale, l’unica cosa che sei capace di fare – sempre anonimamente s’intende – oltre che sparare cazzate.

          Le mie non sono vanità giornalistiche, le mie; sono semplicemente esperienze vissute e raccontate, e a quanto pare aperte lecitamente al confronto e al dibattito. Cosa che evidentemente non ami particolarmente.

          Mi parli di patteggiamento e di diritto penale dinanzi ad un racconto di esperienza di vita, dici di non saperne di sangiovese ma pare che la storiella la consoci parecchio bene, ma che bravo che sei? Un fenomeno!

          Perchè poi tanta acredine nei miei confronti, che t’avrò fatto mai?

          Non sarai mica anche tu uno di quelli che s’incazza col vino?

          Stai tranquillo, non ti voglio rubare il mestiere, io uno mio già ce l’ho!

          1. Mr. Di Costanzo,
            dovrebbe prendere (o usare, se già ce l’ha) una laurea per fare il mio mestiere: non mi occupo di vino, quindi stia tranquillo. Si dedichi più che altro a rispondere nel merito ai commenti e critiche che altri le hanno avanzato, perché mi sembra non l’abbia ancora fatto.
            Gli anatemi, le cospirazioni e le parolacce le lasci da parte.
            Saluti e davvero, mi creda, sono un perfetto sconosciuto per lei e per i lettori tutti.

  9. Da “lettore” appassionato ringrazio Mauro Erro per la correttezza, e l’onestà ( che a volte fa rima con ATTRIBUTI ) che lo contraddistinguono. In un’epoca dove tutti parlano di tutto, ma nessuno dice mai niente che rimanga, mi piacerebbe sentir parlare di numeri, dati certi, fatti, perchè quelli dovrebbero servire per poi giudicare. Se poi tutto si riduce ad un esercizio di filosofia…avanti Italia….

  10. Nessuna fatwa: ho espresso opinioni personali e ho criticato l’opportunita’ di rappresentare questo produttore tra i grandi della denominiazione in un momento in cui le ricadute del caso Brunellopoli sono ancora presenti (vedi possibile nuovo disciplinare del Rosso) e SOPRATUTTO visto la linea generale del blog. Passo o chiudo.

    1. Sarò sincero, da lettore più o meno colto di questo blog, trovo disgustosa questa sfilata di professorini che se la giocano a chi c’è l’ha più grosso. A costoro dedico questo gretto ma sano filmato, se vogliamo anticonformista, ma più diretto non si può.

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