A scuola di Montepulciano d’Abruzzo con la verticale che celebra i 50 anni di attività di Emidio Pepe


la verticale di Montepulciano d’Abruzzo di Emidio Pepe, la sala

di Chiara Giorleo

Emidio Pepe è colui il quale “metteva a riposo” bottiglie su bottiglie di Montepulciano d’Abruzzo negli anni 60 quando a Vinitaly nello spazio dedicato alla regione Abruzzo i pannelli pubblicitari comunicavano “il Montepulciano non è un vino da invecchiamento”.

Emidio Pepe è colui il quale attendeva ansiosamente il figlio maschio ma oggi, con un team di sole donne, si ritiene più che soddisfatto avendo constatato senso di responsabilità e passione, valori da lui stesso trasmetti d’altra parte.

la verticale di Montepulciano d’Abruzzo di Emidio Pepe, i vini in degustazione

Ed è, infatti, la figlia Sofia a guidare una splendida verticale di Montepulciano d’Abruzzo presso l’Enosteria Cap’Alice a Napoli, la quale afferma che -in realtà- il papà è stato fortunato ad avere 3 figlie femmine già solo per la pazienza che le caratterizza. Fortunato per davvero, Emidio direi, visto l’entusiasmo coinvolgente che Sofia trasmette in queste occasioni.

Ma, al di là di qualsiasi credenza popolare che banalmente si potrebbe legare alla data del nostro appuntamento (mercoledì 17!), posso confermare che i veri fortunati siamo noi nel prendere parte a queste degustazioni emozionanti ed estremamente didattiche che ci consentono di apprendere gli ultimi 30 anni di storia di un vino interpretato egregiamente e oggi seguito da ben 3 generazioni per un confronto più che mai vincente.

la verticale di Montepulciano d’Abruzzo di Emidio Pepe a Cap’alice

L’azienda Emidio Pepe è a Torano, ad un’ora e mezza da Roccaraso. Gli ettari sono 20 per circa 70.000 bottiglie tra Montepulciano e Trebbiano e questo è un anno importante in cui si festeggiano 50 anni di attività, un traguardo che li ha convinti a raccontarsi per mezzo di un percorso di degustazioni verticali.

Non lo vuole urlare Sofia ma sollecitata da Marina Alaimo, ideatrice e guida di incontri di degustazione a Cap’Alice, conferma lo stilo biodinamico aziendale. Il biodinamico, infatti, non diventa fulcro centrale della comunicazione di questi vini perché la filosofia è ben più profonda: si tratta di rendere i vini più aderenti possibile al territorio, all’andamento dell’annata. È per questo, ad esempio, che non viene usato alcun tipo di legno in cantina al fine di evitare qualsiasi influenza e standardizzazione. Ecco che diventa centrale la scelta del tappo di sughero e la selezione dei sugheri stessi.

Abbiamo infatti degustato sei bicchieri di grande personalità.

la verticale di Montepulciano d’Abruzzo di Emidio Pepe, un momento della serata

Il Montepulciano d’Abruzzo Emidio Pepe del 1983 è un’esperienza. Un vino che già dalla prima analisi visiva non mostra in alcun modo la propria età. Un vino che ha voluto ben 10 anni prima di aprirsi e donarci note intense di ciliegia e spezie dolci; in bocca è avvolgente, con una freschezza che non ti aspetti da un vino di 31 anni, leggermente sapido, ottima persistenza.

Il 1994 è il risultato di un’annata molto piovosa che si riscontra nell’acidità sostenuta, ad ogni modo accompagnata da corpo e struttura. Anche in questo caso i colori sono ancora vivi e al naso il vino presenta l’aroma tipico del Montepulciano: l’acqua di olive come Marina fa notare prontamente incontrando l’immediato consenso del pubblico. Un vino più “difficile”.

L’annata 2000 è la preferita di Emidio stesso: “selvaggia” sia al naso sia al palato: un vino rustico che, nonostante i suggerimenti, più o meno velati, vogliono lasciare così -come per tutte le bottiglie di anno in anno- affinché siano sempre autentiche.

L’annata 2001, invece, è la mia preferita e con questa affermazione vado incontro al gusto di Sofia, la quale ritiene che questa bottiglia sia in grado di raccontare la storia del Montepulciano . Al  naso è intenso, complesso con note di frutti rossi e lamponi in particolare, in bocca è morbido, molto piacevole, l’acidità è perfettamente bilanciata, assolutamente armonico.

E poi la 2003, con un aroma di fragola e leggera vaniglia al naso ma anche un tocco più rustico. In bocca è morbido non perfettamente equilibrato: decade troppo l’acidità che, ancora una volta, avrebbero potuto correggere intervenendo in fase di lavorazione, ma “ogni vino deve raccontare la sua di storia” riprende Sofia. Più contenuta anche la persistenza rispetto agli altri ma in abbinamento con il cibo non delude.

Infine la 2010, altra ottima annata su cui credono tanto. Ancora una volta il bouquet è intenso con il caratteristico aroma di olive. In bocca è morbido, sapido con una bella spinta tannica. Il vino è, evidentemente, ancora troppo giovane e per questo molto concentrato, non a caso con tonalità violacee.

spaghetti alla chitarra con pallottine

 

la cicerchiata

Non per retorica ma i complimenti vanno anche ai titolari del ristorante per il servizio e i piatti abbinati, tutti della tradizione gastronomica abruzzese: Zuppetta di legumi in ciotolina di pane, Spaghetti alla chitarra al sugo con pallottine, Spuntate di maiale a “Cif e ciaf” con polenta e come dessert, la cicerchiata.

 

Sede a Torano, via Chiesi, 10. Tel. 086 1856493. www.emidiopepe.com. Ettari: 20 di proprietà. Bottiglie prodotte: 70.000. Vitigni: montepulciano, trebbiano.

 

4 Commenti

  1. Come ringraziarVi?Non mi è stato possibile partecipare,ma comunque mi date una mano ,con i vostri assaggi,a tirare il collo a qualche bottiglia delle annate di cui sopra che ho la fortuna di avere in cantina.PS.Che io ricordi nei miei trascorsi di studente a Napoli è il 13 che mette letteralmente paura,ma a parte ciò Augurissimi per un 2015 veramente nuovo e carico di doni per tutti e ………che il buon dio ci liberi da chi non beve vino.Francesco Mondelli.

    1. Luca Miraglia non ti sei perso una serata di Storie di Vini e Vigne a Cap’alice alle quali hai partecipato puntualmente in maniera molto partecipe. Grazie!

    2. Francesco, grazie a te per l’attenzione che dedichi sempre a ciò che scrivo.

  2. Serata davvero emozionante, con l’assaggio di vini che rappresentano l’archetipo della naturalità che non si traduce in “moda”, bensì in un modo di concepire il vino come massima espressione di un territorio e di un vitigno; l’esatto contrario di quelle bottiglie che, invece, riproducono, al nord come in Sicilia, solo l’ego – spesso debordante – di enologi anche di grande nome.
    Qui è la natura che, appena accompagnata, svolge tutti i ruoli che, alla fine, danno vita alle complesse emozioni ritrovabili nel bicchiere: dalla vigna alla cantina, niente concimi di sintesi, banditi i lieviti selezionati, alla larga il legno, di qualsiasi natura: un’evoluzione lasciata solo al tempo, che affina, ammorbidisce, esalta una materia prima viva, scalpitante, generosa.
    Per giungere, infine, ad assaggiare bottiglie che, anche a distanza di decenni, mostrano una forma smagliante e danno il profondo piacere del poter dire: “io c’ero!”

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