Greco Musc’ 2007 Campania igt


CONTRADE DI TAURASI

Uva: Greco Musc’ dell’areale di Taurasi
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione:  80% acciaio e 20%  legno

Le tappe di assaggio del Greco dei Professori
26 febbraio 2009, 10 marzo 2009, 4 gennaio 2010
Con la traduzione di un articolo di Robert Simonson

Sfida coraggiosa quella della squadra di Contrade Taurasi composta da nomi illustri della viticoltura e della ricerca campana e nazionale: in cantina Sandro Lonardo, professore di scuola a Napoli ora in pensione, adorato dagli ex-alunni per lo stile “libertario” del suo insegnamento teso a responsabilizzare i propri allievi. In cantina Sandro è affiancato dalle figlie Enza e Antonella  e dalla moglie Rosanna. Il socio, ricercatore universitario di razza, Giancarlo Moschetti, proveniente dalla facoltà di Agraria di Portici e ora  Presidente del Corso di Laurea  in Viticoltura ed Enologia a Marsala (Università di Palermo), dimostra le stesse tendenze libertarie nel modo di concepire la viticoltura e l’enologia, unitamente al resto dello staff formato da un’altra nota ricercatrice, Antonella Monaco e dall’enologo dei vini estremi Maurizio de Simone.

Questa squadra, che prima di tutto, si basa su uno splendido rapporto umano e sulla passione ed il divertimento di fare il vino, ha compreso sin dagli inizi, che era loro  compito distinguersi, specializzarsi,  a Taurasi  si fa l’aglianico di Taurasi, non ci sono bianchi. A seguito di approfondite ricerche, i professori di Contrade Taurasi hanno individuato  nel 2001, un particolare clone di greco, ambientato in zona da tempo. La prima vendemmia nel 2004 ha subito sgombrato il campo: non ci  di trovava di fronte ad un vino banale, di facile beva e di breve vita, ma al cospetto di un prodotto con i crismi di lunga vita, grazie a freschezza, struttura, sapidità e mineralità. Tre gli assaggi di quest’annata 2007, il mio del 26 febbraio, quello di Luciano Pignataro del 10 marzo e questo.
Il  “Greco Musc” non è un clone di Greco di Tufo, bensì una varietà autoctona minore scovata nelle vigne dei contadini irpini, ad oggi lo staff di Contrade Taurasi ha isolato 19 ceppi di lieviti autoctoni selezionati in vigna.
Si tratta di una delle pochissime uve a bacca bianca, insieme alla coda di volpe, presenti nell’areale di Taurasi. Definito dai contadini “roviello” o Greco Musc’, semplicemente perché nell’avellinese qualsiasi uva a bacca bianca veniva definita Greco con l’aggiunta di un’aggettivo che ne identificava eventuali caratteristiche diverse. In questo caso, l’aggettivo “musc’” stava ad indicare il fatto che nelle fasi di maturazione i chicchi tendono ad appassire rapidamente soltanto sulla buccia, che diventa rugosa, lasciando integra, ma piu’ concentrata la polpa all’interno. Il Greco Musc’  2007 fermenta in legno medio – grande di primo passaggio per il 20% della massa  e sosta 18 mesi sulle fecce. La resa in vino è appena del 45/50% e l’estratto secco si attesta tra 30 e 33, per 13,5° di alcool. Praticamente un Blanc de Noir, un rosso travestito  da bianco. La pratica della sosta sur lies – le fecce fini –  è una costante di tutti i vini di Contrade di Taurasi, le fecce delle diverse annate vengono conservate e poi “blendate” con quelle dell’annata corrente, in questo greco ci sono quelle del 2003. Dall’annata 2008, in commercio a marzo 2010,  l’affinamento sarà al 100% in acciaio. Torniamo al terzo assaggio, ho rimesso  il vino nel bicchiere qualche giorno fa, a tre anni dalla vendemmia: giallo oro carico, ancora brillante, la  consistenza è persino piu’ marcata rispetto all’assaggio di quasi un anno fa. Anche al naso la sorpresa è più forte: il primo sentore, che precede floreale e fruttato, è la pietra focaia, intensa e affascinante mineralità sulfurea conferita dal terreno vulcanico – argilloso. In progressione si susseguono note di mela annurca acerba, fieno, miele di leguminose, tipo sulla, mandorla amara  e un intrigante torbato da whisky. Intensità e complessità  si sono evolute in un interessante, quanto unico quadro di freschezza, sapidità, struttura ed interminabile persistenza aromatica.

La novità molto interessante arriva dall’estero, me ne parla Giancarlo Moschetti, sorpreso dalla lucidità e dalla precisione dell’articolo di Robert Simonson, (nota firma americana per The New York Times, Imbibe, Decanter, Wine Spectator, Time Out New York, Saveur.com e New York Sun) pubblicato sul blog. (clicca qui per il testo in lingua originale).

Ecco la traduzione:

“Grecomusc’, che diavolo è? Guardavo alla strana bottiglia sul tavolo di Smith & Vine. Forse qualcuno aveva sbagliato a scrivere la parola Greco? O si trattava di un nome di fantasia , ideato dai vignaioli campani della Cantina Lonardo? L’ impiegato mi disse:” no,  Grecomusc’ con l’apostrofo è il nome di una varietà di uva. Mi sono sentito improvvisamente ignorante.  Non ne avevo mai sentito parlare. L’ho comprato e ho cominciato a cercarlo nella mia bibliografia, nelle riviste, nelle guide, nessuna traccia. L’impiegato doveva essersi sbagliato. Si trattava probabilmente di un vecchio semplice Greco. Per essere sicuro ho aperto il sito di Polaner, l’importatore del vino. E che cosa scopro? Il grecomusc’ è un vitigno! Ma non mi sono sentito più confuso per non saperlo, il sito recitava: ”il grecomusc’, così chiamato in dialetto locale, è una rarissima varietà autoctona presente solo in Irpinia. E’ cugino del Greco ed è prodotto da piante di 70 anni su suolo vulcanico-argilloso.
La Cantina Lonardo è l’unica a lavorarlo in purezza ( mentre in altri casi si trova mischiato  tra le vigne di greco). Il vigneto è completamente a piede franco e si trova a circa 350 – 400 mt. sul livello del mare. L’unico produttore che lo vinifica in purezza, wow! Si preannuncia interessante. Economico per una rarità, ho speso solo 12$, tuttavia a quel prezzo potrebbe essere difficile venderlo: voglio dire,  mi piace questo vino e ne comprerò ancora, ma posso capire che pochi altri farebbero altrettanto. Questo vino  che fermenta su  lieviti autoctoni e affina 4 mesi in tonneaux da 5 hl e poi 2 mesi in acciaio è l’opposto dell’esplosione del frutto. Il primo naso è quasi “repellente” , poco invitante, sentori di gomma bruciata, petrolio, ginko, con un frutto quasi inesistente.  Il naso  è tuttavia intenso e intrigante. Il palato è pieno, avvolgente, forte e aggressivo.
C’è il frutto qui, ma lo si scova ai margini: uva non proprio matura, prugna verde, melone bianco, ribes bianco. Aggiungete fiori bianchi, cherosene, una vena smaltata e sapidità ed avrete tra le mani una sfida sensoriale. Come dice Polaner :” questo è quasi un bianco tannico (mentre si riscalda emerge un sentore nascosto di pera matura al centro della bocca).  Lo definirei una “ sega” e il paragone potrebbe suonare spiacevole, ma, credetemi, questo è un vino unico e grandioso da abbinare ad innumerevoli pietanze, la sua tagliente acidità sostiene alla grande i  piatti  piu’ grassi a cui potete pensare e la struttura sostiene anche i piatti più robusti. E’ un vino rustico e muscoloso e allo stesso tempo fine ed elegante. Le cantine Lonardo sono una piccola azienda che vinifica da circa 12 anni, mi hanno detto che producono dell’Aglianico vecchio stile, espressivo e profondo. Andrò a cercarlo.”

E’ molto interessante notare come la critica internazionale si stia appassionando ai vini campani particolari, fuori dalle righe, influenzando quindi le tendenze del mercato e i consumatori a nuovi gusti profondamente legati ai territori di origine, più che a vinificazioni spinte e concentrate. Questo ci indica che siamo sulla strada giusta, la direzione da perseguire per sdoganarsi dalla solita gamma di bianchi d’annata, magari prodotti fuori territorio per soddisfare il mercato, ed invece specializzarsi sui grand cru della Campania e del Sud, stessa vigna, stesso metodo, la variabile è una sola: l’annata.

Questa scheda è di Giulia Cannada Bartoli

Sede a Taurasi, via Municipio 41.
Tel 081.5442457. Tel e fax 0827.74704.
[email protected]
Enologo: Maurizio De Simone.
Ettari: 5 di proprietà.
Bottiglie prodotte: 20.000.
Vitigni: aglianico, greco