I vini di Maria Furgiero. La Falanghina dorata di Bacoli | Una storia flegrea d’amore e resilienza
di Giulia Cannada Bartoli
Il paradiso è sotto i nostri piedi e sopra le nostre teste. E’ la sensazione che si prova girovagando per i miei amati Campi Flegrei, tra vigne terrazzate, mare e vulcani.
Siamo a Bacoli, a meno di un’ora da Napoli. Un angolo di Eden in un miscuglio inebriante di profumi di zolfo, mare e storia millenaria. Una terra ballerina, dove da secoli si pratica viticoltura eroica su fertili terrazzamenti di origine vulcanica strappati alla cementificazione selvaggia.
Il Comune di Bacoli comprende: Baia, Capo Miseno, Cappella, Cuma (in parte), Faro, Fusaro, Miliscola, Miseno, Scalandrone e Torregaveta. Bacoli si trova nel versante Sud – Ovest dei Campi Flegrei. Dal punto di vista geologico, Bacoli si estende su nove centri eruttivi formatisi tra 16.000 e 8.000 anni fa: Archiaverno (in parte), Bacoli, Porto Miseno, Bellavista, Fondi di Baia, Baia, Mofete (da Scalandrone a Punta Epitaffio), Averno e Capo Miseno.
Il nome “Bauli” era celebre nell’antichità romana: è legato alla leggenda di Ercole, il quale, tornando dalle sue “fatiche”, pare abbia fatto riposare qui i buoi sottratti a Gerione, in latino “boalia”. In passato, inoltre, circolava voce che vi fosse anche tempio eretto in onore di Ercole, denominato “Bovalio”. La posizione geografica e la possibilità di godere dell’amena veduta del Golfo di Pozzuoli, e delle isole di Procida e Ischia, favorirono l’occupazione del sito che, ugualmente al sito di Baiae, divenne tra il I sec. a.C. e il IV sec. d.C. un centro residenziale nel quale trovarono ubicazione le ville d’otium dei personaggi politici romani. La più antica e celebrata dalle fonti letterarie fu la villa dell’oratore Quinto Ortensio Ortalo caratterizzata, secondo una tradizione architettonica specificatamente attestata per l’area flegrea, anche da attrezzature per la piscicoltura.
E’ qui che vive Maria Furgiero, classe 1987 vignaiola bacolese fino al midollo.
Maria, laureata in Lingue, dopo qualche lavoro qua e là, avrebbe potuto scegliere una carriera internazionale, lasciando la sua terra. Circa dieci anni fa invece, apre il cuore a una passione latente: l’amore per la vigna e il vino nato quando, da ragazzina, correva nel vigneto del nonno a Sessa Aurunca, (Ce), antico centro di produzione agricola conquistato dai Romani nel IV secolo a.C. per la sua posizione strategica tra la Via Appia e la Via Latina e favorevole al trasporto delle merci tra Roma e Capua. La sua non è una famiglia di vignaioli, Maria non ha ereditato una cantina, ma solo un attaccamento sconfinato alle sue vigne e alla sua terra.
Insieme con il compagno, Massimo Infante, nel 2017 mette la prima pietra per realizzare il suo sogno nel cassetto. Anche Massimo, con cui la storia d’amore comincia nel 2012, e che racconta “mi ha corteggiato sino allo sfinimento”, avrebbe potuto fare altro nella vita, lo attendeva una cattedra al nord. Due giovani, Ariete ascendente Ariete, occhi castani, cangianti con il sole lei, scuri di “scugnizzo” lui, che decidono caparbiamente di restare e fare qualcosa per la propria terra.
Con loro, il papà di Maria, Onofrio che nella vita fa altro, ma custodisce nel Dna l’antica pratica familiare del fare vino per auto consumo. Mamma Enrica ha scelto di fare la nonna del piccolo Marzio, 4 anni con il nome del dio guerriero e già innamorato della natura e della campagna che, grazie a Dio, preferisce ai giochi digitali.
L’obiettivo è fare vino preservando l’identità del territorio, la biodiversità e la cura dell’ambiente. Maria e Massimo amano profondamente la natura e la propria terra, Bacoli, per la quale nutrono un attaccamento viscerale. Il prendersi cura di questi terreni è dunque non solo un’operazione enologica e agronomica ma, anche una fondamentale attività socio-culturale di salvaguardia della storia e di recupero del paesaggio flegreo. I terrazzamenti vanno curati continuamente, anche solo pochi mesi d’abbandono equivarrebbero a perdere tutto e a mettere il territorio alla mercé del rischio idrogeologico sempre più pressante a causa del cambiamento climatico.
Proprio l’amore per le vigne e per la campagna ha spinto la coppia a concentrare gli sforzi e la fatica nel vigneto: al momento non hanno investito nella cantina, ma hanno deciso di vinificare presso terzi, un produttore al quale li lega stima e profonda amicizia.
Vigna e accoglienza sono il centro del sogno di Maria: in località Spiaggia Romana, nei pressi del lago del Fusaro, sta per nascere un’azienda agricola – vinicola che sarà dedicata all’ospitalità, alla coltivazione delle eccellenze agricole non solo flegree e alla degustazione di prodotti tipici di nicchia della Campania. Si tratta di un appezzamento di terreno, per anni abbandonato, con un rudere fatiscente, in corso di ristrutturazione, che guarda alla Casina Vanvitelliana, sito borbonico di grande importanza storico-culturale a livello internazionale. Maria, che è anche sommelier e Donna del Vino, accoglierà gli ospiti, mentre Massimo si dedicherà alla cucina.
Quest’ampia zona di terreno, confinante con il Parco della Quarantena di epoca fascista (dove sostavano gli animali esotici provenienti dalle coste libiche e dalle colonie africane dell’Impero d’Etiopia e dal corno d’Africa, prima di far popolare l’allora nascente zoo di Fuorigrotta) e che oggi è area verde attrezzata e pic-nic, può essere definita il polmone verde di Bacoli, data la presenza di alberi storici e di ampie fasce di macchia mediterranea. Senza dimenticare che a pochi km di distanza sorge la fitta Foresta di Cuma, a ridosso della collina e dell’acropoli della famosa colonia greca da cui partirono i fondatori dell’antica Neapolis. Maria, socia di Coldiretti, è la responsabile delle Donne Flegree dell’associazione.
Nel bellissimo vigneto a conca di Bacoli, poco meno di un ettaro con vista mozzafiato su Capo Miseno da un lato e sul Vesuvio dall’altro, la coppia, insieme con papà Onofrio, si dedica dall’alba al tramonto, a tutte le fasi della lavorazione e della cura della vigna. Alla vendemmia partecipa l’intera la famiglia, una volta riempite le cassette, il camion sfreccia veloce verso la cantina, dove Massimo e Maria seguiranno attentamente tutte le fasi della vinificazione fino all’imbottigliamento.
La ricerca della qualità è maniacale: le uve sono selezionate acino per acino e si vinifica solo quando gli standard sono elevati, per questa ragione alcune annate non sono state imbottigliate. La produzione è quindi molto ristretta con bottiglie numerate.
L’attenzione di Maria è volta soprattutto alla difesa della biodiversità, adottando metodi di vitivinicoltura che rispettino la pianta e l’ambiente, oltre a perpetuare l’utilizzo di pratiche agronomiche ed enologiche tradizionali. Per propagare la vite il sistema vecchio di secoli è quello della calatoia: per creare una nuova pianta dalla vecchia. E’ un sistema che richiede tempo, circa due anni per “staccare” la figlia dalla madre, dopo avere scavato una trincea intorno alla vecchia per sistemarvi un suo tralcio che “calato” (interrato) diventerà poco alla volta una nuova pianta, esatto clone della precedente.
Tra i filari non si pratica diserbo: c’è solo vegetazione spontanea che viene trinciata e interrata. Nel vigneto ci sono alcuni alberi di profumatissime arance e limoni, anche i resti della loro potatura va a nutrire il vigneto. Ad anni alterni si pianta il favino per accrescere la quota di azoto a nutrimento della vite. Solo trattamenti naturali: rame e zolfo ridotti al minimo indispensabile.
A riprova dell’atteggiamento rispettoso verso piante e animali, tra i filari accade spesso di rinvenire nidi di uccelli e piccoli secchielli d’acqua che Maria offre loro per dissetarsi.
Quattro le etichette: due Falanghina, una Piedirosso e l’ultima Aglianico del Roccamonfina. I nomi dei vini sono ispirati alle divinità greche: Persefone e Beata Venere per la Falanghina Campi Flegrei Dop. Demetra per l’Aglianico, mentre, il Piedirosso ha un nome in dialetto “ Vir’tù” a significare l’invito ad ammirare la bellezza del panorama che si gode dal vigneto di Bacoli.
Ho camminato la vigna (come amava dire il grande Gino Veronelli) con Maria e Massimo con un suggestivo “saliscendi” tra un terrazzamento e l’altro, in un caldo e ventilato pomeriggio di fine agosto. Lo spettacolo mi ha tolto il fiato: la Falanghina dorata di Bacoli, diversa da quella di altri areali flegrei e il più “timido” piedirosso, mi sono apparsi nella pienezza del loro splendore. A qualche settimana dalla vendemmia, inizio ottobre per la Falanghina, e seconda decade inoltrata di ottobre per il Piedirosso, i grappoli sono meravigliosi, sani e ricchi di buone promesse.
Al termine del giro ho voluto assaggiare il vino in vigna, seduti senza formalismi e in grande convivialità, su vecchie sedie intorno a un tavolo allestito alla buona.
Quando è il vino a parlare non servono salamelecchi.
Ho degustato Persefone 2018 e Beata Venere 2022, entrambe Campi Flegrei Dop e prova, se ancora ce ne fosse bisogno, che la Falanghina flegrea. se lavorata bene in vigna e in cantina, può offrire straordinarie prestazioni in termini di longevità.
Persefone Campi Flegrei Dop Falanghina 2018: il nome celebra la dea della primavera ed è un omaggio alla rinascita. Da queste uve, coltivate sulla collina di Cigliano a Pozzuoli, sono state prodotte soltanto 2.260 bottiglie numerate a mano. Affinamento in acciaio per 9 mesi, imbottigliata nel 2019, permanenza in bottiglia per almeno 10 mesi. In questo caso siamo molto oltre.
Il calice si riempie di giallo dorato intenso, quasi antico. Il naso, elegante e sottile, si apre con una nota minerale di idrocarburi affumicata e tipica dell’evoluzione della falanghina flegrea. A seguire in successione, note evolute di agrumi canditi, frutta gialla matura, fieno, una nota di miele d’acacia, per chiudere con il tipico tocco cinereo e salmastro del mare che è a un passo.
Il gusto è intensamente sapido e minerale. Composta ed elegante la corrispondenza gusto – olfattiva. L’ottima persistenza minerale e sapida, ben bilancia la struttura (13%), facendone una piacevole compagna per i piatti campagnoli della cucina campana.
Buono il posizionamento a scaffale, considerata l’annata e l’esiguità del numero di bottiglie prodotte, 12.50 € + IVA
Beata Venere Campi Flegrei Dop Falanghina 2022: il nome s’ispira al mito di Venere, divinità che protegge l’amore in tutte le sue forme. Appena 2.388 le bottiglie prodotte dal vigneto a conca di Bacoli, a circa 200 mt. s.l.m., esposto a sud/ovest con il sole che accarezza la Falanghina dorata di Bacoli dall’alba al tramonto. Il mare si tocca con lo sguardo. Stessa vinificazione di Persefone. Vendemmia a ottobre 2022, imbottigliata nell’estate 2023.
Il vino si presenta giallo paglierino carico e brillante con evidenti sfumature dorate. Il corredo olfattivo è meno evoluto: la nota terziaria si percepisce appena, il suolo di Bacoli è più sabbioso rispetto a quello di Cigliano. Seguono note di frutta bianca, erbe aromatiche e piacevoli incursioni agrumate, con un chiaro ricordo di scorza di cedro.
Il gusto è fortemente salino e appena meno minerale rispetto al vino precedente. La progressione gustativa è comunque dinamica con precisi richiami all’olfatto, governata da un’importante spalla acido/sapida e piacevole chiusura amarognola. Queste caratteristiche gustative garantiscono buoni abbinamenti con formaggi freschi, mozzarella di bufala e cucina vegetale o con legumi. Ottima su una bella pasta e ceci “azzeccosa” o sulla fantastica Genovese di ‘Ncopp’ a’ terra a Pozzuoli. Il moderato grado alcolico (12,5%), insieme con freschezza e piacevolezza di beva, ne fanno un vino moderno e capace di soddisfare le difficili richieste del mercato di questo periodo.
Buon posizionamento in enoteca circa 12,00 € +IVA
I progetti per il futuro sono tanti. Maria è prudente, Massimo getta il cuore oltre l’ostacolo. Gli assi nella manica delle donne sono passione, creatività, velocità di pensiero, pazienza e capacità multi tasking. Asset al femminile che costituiscono quel valore aggiunto così speciale nell’approccio al complesso mondo del vino di oggi. Non importa quanto tempo ci vorrà, bisogna essere coraggiosi, pazienti e andare avanti, qui la terra, pur ballerina, è fertile e generosa e lo sguardo non ha confini.
Quello di Maria Furgiero e Massimo Infante è un bel racconto ricco d’amore e dedizione, frecce al loro arco per realizzare il comune sogno in una terra che ha tantissimo da offrire a chi sa guardare con gli occhi del cuore, i Campi Flegrei.
Questa storia ricca di forza, senso d’appartenenza, passione e coraggio è un grande esempio di imprenditoria femminile e giovanile, nonché di resilienza in un territorio che lotta costantemente con il fenomeno del bradisismo e la fuga di cervelli.
Vado via al tramonto travolta da una saudade tutta flegrea, grata alla vita e riconciliata, per un momento, con un mondo in cui prevale il buio della guerra.
Maria Furgiero Vini
Via Delle Spiagge Romane Bacoli 80070 (Na) tel.338.64.222.56
[email protected] www.mariafurgierovini.it (under construction) FB–IG @mariafurgierovini Ettari:1. Bottiglie prodotte: 6.000 Conduzione enologica: Maria Furgiero












