Il Catalenesca


di Gaspare Pellecchia*

Ieri sera, durante il corso di degustazione, abbiamo presentato ai soci una chicca: un vino prodotto con uve ufficialmente classificate come “da mensa”, cioè uve da tavola, e quindi non ammesse alla produzione di vini (se non per consumo familiare). In realtà, questo vitigno, arrivato dalla Spagna circa cinquecento anni fa, si è perfettamente acclimatato sulle pendici del Vesuvio: qui, i nostri contadini-vignaioli, ciascuno seguendo una propria ricetta, partendo da queste uve, ottengono profumatissimi vini bianchi, con tutti i pregi (l’energia) ed i difetti (l’instabilità) che caratterizzano le produzioni artigianali. Non solo, c’è da aggiungere che questo vitigno, già oggetto di studi del prof. Carmelo Pasquarella (che, negli anni del metanolo, si faceva tradurre alcuni passi di Columella, Plinio e Varrone, per poterli poi confrontare con le sue “eroiche” ricerche ante litteram sugli autoctoni campani), è stato ancora oggetto, ultimamente, di lunghi ed attenti approfondimenti compiuti, stavolta, dalla Regione Campania. Nonostante questo, il Catalanesca rimane un vitigno non ammesso alla produzione “ufficiale” di vino! (anche se, in realtà, viene impiegato da molti per dare una spinta aromatica alla Coda di volpe)… Il Catalanesca in purezza, gentilmente offertoci dall’azienda napoletana “Olivella” (di cui ringrazio il sig. Domenico Ceriello per la piacevolissima cortesia), pertanto, non può (e non è) immesso in commercio: più che altro è da considerarsi, ancora una volta, soltanto una coraggiosa ricerca sulla bontà che uno storico vitigno autoctono minore campano potrebbe esprimere, anche se prodotto seguendo una vinificazione di tipo commerciale. Dopo tutte queste premesse affermo, a parere mio, che la trafila industriale dovrebbe solo limitarsi ad integrare la vinificazione tradizionale, con un ridottissimo intervento di tecnologia moderna, e non viceversa, come è invece prassi! Questa integrazione (del vecchio con solo un po’ di nuovo) non è forse l’unica strada giusta che, da anni, si sarebbe dovuta percorrere qui in Campania?

*Presidente Associazione Terra di Vino www.terradivino.it