In mezzo secolo la birra è migliorata, la condizione della donna invece decisamente peggiorata: dal maschilismo rurale al maschilismo di consumo urbano



La questione è stata sollevata da Eugenio Signoroni, curatore della Guida Osterie d’Italia di Slow Food in questo post

 

Credo che non ci sia immagine più emblematica di questa per capire cosa è successo nell’ultimo mezzo secolo nella società italiana e mi ci voglio soffermare, osservando come il cibo e la sua rappresentazione siano sempre lo specchio della società.
La prima reclame è del 1970, batteva su alcuni luoghi comuni come la passione per le bionde degli italiani e anche se adesso fa abbastanza arricciare il naso equiparare una donna a una birra giocando sul termine bionda bisogna ammettere che l’immagine è ammiccante ma non volgare. In fondo è ancora espressione di un maschilismo rurale, patriarcale, per certi versi anche protettivo, in una società dove i ruoli sessuali erano ancora predefiniti in famiglia se non nelle grandi città sicuramente nella maggioranza delle province.

La seconda immagine è volgare nel suo esplicitare un tempo in cui non si ha più tempo, perché il corteggiamento e il desiderio sono considerati tempi morti, l’importante è andare subito al sodo, che poi fa anche tanto figo fra tatuati dal volto truce e dal cervello vuoto.
E’ il frutto di un maschilismo di ritorno in cui il maschio non ha più un ruolo predefinito ma è diventato un semplice consumatore e il sesso diventa merce al tempo stesso più facile da trovare e più difficile da gestire una volta che la stessa libertà non è prerogativa solo degli uomini. E perché la visione della donna è sempre più complessa e articolata di quella dell’uomo. Da qui la violenza, le violenze atroci sempre più diffuse, frutto anche di trent’anni di tv commerciale in cui la donna sostanzialmente deve solo sculettare nell’ambito di un Bunga Bunga che invece di inorridire fa sorridere ancora.

Eugenio Signoroni è persona di grandi principi ma felpato e prudente nei modi. Ha coperto la marca di questa birra artigianale.
A noi piacerebbe tanto conoscerla per usarla come potente emetico.

8 Commenti

  1. Oltre ad essere un post di un post, ironico per giunta, che non è stato direttamente fatto dal birrificio in questione, trovo il suo articolo inutile e bigotto. L’immagine rappresenta semplicemente la scelta libera di una signorina che pubblicizza la lattina così..e allora? Il birrificio risposta l’immagine..e quindi,? È solito farlo anche con immagine sobrie. Forse manca a tutti un po’ di leggerezza.

    1. Sinceramente non so quale sia il confine fra leggerezza e pesantezza. Trovo pesantemente irricevibile una immagine del genere per la birra e per qualsiasi genere alimentare e preferisco dividere i comportamenti da quelli seri e profondi da quelli alla ricerca, costi quel che costi, di un po’ di pubblicità. Questa immagine non mi trasmette niente della birra, dovrei sceglierla solo perchè appoggiata ad una bella fica? Ecco, questa sarebbe leggerezza.

      1. Il suo focalizzarsi su questa immagine mi inquieta a questo punto. Non è la campagna pubblicitaria del birrificio (differenza saliente con l’immagine a fianco alla quale la paragona)ma questo lei non lo sa, perché ignora il birrificio, ignora le sue birre, altrimenti sceglierebbe di berle per il semplice fatto che è uno dei birrifici migliori d’Italia, che cavalca l’onda per le sue birre e di certo non ha bisogno di accalappiarsi “nuovi inesperti” clienti. Non le beva le birre di questo birrificio, dia retta a me, ne rimane per chi le sa apprezzare.

        1. Il Birrificio in questione ha ricondiviso l’immagina, fa differenza? Fossi stato io non avrei mai accettato una tale banalizzazione e una tale volgarizazione del mio prodotto. Ma evidentemente per lei gli affari non hanno etica e si trova a suo agio in un mondo dove tutto viene mercificato, anche la dignità.

          1. Dal momento che non ci conosciamo, gradirei del lei, se non le dispiace. Non ho alcun ruolo nel birrificio. Sono una donna appassionata di birra artigianale. Conosco le birre del birrificio in questione. E conosco i fatti, perché la foto in questione non è, ripeto, non è la pubblicità del birrificio. In generale mi piace informarmi sui fatti, non prendere spunto dagli articoli degli altri e scriverci la prima banalità bigotta che mi viene in mente.

  2. Netiquette, caro Lauro, netiquette.
    L’accenno al bigottismo di chi giustifica la volgarità non può mai mancare. Perdonami se ho frainteso la passione da te posta in difesa di suddetto birrificio, che ha comunque fatto una scelta di immagine per quanto quella non sia una pubblicità.

  3. L’errore di battitura una seconda volta. La o al posto della a, incredibile svista, la sua. Del Lei si, lo preferisco ancora. Netiquette è un approccio troppo smart e morbido.
    Ah! Ho scritto bigottismo? Pardon, queste tastiere giocano brutti scherzi talvolta (nevvero Kitte?), volevo scrivere maschilismo.

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