Le Chiacchiere di Carnevale, Brigitte e l’effetto Quaresima


Chiacchiere, dal web

Chiacchiere, dal web

di Marco Galetti

Il Rito Ambrosiano mi segnala, con una notifica celestiale, che qui a Milano il Carnevale si concluderà sabato quattro marzo.

Per mantenere il peso forma ed una forma accettabile, in questo periodo ho evitato di passare troppo vicino alla pasticceria dove solitamente mi fermo per un caffè, la subdola, risentita per il mio atteggiamento, per puro dispetto ha sparso aromi di dolci carnevaleschi con maggior intensità del solito.

Da quanto tempo non mangio un chilo di tortelli, dolci, fritti e ripieni di crema, da accompagnare con quattro chiacchiere tra amici e al forno, quando gli eccessi erano la consuetudine la salute non era un problema, adesso basta sgarrare un attimo che mi arrivano messaggi vibranti, lampeggianti, sonori dello stesso tenore, hai preso una strada sbagliata, se non vuoi ridurti come un cencio, niente cenci.

L’indice glicemico mi punta addosso un dito di monito, evito di guardarlo negli occhi, poi sento il fiato sul collo della Quaresima in avvicinamento e capitolo, compenserò eventuali carenze affettive in altro modo, tolgo il vestito da Zorro dal cassetto dei ricordi, indosso la mascherina e mi concedo un ricordo  di quelli dolci, sperando non mi lasci l’amaro in bocca.

Invitai un’amica a casa, mi avrebbe aiutato nella scelta dei vestiti per la festa in maschera, portò degli abiti orientaleggianti, in qualche modo una volta indossati ricordavo uno sceicco, mentre mi vestiva, purtroppo, non buttò l’occhio né altro  sotto la cintura damascata, poi in discoteca da buoni amici ci perdemmo di vista, era la seconda volta nella mia vita da adulto che mi mascheravo.

Mi sentivo un po’ ridicolo, uno sceicco fuor d’acqua, poi la vidi, vestita da odalisca, inevitabilmente la avvicinai, dopo la festa ci fermammo nel Parco delle Basiliche, aumentò il battito cardiaco, diminuì quello dei nostri orologi che poco prima dell’alba, smessi e rimessi i panni dello sceicco e dell’odalisca, ripresero un battito regolare.

La prima volta che mi mascherai era Inverno, arrivammo in moto e in pigiama davanti all’ingresso di un locale, pur indossando stivali invece delle pantofole ci fecero entrare.

Lui era basso, largo, scuro, vecchio, per i nostri parametri di allora, brutto, probabilmente ricco e potente, adagiato su un divanetto circondato da “topastrone”   che  facevano a gara per strofinarsi contro i baffoni di questo Emiliano Zapata più conquistatore che guerrigliero, oggi mi spiego quel che allora ci sembrò inspiegabile..

La stessa sera incontrammo un amico comune che anni dopo sarebbe stato a capo di una delle più importanti agenzie di modelle nella capitale della moda, si fermò con noi solo qualche minuto, il tempo di presentarci la sua nuova ragazza, una giovane modella danese, la loro storia in parte sotto traccia durò negli anni, poi Gitte, divenne famosa, sposò Stallone e si allontanò da Milano, ma il primo amore, soprattutto se misura centottantacinque  centimetri ben distribuiti, non si scorda mai, forse anche Luca, l’Apache, ogni tanto ripensa ad una dea in pigiama.

Gitte

Gitte

Gitte, come eravamo, dovesse presentarsi Rambo, punto nell’orgoglio, potrei sempre dirgli che è stato solo uno scherzo di Carnevale, sperando che Gitte non mi smentisca.