Lejla Mancusi Sorrentino, La patata. Storia – Leggende – Ricette. Grimaldi & C


di Alfonso Sarno

Due anni fa Lejla Mancusi Sorrentino pubblicò per Grimaldi & C.,un libro sul pomodoro, arricchito da 100 ricette. Oggi, per lo stesso editore, è in libreria con La patata. Storia – Leggende – Ricette dove con rigore scientifico e vivace scrittura racconta l’avventura di un alimento che, dopo un periodo di ostracismo finalmente approdò sulle tavole di tutto il mondo. Ma, stranamente, prima su quelle dei ricchi aristocratici, perché i ceti meno abbienti non la gradivano, anzi la guardavano con sospetto, ritenendola troppo simile a piante velenose come la belladonna.
E non basta: credevano che potesse provocare allucinazioni, lebbra, peste e malattie veneree e, se coltivata, maltempo e cataclismi; soprattutto la temevano perché, – raccontava una leggenda – le streghe ne mangiavano le foglie prima di volare per il cielo sulla scopa. Insomma, un immeritato disprezzo per la povera patate «cibo – scrive l’autrice – sano, gustoso, digeribile e nutriente», democratico e versatile visto che si adatta ad ogni mensa e può essere preparato nelle più diverse maniere. Tubero commestibile appartenente alla famiglia delle Solanacee e non una verdura come molti credono, la patata giunse nel Cinquecento in Europa dal Nuovo Mondo scoperto da Cristoforo Colombo insieme con mais, pomodoro, cacao ed altri alimenti sconosciuti, oro e smeraldi trafugati agli Incas. Fu questo l’inizio – prima di potere essere sdoganata ed affermarsi – di un accidentato e secolare percorso, attentamente tratteggiato da Lejla Mancusi Sorrentino che, in cinque capitoli, ne ripercorre i vari momenti iniziando dalla storia per poi passare alla coltivazione e produzione delle piante, al suo ruolo nell’alimentazione, argomenti – questi – accompagnati da brani tratti da libri scientifici e divulgativi per finire con un buon numero di ricette di autori: così le patate in fricassé di Vincenzo Corrado, il sontuoso gattò di Jeanne Caròla Francesconi, l’insalata di patate di Pellegrino Artusi armonizzano con la zuppa ‘e pesielle e patane del cantante Enzo Avitabile e le patate a zuppa con la pasta dell’attore di “Un posto al sole” Patrizio Rispo. Gran finale con una trentina di ricette firmate dall’autrice.
«Mi piaceva ripercorrere – dichiara Lejla Mancusi Sorrentino – la storia della patata, ingrediente che può essere cucinato in tante maniere, elemento principale di numerosissime ricette, perfetta sia come primo piatto che come secondo o contorno perché, nei secoli scorsi, è stata la salvezza di molt popolazioni dell’Europa quando, per carestie e guerre, letteralmente morivano di fame. All’inizio disprezzata e ritenuta cibo per i maiali, tanto che persino i più poveri rifiutavano di mangiarla, fu valorizzata grazie all’opera di persone illuminate che ne avevano comprese le sue infinite potenzialità». Tra queste, il merito, va, soprattutto, ad Antoine-Auguste Parmentier, farmacista francese, autore nel 1789 del “Trattato sulla cultura e sull’uso dei pomi di terra, delle patate e dei topinambur”. Fu lui che, con uno stratagemma, convertì le classi povere a consumarla facendo inviare dal re soldati armati a presidiare, dall’alba al tramonto, i terreni coltivati a patate. L’intervento dell’esercito convinse contadini ed operai del valore del tubero, iniziarono di notte a rubarlo per mangiarlo. Ma non basta: da esperto comunicatore donò a Maria Antonietta dei fiori di patata, la loro bellezza conquistò la regina che li usò per adornarsi i capelli. Una accorta strategia che culminò nel 1767 con la cena delle patate, tenuta nella reggia di Versailles riservata soltanto all’alta aristocrazia: venti piatti diversi, tutti a basa di patate. Fu un successo, il negletto tubero si trasformò in cibo da re.