Luca Lacalamita e l’omaggio ad Adrià


di Monica Caradonna

Piatto n°1446. Catalogo di El Bulli.

Choco-air El Bulli

Choco-air El Bulli

Gennaio 2021, omaggio a El Bulli firmato da Luca Lacalamita. Choco-air, nel box Gratitude.

Choco-air di Luca Lacalamita

Choco-air di Luca Lacalamita

«Era un po’ di tempo che pensavo di voler riutilizzare una tecnica appresa al El Bulli.  Parlando e ragionando con i miei ragazzi ho deciso di metterla in pratica lasciandomi ispirare dalla tradizione del carbone portato dalla Befana e realizzando, così, il mio omaggio personale alla grandezza di El Bulli».

Luca Lacalamita in quel ristorante ubicato a Roses, sopra Cala Montjoi, c’è stato per quasi due anni e a soli 22 anni ha vissuto «l’esperienza che più mi ha marcato a livello emotivo, sensoriale e cerebrale». Quasi due anni nella cucina di El Bulli. E non solo nella cucina poiché Luca ha vissuto la fase di progettazione creativa a El Taller a Barcellona, il laboratorio dove è stato tra i pochissimi a poter fare uno stage per poi riproporre la teoria e metterla in pratica nel piatto.

«Ho avuto la fortuna di vivere tutto il concetto alla base del libro Natura, ovvero l’interpretazione al naturale di Albert Adrià, la trasposizione di elementi naturali in versione dessert» – racconta Luca Lacalamita.

Oggi a margine della realizzazione di questo suo nuovo dolce ispirato al lavoro e all’unicità di quel ristorante, approfittiamo per ripercorrere con lui l’esperienza vissuta al fianco dei fratelli Adrià e il suo percorso professionale e umano

Luca Lacalamita con Ferran Adria' a El Bulli

Luca Lacalamita con Ferran Adria’ a El Bulli

Cominciamo dalla fine. Ed è quindi Choco- air….

«Quello che si faceva a El Bulli era un dolce con all’interno una sezione di cioccolato bianco. Si riprendeva una tecnica di Heston Blumenthal, quella di un dolce con all’interno una sezione di cioccolato soffiato, ma poi come per tutto, c’era una personalizzazione identitaria, adattando un processo a nuovi gusti. In questo caso a El Bulli hanno ripreso quella tecnica e l’hanno adattata a nuovi gusti, come il cioccolato bianco e il burro di cacao mescolato con una polvere di frutta liofilizzata. L’idea era prendere e rielaborare una tecnica, ripresentarla in maniera del tutto personale. E io ho avuto la fortuna di vivere quel processo creativo.

Choco-Air è nato come una parte di un dessert che si chiamava La Roca (La Roccia-ndr) a base di tè verde matcha, mandarino, un dessert molto erbaceo e fruttato. Successivamente si è pensato di sperimentare questa tecnica aggiungendo dei sapori e farlo diventare un vero petit four per pulire il palato e chiudere il pasto.

Oggi, a distanza di anni, partendo dalla tradizione del Carbone portato dalla Befana, ho voluto celebrare il mio omaggio personale a quello che ho imparato.

È nato così il mio Choco-air realizzato con quella stessa tecnica ma con un cioccolato fondente al 70%, un monorigine di Tanzania e lavorato con olio extravergine d’oliva».

 

Cos’è stato per te El Bulli?

Un’esperienza incredibile. La leggenda che El Bulli porta con sé resterà unica perché si è trattato di un metodo che non si può replicare nella ristorazione mondiale. Per 45-50 clienti una brigata composta da 60 cuochi. E a chi definisce la cucina di Adrià – quasi sminuendola – semplicemente molecolare, dico che è completamente fuori strada perché in una cucina con 60 cuochi per quel numero di clienti si realizza il massimo della sartorialità e dell’artigianalità.

 

Com’è iniziato?

All’epoca ero da Carlo Cracco e quando gli comunicai che sarei andato da Ferran Adrià, nonostante il dispiacere del distacco, mi disse che non avrei mai potuto perdere l’opportunità di vivere un’esperienza del genere. E aveva ragione.  Sono entrato direttamente in pasticceria, ma prima, come tutti, sono passato dallo step delle pulizie e della cura del giardino delle erbe aromatiche. Poi però ho avuto la fortuna di vivere le due fasi creative di El Bulli.

 

Ovvero?

C’era un percorso creativo che si sviluppava nel laboratorio El Taller a Barcellona. Ciò che veniva elaborato e sperimentato in inverno lì, veniva poi, durante la stagione di apertura, utilizzato e applicato con l’aiuto di cuochi e stagisti per essere perfezionato in un piatto.

 

Ti manca quel metodo di lavoro?

L’ho portato con me fa, parte del mio metodo. Nella visione di Lula c’è l’idea dello scambio, della condivisione che si ottiene attraverso il confronto diretto. Anche nel mio laboratorio continuo a fare ricerca, in primis sul prodotto agricolo e su tutte le sue fasi per quanto riguarda la farina, e se parliamo di dessert, sulla frutta di prossimità. Il mio è un laboratorio e come tale si agisce per raggiungere una grande sfida, lavoriamo sulle grandi idee rendendole accessibili.

Lula, esterno

Lula, esterno

Ti manca El Bulli?

Mi manca l’adrenalina di essere lì. Negli anni con Albert ci siamo visti, ci siamo sentiti. Con lui c’è un rapporto confidenziale perché siamo stati più a contatto. Ma in ogni caso ho la consapevolezza di aver avuto la fortuna di essere in Spagna in quel decennio incredibile, fatto degli Adrià, dei Roca, di Berasategui, un decennio che ha cambiato qualunque cuoco abbia lavorato lì in quel periodo di grandi stravolgimenti.

 

E oggi?

Oggi sono travolto positivamente dai grandi cambiamenti e da cose assolutamente inaspettate che mi sono accadute. A breve chiuderemo per una settimana. Ho bisogno di fermarmi, capire quanto accaduto n questi mesi convulsi ma positivi, e pensare al futuro e a cosa fare in vista delle prossime scadenze per organizzare il lavoro al meglio.