Menu Degustazione / Osteria Capocotta, Sestri Levante


Capocotta. Fusilloro ai pomodori, burro nocciola, lime e stracciatella di bufala

Osteria Capocotta. Fusilloro ai pomodori, burro nocciola, lime e stracciatella di bufala

di Fabrizio Scarpato

In autunno la Baia del Silenzio diventa tautologica, vera per definizione. Ti si para davanti appena svoltato l’angolo di un palazzo con le fondamenta sulla sabbia, a un metro dal mare: buia o quasi, deserta o quasi, silenziosa o quasi. La gente bisbiglia parole sottovoce, l’onda sciaborda lenta, l’aria sciroccheggia, incurante del ticchettio dei tacchi di quei pochi che, di bolina, sono arrivati sin qui. Finite le onomatopee, basta seguire lo scricchiolio della scarpe (l’ultima, poi basta) sui granelli di sabbia portati dal vento, per infilarsi nel dedalo intricato dei carruggi di Sestri, gialli di luci fioche, colorati di toni pastello, acciottolati di quei sassi tondi che un tacco dodici bestemmia subito di suo. In un vicolo due lampade a muro illuminano l’entrata dell’Ostaja Capocotta: chissà perché mi piace immaginarla col freddo, magari col vento, la luce che squarcia la nebbia… ma siamo a Sestri Levante, mica a Honfleur, per dire un posto a caso.

Però, mettila come ti pare, l’atmosfera è calda, e dell’osteria è rimasta forse solo la vecchia scritta, serigrafata sul vetro all’ingresso: ricorri ancora un po’ alla vista e all’udito per capire che molto del silenzio della Baia è fortunatamente finito tra le pareti di sasso di questo budello stretto, lungo e accogliente, colorato in prevalenza nei toni del rosso bordeaux. Nel bellissimo pavimento in graniglia genovese spicca un’àncora, che mi piace pensare sia stata lasciata lì a raccontare un approdo, a testimoniare l’aver trovato terra, o casa. Qualcosa di vero ci deve essere, però, visto che il cuoco Jorg Giubbani è un giovane sestrese che si è fatto le ossa per la gran parte in Val Badia, dove c’è freddo, dove c’è la nebbia, ma dove sicuramente manca il mare, e un porticciolo a cui attraccare. La strada, le fiaccole e le lampare per illuminare la via, gliel’hanno indicata i proprietari di questo bar con cucina (detta così sembra francamente riduttivo) a loro volta probabilmente bisognosi di un posto caldo, inteso come un luogo in cui bruciare passione e savoir faire, entrambi dispensati in sala con grande signorilità.

Irretito dall’atmosfera, non ti parrà vero iniziare pescando dalla carta un Uovo poché con pappa di pomodoro, acciughe e caviale: inevitabile che il rimescolamento porti a profumi casalinghi sedimentati nel tempo, cose confortevoli già all’olfatto, cui facilmente contribuisce la croccantezza di piccoli cubi di pane abbrustolito, mentre la sapidità volante e occasionale di certe cucchiaiate ha un po’ il compito, in fondo necessario, di svegliarti in un sussulto di attualità.

Capocotta. Uovo 68 pappa al pomodoro, acciuga del Cantabrico, caviale Asetra

Capocotta. Uovo 68 pappa al pomodoro, acciuga del Cantabrico, caviale Asetra

Osteria Capocotta
Piccoli schiaffetti di gusto per affrontare attenti e pronti lo Spaghettoro Verrigni in salsa barbeQUE (scritto così), tartare di scampi e zabaione delle loro teste: che sia uno dei piatti firma lo si intuisce già dal colore, ottenuto dalla mantecatura in estratto di barbabietole, che riprende quello dominante nel locale, ma soprattutto perché improvvisamente ti spiazza, portando l’assaggio in un ambito prettamente tattile, in cui il gioco di consistenze prende il sopravvento rispetto al gusto. E’ una bella lotta, perché dapprima cerchi una nota acida o piccante che contrasti la tendenza dolce diffusa, salvo poi accorgerti che spolveri il piatto con avidità commisurata alla mordacità della pasta (che si potrebbe tirare al chiodo ancora di più), alla freschezza suadente dei brani di crostaceo e alla setosità dello zabaione. La salsa bbq fa da sfondo, senza spinta, ma forse tenendo i fili di un tutto di grande personalità.

Capocotta. Spaghettoro salsa barbeQUE, crudo di scampo e suo zabaione

Capocotta. Spaghettoro salsa barbeQUE, crudo di scampo e suo zabaione

L’immagine dell’àncora si può caricare di diversi significati, e quindi esagero, nel senso che a questo punto da una parte le papille richiedono un’àncora di salvataggio, e dall’altra perché un’ àncora èvoca racconti o immagini di viaggi, magari per mare. Così viene facile domandarsi se il cuoco non abbia prima o poi attraccato anche in Costiera sorrentina, incrociando esperienze e padelle con gente e cucinieri del luogo. Assaggiando la delicata potenza citrina dei Fusilloro Verrigni, pomodori, lime e stracciatella di bufala, hai la sensazione di ritrovare un vecchio amico, e, soprassedendo sulla constatazione che il famoso Delicato Sorrentino prevede anche il pesto di basilico ( cavolo, siamo o no in Liguria…), ti scapicolli nell’autoscontro di gusti, divertendoti come un bambino. Allo stesso modo la Parmigiana di triglia, potrebbe ispirarsi a quella col pesce bandiera di Vico Equense, e in fondo te ne può importare molto poco, di fronte a un piatto carnoso, fresco di un buonissimo pomodoro, perfettamente equilibrato tra note acide e affumicate, tra morso e slurpeggiamenti.

Capocotta. Parmigiana di triglia

Capocotta. Parmigiana di triglia

Sì è vero, avevo detto basta, ma le voci onomatopeiche aiutano a semplificare il susseguirsi di sensazioni e suggestioni che rimbalzano in una cucina contemporanea e complessa, in certi casi anche spiazzante, tuttavia mai complicata, anzi equilibrata e compiuta, forse da snellire, ma in cui si ritrova il piacere di affondare la forchetta, o il cucchiaio che sia, senza cincischiamenti, anzi con gusto, e qualche altro senso sparso.

La metafora dell’àncora oggettivamente non può più soccorrermi, alla fine, di fronte a un dessert che ruota intorno alla mela, probabilmente ricordo, o incubo, della permanenza altoatesina dello chef, a sottolineare come il chilometro qui non sia necessariamente zero, ma possibilmente buono: e meglio ancora se porta dritto al cuore. Si chiama Melaviglioso, il dolce: e francamente è molto buono, tanto buono e complesso che non vale la pena descriverlo, meglio mangiarlo, perdendosi nel gioco di sfoglie, sablé, cremosi, scrocchi, succhi, poco zucchero e corpose botte acide che inevitabilmente, come ci sottolineano, giocano intorno alle sfumature di uno strudel nemmeno poi tanto immaginario. Poi all’improvviso: « posso offrire un Calvados?», e succede che in Normandia ti ci ritrovi per teletrasporto, fantasticando come davvero Honfleur non sia poi così diversa e come la Baia del Silenzio abbia lo stesso fascino immobile e immutato del Vieux Bassin…

Capocotta. Melaviglioso, cremoso alla mela verde, gelato al dulce de leche, sable', uva fragola, pinoli sabbiati

Capocotta. Melaviglioso, cremoso alla mela verde, gelato al dulce de leche, sable’, uva fragola, pinoli sabbiati

Maccaja, scimmia di luce e di follia, foschia, sonno, pesci, fantasia… Fuori piove. Benedetto scirocco.

Osteria Capocotta
Vico Macelli 8
Sestri Levante

 

2 Commenti

  1. Scarpato is back, adesso sono c@zzi, senza nulla togliere alle immagini, avrebbe potuto mandare il pezzo come si faceva una volta, una piccola foto dell’insegna e il testo, poi possiamo e dobbiamo tutti confrontarci con PG, VG, RG e con tutte le altre targhe automobilistiche, ma sull’ottovolante ci si va solo con pezzi PANDA come questo.

  2. … per dieci secondi ho letto “… adesso sono cauzzi…” ;-) . Lapis, vagamente freudiano e aterosclerotico, ma non abbastanza per ringraziarti (fatto salvo che io mai stato su un ottovolante… giocavo coi pesci rossi, prima, e coi cannoncini e birilli, dopo… si vincevano bottiglie, pessime, ma qualcosa avrà voluto dire…

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