Moscato di Scanzo, il sorriso di Giulia e altri descrittivi


 

Moscato di Scanzo DOCG 2011, Azienda Agricola Biava

Moscato di Scanzo DOCG 2011, Azienda Agricola Biava

di Marco Galetti

E’ la DOCG più piccola d’Italia, produzione minima, godimento massimo.

Questa rarità nel mondo enologico dal colore rosso rubino brillante che profuma di rosa e cannella, ma anche di marasca, salvia e frutti di bosco, dolce e persistente al palato, è prodotta a Scanzorosciate.

Il prezioso vitigno a bacca rossa è stato portato sulle colline bergamasche da coloni romani, fonti storiche attestano la produzione di un moscatello già nel I secolo A.C.,  il terreno sul quale sorgono le vigne è ricco di sas de luna, una pietra calcarea che conferisce al vino quei minerali che lo rendono unico e prezioso, noto nelle case della Milano e della Venezia rinascimentali e conosciuto persino alla corte degli zar di Russia, sembra che nel settecento, fosse il vino più caro al mondo, oggi è sicuramente un prodotto di nicchia che si abbina a formaggi, dolci in genere e cioccolato fondente.

La nicchia della nicchia è il Moscato di Scanzo dell’Azienda Agricola Manuele Biava.

Il nonno di Manuele, fattore della curia di Bergamo, ha lavorato in vigna fino a 96 anni insegnando al nipote i segreti del vino, della terra e del lavoro, nel 1988 Manuele ha avviato la produzione del Moscato di Scanzo portandolo all’eccellenza, nel vigneto, esposto a Sud, nella parte più alta e ventilata del Monte Bastia si vendemmia per ultimi predisponendo l’uva al necessario e successivo appassimento.

Piccola Pasticceria

Piccola Pasticceria

L’ultima volta che l’ho bevuto, mi è stato offerto con la piccola pasticceria (che piccola non è) dal sorriso aperto di Giulia…

Giulia, un quarto della gestione familiare de I sapori di terra e di mare a Bergamo e' sulle sue spalle

Giulia, un quarto della gestione familiare de I sapori di terra e di mare a Bergamo e’ sulle sue spalle

…questo rosso passito denso, anche di ricordi storici (scritti attestano uno scontro tra Guelfi e Ghibellini con in palio questo vino), al di là degli abbinamenti goduriosi in chiusura di pasto è anche e soprattutto per quanto mi riguarda un vino da meditazione e il gesto di Giulia, che ha stappato per me il Moscato di Scanzo di Biava, offrendomi con un calice ulteriori, prolungati, dilatati e persistenti minuti di piacere, mi invita a riflettere e mi conferma che tutto torna (anch’io tornerò da Giulia, sull’onda dell’entusiasmo ho appena prenotato)

In questo periodo di crisi reale e psicologica, di mancanza di liquidi o della voglia di spenderli invece di berseli, quei ristoratori che, come Giulia, hanno sempre creduto nella qualità, cercando di offrire prodotti di nicchia, controllati, certificati, che ci hanno proposto il meglio che il mercato potesse offrire, pur faticando resistono, restano a galla e, col tempo, emergono.

Mentre le prenotazioni per l’estate non partono e, come gli aerei non decollano, mentre i locali difficilmente si presentano col tutto esaurito chi lavora con passione, non mirando unicamente al tornaconto massimo ed immediato, vive meglio, creando lavoro e opportunità, di svago per la clientela, di crescita per se stesso.

Proviamo a restringere il campo, filari più ravvicinati, concentrazione, escludendo la fascia alta e non prendendo in considerazione nemmeno quella troppo bassa, cosa rimane…una fascia elastica dove lavorano famiglie, proprietari, dipendenti, stagionali che per un pasto, diciamo due piatti più il dolce (il tempo delle mele e delle cene dall’antipasto al dolce è finito) chiedono dai venticinque ai cinquanta euro più i vini.

Chi suda, studia, cerca ed offre un buon prodotto, pur vedendosi apparentemente superare da ristoratori improvvisati e senza scrupoli che non acquistano prodotti di alta gamma ma ai raggi gamma, deve resistere, perché tutto torna, spesso l’offerta risparmio cela l’inganno, non sorvoliamo sul pomodoro acido, sul fritto freddo e gommoso, sul pesce scadente e decongelato, non beviamo caffè paurosi per risparmiare dieci centesimi, evitiamo spaghetti abbondanti ma improponibili, enormi fritture e ancor più grandi fregature, non lasciamoci ingannare da un limoncello che non è mai passato da Amalfi, da un cornicione che più che un canotto sembra un balcone pericolante, da un vino che non costa niente ma provoca un cerchio alla testa e da dolci serviti in quantità industriale, appunto…

Diamo fiducia e sostegno a chi come Manuele (in una vigna) e Giulia (in un ristorante) lavorano quotidianamente e con passione senza cercare il guadagno facile donandoci qualcosa di unico, un prodotto ed un’accoglienza di nicchia.

 

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