Napoli, la magia della vigna di San Martino


San Martino, veduta lato ovest della vigna

San Martino, veduta lato ovest della vigna

di Mimmo Gagliardi

Un anonimo grigio cancello di città, di quelli che quando ci passi davanti neanche ti ricordi di averlo fatto. Superi il cancello cominci a risalire una salitina che si arrampica tra un paio di palazzi, uno semiabbandonato. Sfido chiunque anche solo a immaginare che dietro la prima curva a destra, dietro il palazzo semiabbandonato, c’è la porta da cui si può accedere a una dimensione parallela.

San Martino, l’ingresso da Corso Vittorio Emanuele

San Martino, l’ingresso da Corso Vittorio Emanuele

Nell’ambito del Festival delle Vigne Metropolitane, splendida manifestazione che mira a valorizzare una grande risorsa economica e turistica per la città, un folto gruppo di curiosi si è ritrovato al Corso Vittorio Emanuele 340. Guidati da Vincenzo Dina, presidente dell’Associazione “Piedi Per La Terra”, che cura la tenuta per conto della Fondazione Morra, risaliremo la schiena di Napoli fino alla certosa di San Martino dove si trova la Vigna di San Martino.

San Martino, vista della Certosa

San Martino, vista della Certosa

L’Associazione, attiva nella promozione sociale della cultura rurale, da anni conduce quel lembo incontaminato di Napoli che è la collina di San Martino. Estesa circa sette ettari di terreno, nel 2010 è stato dichiarato Monumento Nazionale e sin da epoca medievale è stata destinata a vigneto, con testimonianze scritte e illustrate, a cominciare dai monaci della Certosa.

San Martino, campagna e citta'

San Martino, campagna e citta’

Durante il tragitto, la struggente bellezza naturalistica del luogo si contrappone all’urbanizzazione esasperata del territorio immediatamente circostante ad esso. Incamminarsi lungo i sentieri e risalire i terrazzamenti creati dai monaci in un’epoca ormai dimenticata e guardare dall’alto le strade e gli edifici di Napoli, con le stratificazioni urbanistiche succedutesi dai greci fino a noi, è come guardare due facce della stessa medaglia. Invece è una Napoli allo specchio. La vista del Vesuvio, del porto di Napoli, di Capri, di Posillipo, attraverso ultiveti e vigneti è alquanto desueta quanto incantevole: un’altra Napoli.

San Martino, monte Echia e Pizzofalcone

San Martino, monte Echia e Pizzofalcone

Vincenzo, Chiara e gli altri soci dell’Associazione ci hanno illustrato le varie attività che li vedono impegnati, trasmettendoci il messaggio di recupero della ruralità e di rispetto per la natura e il territorio.

Dopo aver passeggiato sotto le mura dell’antica Certosa da Est a Ovest e aver goduto di una veduta mozzafiato di Napoli a 180° da Capodichino a Posillipo, accompagnati da canti popolari abbiamo degustato il pane con l’olio prodotto dalle circa 1200 piante della tenuta (olio napoletano!) accompagnato dai vini bianco (catalanesca e falanghina) e rosso (aglianico e piedirosso, con qualche quota di sciascinoso) prodotti dalle vigne metropolitane di San Martino, a cura di AIS Napoli.

San Martino, il Vesuvio

San Martino, il Vesuvio

Un’occasione stupenda per riappropriarsi di una identità e della conoscenza di un territorio e di una tradizione, da cui Napoli non può e non deve fare a meno. Perché proprio Napoli costituisce l’alto valore aggiunto per se stessa, basta rendersene conto.

San Martino, la degustazione

San Martino, la degustazione

 

6 Commenti

  1. Bentornato Mimmo.Adoro Napoli S.Martino e tutta la collina del Vomero per cui ,a saperlo,avrei affrontato il viaggio.Chiaramente ,Lucianone docket,dopo le fatiche della scalata e l’aperivo in vigna non resta che andare in pizzeria,ad esempio dal comune amico Michele qualche gradino più in basso.PS.Qualche noticina in più sui vini sarebbe graditissima.A presto FM.

  2. Ciao Francesco,
    il vino prodotto sulla vigna di san Martino non è commercializzato ma auto consumato dai soci. Non si fregia di denominazioni ed è il più classico dei vini campagnoli, fatti in allegria e in compagnia e da bere spensieratamente, specialmente col panorama che si gode dal pergolato dove lo abbiamo bevuto (non degustato) noi.
    Il bianco è un mix di uve catalanesca e falanghina, gradevolmente fruttato ma bello sapido e minerale, mentre il rosso è un mix di Agliano, piedirosso e sciascinoso, anche lui fruttato, fresco e gradevolmente minerale.
    Un saluto e grazie del commento.

  3. Salve, è possibile conoscere la cantina e il frantoio che certificano e garantiscano la filiera di queste due produzioni?
    Così giusto per capire se qui qualcuno chiude un occhio visti gli enormi sforzi che fanno i produttori per restare a galla nel mare magnum della burocrazia italiota…
    Grazie

  4. Ragazzi…calma…qui non producono nulla che viene commercializzato. Quel poco che fanno se lo magnano loro. Questo post non era una “marchetta” e non è un suggerimento per gli acquisti. Cerchiamo di non perdere di vista la costa e di perderci in alto mare….
    E mangiatevela pure voi un’emozione ogni tanto.

  5. In effetti lei sembra uno che se ne mangia parecchie di emozioni.
    Lasci perdere, tanto non ci arriva. Saluti.

  6. Vorrei poterci arrivare. Mi illumini Lei. Specialmente sul nesso tra le accuse che Lei ha lanciato e la grazia e la beltà del posto che ho visitato. Nel caso La ringrazio in anticipo.
    Circa le emozioni ci tengo a mantenere la mia linea quindi si, ne mangio parecchie di emozioni e per questo vivo bene, positivo e felice.

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