Osteria Francescana: Il nuovo menù 2019 di Massimo Bottura e l’opera lirica


di Albert Sapere

Osteria Francescana, il nuovo menu di Massimo Bottura. Parto dalle considerazioni su World’s 50 Best Restaurants. A me non è piaciuta la scelta dell’organizzazione londinese della Hall of Fame. Come a dire ho Maradona o Cristiano Ronaldo, vinceresti sempre, allora non farli giocare. Perchè di questo si tratta. La pattuglia dei 6 ristoranti italiani nei 120 è risultato ottimo, ma noi giochiamo senza il nostro fuori classe, il succo del discorso. Se qualcuno ha perso qualche posizione è anche perché, devo pensare, con la Osteria Francescana fuori competizione, molti dei votanti e dei grandi gourmet che girano il mondo, in Italia non ci sono proprio venuti quest’anno. Classifica o non classifica il ristorante di via Stella, continua ad andare “forte”. La sala con Giuseppe Palmieri, che fa da chioccia ad una nuova generazione di operatori di sala, la squadra super affiatata in cucina con Taka e Davide. Che posto è La Francescana? L’isola che non c’è, dove l’impossibile si trasforma in possibile, come l’idea di impostare un menù come un’opera lirica.

Come una grigliata in astratto. Era il 2009, questo è stato il primo piatto con la mozzarella di bufala campana che mi fece capire che l’Italia della cucina d’autore era in rivoluzione. Una rivoluzione meravigliosa che staccava con tutto e prendeva nuove forme e nuovi sapori. Un piatto che mi lasciò senza parole, l’ho riprovato almeno un centinaio di volte nella mia testa. Era una ricciola, cruda, che però profumava di grigliato con degli oli essenziali al basilico, la bottarga, una gelatina di pomodoro e poi la mozzarella ghiacciata sopra. Un cazzotto in pieno mento di un peso massimo mi avrebbe sconvolto meno. Tutto profumava e sapeva di mare, di mediterraneo, con questa bufala sopra che rilasciava l’acidità poco alla volta, in un crescendo della bufala e degli altri ingredienti come avviene in un’opera lirica. Oggi aggiornato e se possibile migliorato.

Autumn in New York come viaggio dell’anguilla: mele, crème fraîche, caviale, anguilla, chips di ostriche. Dedicato alla grande Billie Holiday, passa dai mercatini di Union Square e quindi da uno dei simboli della “Grande Mela” fino alla “modenesità” più intensa con l’anguilla. La distanza è uno stato mentale.  

Stiamo ancora decidendo quale pesce servirvi”. Poi hanno deciso: rombo e capesante, crema di finto caviale di uova di trota e nero di seppia. Una salsa che sa di fango, di terra, che mischia l’eleganza dei pesci di mare alla potenza di quelli di acqua dolce. Equilibrismi meravigliosi.

Partiamo abbinando questi tre piatti con il “Figaro” dal Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. “Bravo, bravissimo! Bravo! La la la la la la la LA! Fortunatissimo io!”

Spaghetti tra il golfo di Napoli e Hokkaido. Massimo è l’unico chef in grado di fondere il proprio stile personale con la capacità di raccontare L’Italia. La tradizione partenopea gamberi, quella orientale con i ricci di Hokkaido su un gazpaco di pomodori, cetrioli, carote, sedano e erbe aromatiche. Un incredibile boccone di mare e di orto che fa salivare, costruito con sapienza ed equilibrio tra i diversi elementi in cui la pasta fa da tapis roulant. La Habanera della Carmen di Georges Bizet, perchè l’amour est un oiseau rebelle (l’amore è un uccello ribelle) ed il mio pe rla pasta è conclamato. 

La pasta e piselli in astratto. L’avanguardia è un terreno veramente difficile per tutti e quando si vuol fare avanguardia, per me, il riferimento mondiale assoluto è in questo ristorante, perché oltre alla provocazione, al gesto tecnico, all’estetica, si deve tenere presente sempre che il piatto deve essere anche buono e godibile, come in questo caso. L’intermezzo della Cavalleria Rusticana, la fantastica opera in atto unico di Pietro Mascagni.

Il Nord che vuole diventare Sud. Il “Nabucco” è l’opera che meglio interpreta lo spirito nazionale italiano nel senso più positivo e nobile del termine. Verdi qui impone un modello culturale capace di forgiare generazioni di musicisti e di cittadini. Questo spiega la grandezza di una partitura che mostra ancora oggi un’incredibile attualità, venendo ritenuto il lavoro più importante di un Verdi giovane e sicuro dei propri mezzi. In questo risotto mette l’Italia, nel suo spirito patriottico più nobile. Un risotto e una polenta croccante, simboli della “Bassa Padana”, che prendono i gusti del Sud con il pomodoro, la mozzarella, le alici, i capperi, etc. L’Italia è vista a testa in giù, perché è il Nord che vuole diventare Sud e vuole prendere la forma e il gusto di una pizza. Proprio come Verdi, Massimo impone un modello, prima di tutto culturale nella sua cucina, in cui l’orgoglio Nazionale è un valore fondamentale. Dal Nabucco, in abbinamento a questo piatto, la sua ‘aria’ più celebre: Va Pensiero.

 

I mei due piatti feticcio.

Le 5 stagionature di parmigiano in temperature e consistenze diverse. La cucina italiana, o meglio l’insieme di tante cucine regionali che unite fanno quella che è una delle 4 cucine più importanti al mondo, insieme alla francese, giapponese e cinese. La grande particolarità di una cucina come quella italiana, nei suoi fondamenti, è la grande esaltazione della materia prima. Quindi un cuoco italiano moderno, o chiunque faccia cucina italiana nel mondo, quando pensa ad un piatto, secondo me, dovrebbe partire sempre da questa domanda: “Come posso valorizzare al massimo il lavoro dei contadini, dei casari, dei pescatori e di tutti gli artigiani che lavorano per arrivare a questo prodotto? Ultimamente nella ristorazione italiana d’autore vedo sempre più spesso la tecnica come fine e non come mezzo, l’ostentazione di tecnicismi a scapito della materia prima. Forse il piatto che rappresenta meglio quello che voglio dire solo le “5 stagionature del parmigiano in temperature e consistenze diverse”. La tecnica c’è e passiamo da quella classica francese, fino all’avanguardia più spinta, ma senza mai perdere di vista l’obbiettivo finale che deve avere un cuoco italiano, la valorizzazione della materia.

I tortellini con crema di parmigiano. Copertina di Linus

Entrambi abbinati all’Overture del Guglielmo Tell, il capolavoro del grande Gioacchino Rossini. In crescendo, di sonorità e di goduria palatale. 

“La faraona di Mirella era un sogno! Ero un ragazzino avevo 8 anni e andai a festeggiare il mio compleanno dai Cantarelli!” Invece questa volta il compleanno era il mio e la faraona era quella di Massimo Bottura. Un vero e proprio viaggio nella faraona, omaggio alla mitica Mirella, (ricordo ancora tutti gli articoli di Stefano Bonilli, sulla magia di Sanboseto). Prima il raviolo cinese ripieno di patate arrosto tra “bisque” di faraona e croccante al parmigiano, poi la faraona ripiena di bollito non bollito, ed infine il paté di fegatini e cioccolato, savor di mela cotogna e tartufo nero. Nel menù che ricalca lo spirito della tradizione operistica, questo è il gran finale, quello in crescendo, che ti lascia il sapore per giorni e continua a girarti in testa. Piatto dell’anno fino a questo momento.  Il finale della Turandot, la grande incompiuta di quel genio di Giacomo Puccini, completata poi da Franco Alfano, mi sembra l’abbinamento perfetto. 

Conclusioni
L’Osteria Francescana è quanto di meglio si può trovare al mondo. Almeno una volta nella vita fatevi questo regalo. Il mio preferito in assoluto.

 

Osteria Francescana
Via Stella, 22, 41121 Modena
Chiusa: sabato a pranzo e domenica
Tel. 059.223912
www.osteriafrancescana.it