Pasta e carne alla pizzaiola, storia di una ricetta tipica napoletana


Se dovessimo rappresentare graficamente la cultura gastronomica rurale potremmo tracciare il cerchio vichiano: la civiltà contadina ha come primo problema la sua riproduzione, la sua sopravvivenza, è dunque ripetitiva nei gesti e nelle abitudini per meglio calcolare il contenuto calorico necessario.

Le ricette sono sempre le stesse, le feste pure, di cui ancora oggi c’è traccia nelle processioni patronali nei paesi capaci di richiamare gli emigranti da tutto il mondo, oppure le sagre particolarmente sentite perché espressione della produzione come le sfilate del grano, le feste dell’uva, l’ammazzata del maiale, che hanno fatto la felicità degli antropologi della scuola Di Martino negli anni ’70 quando ancora il trapasso non era avvenuto.

Il grafico della civiltà urbana somiglia invece a quello delle borse, il mito, la necessità, è la crescita, qualunque cosa si faccia sintomo del successo è aver realizzato il segno più rispetto al mese o all’annata precedente. Dunque il cambiamento, delle ricette e delle feste, sempre diverse e sempre più commerciali come quelle insopportabili di San Valentino e di Halloween, poi le notti bianche e chi più ne ha più ne metta.

Succede così che le ricette appaiono e scompaiono perché non più affidate alla coscienza collettiva di una comunità capace di tramandarle attraverso la rete familiare, bensì perché affidate alla ristorazione pubblica che obbedisce a criteri spesso ragionieristici o, peggio, modaioli.

Chi si ricorda delle pennette salmone e vodka, la craxiana bresaola rucola e parmigiano? E vogliamo parlare del tonno? E del tortino al cioccolato (aaargh!)? Come d’incanto, secondo flussi difficili da ricostruire, improvvisamente dal Manzanarre al Reno e dalle Alpi alle Piramidi si diffonde una moda e tutti giù per terra.
Napoli, e il Sud, rappresentano come la Cina e l’India una enclave abbastanza impermeabile a queste tendenze, ma ormai anche qui gli spifferi dell’uragano Omologazione si cominciano ad avvertire e a cambiare le abitudini alimentari.

Alcune ricette storiche, se non vengono adottate dalla ristorazione, rischiano di sparire. Una di queste, non riesco a capire il perché, è la salsa alla pizzaiola con cui fare la carne e la pasta di cui vi parlo oggi. Una ricetta diffusa in tutte le case ma inesistente dall’alta ristorazione campana e, quando si trova nelle gastronomie, mal eseguita perché diventa, per dirla con Eduardo (che si riferiva però al ragù), <carne co’ ‘a pummarola>.

Please, ridateci la carne alla pizzaiola e, di conseguenza, la pasta alla pizzaiola: è un appello agli chef di buona volontà: scomposta, destrutturata, schiumettata, classica, mini, nel piatto o nel bicchiere. Insomma, non perdiamo questo straordinario sapore campano.

Il nome
La dice lunga su quale sia la vera pizza napoletana: aglio, origano e pomodoro. Semplice, e la qualità dei tre elementi deve essere molto buona perché, sappiamo, i formaggi coprono i difetti giacché una pizza con un pomodoro di bassa qualità può passare per buona con il fiordilatte. “Alla pizzaiola” vuol dire, appunto, una salsa come la fanno i pizzaioli.

Il segreto
L’origano. Meglio un po’ secco ma fresco va bene lo stesso. Il sapore è dato dalla speciale combinazione del suo aroma con gli umori rilasciati dalla carne e dall’aglio.

Carne alla pizzaiola

I vantaggi
Questa ricetta ha due grandi vantaggi: si fa in una decina di minuti, dunque è sciouè sciouè e può essere al tempo stesso primo e secondo perché con il sugo della carne ci si può condire la pasta. Infine per avere una ricetta saporita non è necessario un pezzo pregiato: le fettine di colarda, quelle che si usano per la genovese, possono andare bene. Ed è proprio questo uno dei motivi per cui questa ricetta è tanto amata a Napoli: risolve brillantemente uno dei problemi atavici della città sino al Dopoguerra, la mancanza di carne di vitello o la sua scarsa qualità. La fettina, invece di essere fatta tristemente sul fuoco, in tal modo diventava un piatto allegro e profumato e ci si poteva consolare.

Potete usare anche i pomodori freschi, io preferisco i pelati perché si controlla meglio la cottura che è rapida. Il procedimento è semplice: si riscalca in un tegame largo l’olio (abbondante) senza portarlo ad ebollizione, si aggiungono subito due o tre spicchi d’aglio. Quando avranno iniziato a sudare aggiungete l’origano e, dopo qualche secondo, la carne. Tutto in sequenza molto rapida avendo cura di non far friggere l’olio, dunque con la padella in mano e a fuoco medio. Appena la carne avrà iniziato a rilasciare i suoi umori aggiungete i pelati e ravvivate la fiamma. Una decina di minuti e il gioco è fatto: pizzico di sale e, se volete, ancora un pizzico di origano.

La filosofia del gusto
La pizzaiola è un tipico sugo veloce napoletano, è la risposta feriale al ragù domenicale. Il suo odore è mediterraneo grazie alla miscela tra origano e aglio, penetrante, riempe la casa ed esce dalla finestra invadendo la strada. Dal punto di vista concettuale, la carne è solo il supporto all’odore e non viceversa, il piacere è soprattutto olfattivo, fresco e intenso, supportato poi dalla bella acidità nel palato. Per questo è indispensabile che l’aglio e l’origano siano di grande qualità. L’olio deve essere in buon equilibrio con il pomdoro, né poco altrimenti è salsoso, né troppo altrimenti è untuoso. In ogni caso l’olio svolge la sua funzione solo in bocca, perciò deve essere neutrale, non fruttato.

La pasta
Con il sugo si può fare un grande primo. Per la verità da piccolo amavo intingere il pane bianco nel tegame tra gli strilli di mia madre. Ed è un grande pane e pomodoro, come per il ragù. La morte di questa salsa sono i mezzanelli spezzati a mano con i pezzettini di pasta creati da questo gesto che rendono il piatto ancora più ghiotto e buono. Chiunque sia napoletano o campano sa cosa intendo. Volendo le penne, i pennoni. Vanno molto bene le paste industriali in commercio. NO PACCHERI!

La variante: provola e scamorza
Al posto della carne si possono usare provole di Mondragone o scamorzoni di Agerola. In genere i formaggi a pasta filati non devono essere cotti, allora in questo caso si usano quelli di un paio di giorni, magari avanzati, dunque un po’ più compatti e con meno acqua. In tal caso le fette, doppie, devono essere messe dopo il pomodoro e non prima, quando cioé la cottura della salsa è già quasi ultimata per evitare di fare inguacchi.

La variante: il pesce
Questa salsa, prima dell’acqua pazza, era uno dei modi più diffusi anche per cucinare il pesce ed è ancora preferibile quando parliamo di pesce azzurro mentre orate, spigole, dentici vogliono una cottura con meno carattere. Con i cefalotti, lo stesso tonno o spada, le alici, il pesce bandiera, l’effetto sgrassante del pomodoro e il profumo dell’origano e dell’aglio funzionano molto bene.

Da bere
La ricetta è molto fresca, vuole un vino non invasivo e altrettanto fresco. Il Piedirosso dei Campi Flegrei di annata con i suoi sentori minerali e vegetali va benissimo.

Come si fa la pasta alla pizzaiola

  • Tempo di preparazione 10 minuti
  • Tempo di cottura 20 minuti
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Ingredienti per 4 persone

  • 4 fettine di vitello
  • Una scatola di pelati da 500 g
  • olio extravergine d'oliva
  • aglio
  • origano
  • sale

Preparazione

Potete usare anche i pomodori freschi, io preferisco i pelati perché si controlla meglio la cottura che è rapida.
Il procedimento è semplice: si riscalda in un tegame largo l'olio (abbondante) senza portarlo a friggere, si aggiungono subito due o tre spicchi d'aglio.
Quando avranno iniziato a sudare aggiungete l'origano e, dopo qualche secondo, la carne.
Tutto in sequenza molto rapida avendo cura di non far friggere l'olio, dunque con la padella in mano e a fuoco medio.
Appena la carne avrà iniziato a rilasciare i suoi umori aggiungete i pelati e ravvivate la fiamma.
Una decina di minuti e il gioco è fatto: pizzico di sale e, ancora un pizzico di origano fresco.

Vini abbinati: Piedirosso dei Campi Flegrei o del Vesuvio

10 Commenti

  1. non è che ha inventato l’acqua calda ,comunque il pomodoro almeno 15 minuti prima di mettere la carne lo devi far cuocere , stessa cosa se si fanno le polpette al sugo eviterei l’origano

  2. La mia mamma la pizzaiola la faceva con fettine di cuore ed era d’obbligo la linguina piccola
    .Si soffrigge l’aglio ,si aggiungono i pomodori ,sale e l’origano , la carne in questo caso le fettine di cuore si aggiungono nel momento in cui si lessano le linguine .

  3. Che eresia l’origano e la cosa principale della ricetta poi mi sembra chiarissima la ricetta

  4. La ricetta napoletana va eseguita come scritta solo l’origano va messo verso fine cottura.

  5. duee annotazioni (tradizione familiare):
    origano a fine cottura
    vermicelli anzichè pasta corta

  6. Mi spiace ma si vede che non lo avete mai fatto sto piatto! Con 4 fette di carne ci vuole almeno 1 kg di pelati. E va fatta una base di pelati e poi aggiunta la carne non viceversa. L’origano a fine cottura…..non all’inizio

  7. ‘A Pizzaiola , almeno a casa mia, era ed è ricetta “vite vite”, poco salsosa, ma saporita da far salivare solo al pensiero. Ed e’ ricetta da fare sia col bello che col cattivo tempo. E se veloce deve essere io uso fettine di controfiletto, da marcare in padella a fuoco alto, per poi toglierle,abbassare la fiamma e far consumare l’aglio,poi aggiungere piennolo se la stagione li offre, giusto un passata e di nuovo la carne ,l’origano, e siccome c’è l’aglio, il prezzemolo mi piace assai.in inverno pelati si,tagliati a filetto e privti del loro succo,3 minuti di cottura in piu’ e il risultato è assicurato. Sono conservatore preferisco la pasta lunga.

  8. A dire il vero a casa mia questa è una tradizione viva, e gradita da grandi e piccini. Con tanto buon aglio e origano!

  9. Io procedo al contrario…. Dopo l aglio aggiungo i pelati ( o i pomodorini) e passati 10 minuti la carne battuta sottile con l origano , 2 minuti e spengo ( quasi che la cottura della carne avvenga con il calore dei pomodori).

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