Perchè il vino europeo ha più valore di quello americano


di Eric Asimov


Eric Asimov


Sabato scorso è morto Baldo Cappellano e ho sentito l’esigenza di andare a rivedere il famoso dibattito che lo vede protagonista con Franco Ziliani. La mattina dopo ho letto questo articolo e sono rimasto profondamente colpito dalla modernità delle tesi di Baldo e Franco. Sì, ne avevo già scritto, ma vederlo sostenuto, sebbene in modo implicito, da Eric Asimov mi ha addirittura trasmesso un senso di inquietudine. E sapete perché? Perchè chi sostiene queste tesi in Italia passa per estremista: la maggior parte degli enologi consiglia ancora di piantare vitigni internazionali e parla male degli autoctoni, c’è una forte corrente di pensiero che si autodefinisce moderna e <americana> ribadendo con convizione che <al consumatore non frega nulla da dove venga il vino e da cosa sia fattto>. In tanti pisciano merlot nell’aglianico o nel gaglioppo sostenendo che non c’è altra strada per migliorarli, altri addirittura piantano syrah sul Vesuvio! Invece la modernità del consumo del vino è esattamente opposta, ma non dal punto di vista filosofico e ideologico, quanto proprio dal punto di vista commerciale. Una falanghina di 4 euro ha un valore aggiunto di gran lunga superiore allo Chardonnay, tanto da convincere, giusto per fare un esempio, un produttore pugliese come Alberto Longo a coltivarla. Ma basta: ho già parlato troppo, mentre quello che segue è molto più efficace, e soprattutto autorevole, di quello che potrei aggiungere. Buona lettura.

Il valore nasce dalla diversità

La scorsa settimana accennai al fatto che avrei scritto del grande valore dei vini italiani nel quotidiano di mercoledì. Nelle limitate 1.200 parole o giù di lì che mi sono consentite sulla carta stampata ho citato circa 15 vini. Sono consapevole di aver sfiorato appena l’argomento.
Così nasce la domanda di perché paesi come l’Italia, la Francia e la Spagna per anni possono, noncuranti dell’economia, dei tassi di cambio o di qualsiasi altra cosa, superare gli Stati Uniti nell’offrire valore nel vino.
La mia risposta è che l’Europa produce vino da così tanto tempo, ed è una parte talmente intrinseca alla loro cultura che vini di grande valore sono facili da trovare. E’ semplicemente perché le loro industrie di vino sono così tanto diverse rispetto alle nostre. Questo fatto fa sì che alcuni americani si sentano diffidenti ma, davvero, non c’è n’è alcun motivo. Guardatela in questo modo. I prezzi dei vini crescono è questo è il risultato di una combinazione di consenso della critica, di prestigio e di scarsità. Per questo motivo, i prezzi sono naturalmente più alti per le denominazioni più famose e per vini come quello di Borgogna e il Bordeaux, il Barolo e il Brunello di Montalcino.
Negli Stati Uniti, le denominazioni sono meno significative ma sono ancora in grado di far aumentare i prezzi, sia il Cabernet di Napa che il Pinot nero della Russian River Valley. Comunque il sistema americano di vendita del vino attraverso il nome dell’uva aumenta il valore di vini come il Pinot nero, il Cabernet Sauvignon o lo Chardonnay, senza curarsi della loro provenienza. Se il Cabernet di Napa Valley è costoso e considerato di gran prestigio, almeno parte di quel prestigio è conferito all’uva. Così, mentre il Cabernet di Sonoma, delle montagne di Santa Cruz o della contea di Santa Barbara non è così costoso come il Cabernet di Napa, renderà ancora un prezzo più alto rispetto al vino prodotto da uve non note.
Inoltre, vedendo il successo che viene dalla vendita di Pinot nero, Cabernet, Chardonnay e altre uve di marca, la maggior parte delle persone nel commercio del vino americano non sono motivate a dedicare le loro vite, e forse le vite dei loro figli, a sperimentare altre uve per determinare cosa cresce meglio dove. Mentre questo è davvero quello che contraddistingue l’Europa rispetto agli Stati Uniti e ciò che in fin dei conti fa funzionare meglio il sistema europeo delle denominazioni a beneficio dei consumatori. In Italia, in mezzo alle famose denominazioni sono piantate molte altre viti e queste ci procurano vini ottenuti da uve come vitovska, blanc de Morgex et de La Salle, grasparossa, garganega, aglianico, corvina, ribolla gialla e frappato, per non dire barbera, sangiovese e tante altre.
Queste uve sono piantate a volte come il risultato di secoli di tradizione, e spesso sono soggette a regolamentazioni. Negli Stati Uniti, la maggior parte dei coltivatori si inginocchierebbe per la gratitudine per il fatto che la nostra società non li costringe a piantare garganega piuttosto che chardonnay.
Ma chi perde? Per il rapporto qualità prezzo, preferirei uno straordinario Soave a 15 dollari, fatto con l’uva garganega, piuttosto che un mediocre Chardonnay o Sauvignon blanc della California. So che un Cabernet americano a buon mercato sarebbe gradevole. Potrebbe avere perfino un buon sapore. Ma probabilmente non sarebbe particolare o emozionante come un aglianico coltivato sul suolo vulcanico in Basilicata.
Vi assicuro che non sono anti-americano. Sono solo umile. Spero che la nostra industria vinicola avrà un senso molto più acuto di ciò che cresce meglio dove. Spero che i consumatori saranno avventurosi abbastanza da non fare ricorso ai nomi più conosciuti. E spero che i produttori di vino avranno un incentivo a produrre vini quotidiani di eccezionale valore così come sono motivati ora nel fare grandi e costosi vini per occasioni speciali.
Questo non significa che non esistano vini americani di gran pregio. Certamente li scoverò e ne scriverò in un prossimo pezzo. Ma negli Stati Uniti non c’è la diversità di vini che esiste in culture enologiche più antiche. Proprio ora, i coltivatori americani non devono piantare alla maniera del Tocai friulano, del Lagrein o del Sagrantino, solo per citare qualche uva italiana che non ho nemmeno inserito in questa rubrica. Sarebbe un suicidio economico.
Fortunatamente l’Europa ha i suoi mercati locali che sostengono questi vini, che aiuta a renderli disponibili ai consumatori americani che sono interessati ad essi. Ma gli europei bevono meno vino ogni anno ed è una preoccupazione legittima chiedersi quanto a lungo dureranno questi mercati interni. Se si riducono troppo, la preziosa diversità di cui godiamo ora potrebbe non durare.

Traduzione di Novella Talamo