Radici Fiano di Avellino 2000 doc


MASTROBERARDINO
Uva: fiano di Avellino
Fascia di prezzo: al ristorante sui 30 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

Una delle cose che più mi piacciono è trovare in una carta dei vini il bianco di annata invecchiato. Evento rarissimo in Campania, ancorché quasi impossibile in enoteca. Ecco perché quando alle Colonne di Rosanna Marziale l’occhio è caduto sulle proposte da bere non ho avuto dubbi sulla scelta: Fiano di Avellino di Mastroberardino, il Radici con l’etichetta bianca e il disegnino un po’ naif adesso abbandonata. Una bottiglia, è bene ricordarlo, che non è stata pensata per vivere a lungo e le cui possibilità di sopravvivenza sono state affidate alla capacità del vino di resistere allo scorrere del tempo e alla profonda stupidità degli umani che ancora aprono bottiglie di Fiano e Greco prima dei tre anni minimi dalla vendemmia. Ero certo che non sarei stato tradito e, difatti, la malinconica evoluzione autunnale di questo Radici, un po’ più di frutta e meno mineralità rispetto a quelli di Vadiaperti, ha regalato belle emozioni gravneriane: il colore è un giallo paglierino carico, al naso note ossidate e di miele olre che di frutta, pera, molto evoluta, in bocca, invece, il solito splendido Fiano che sfida baldanzoso il tempo grazie alla sua nerboruta acidità ancora assolutamente intatta, per certi versi ancora più predominante grazie alla scarnificazione del frutto operata dallo scorrere delle stagioni. Questi Fiano con il tempo acquisiscono ancora complessità e meglio dei bianchi giovani si adattano all’alta cucina creativa come quella dei piatti proposti da Rosanna, cito l’agnolotto di anatra in brodo, la palla di taglierini su letto di piselli, la pasta al nero di seppia: si tratta infatti di piatti al tempo stesso complessi, strutturati che hanno bisogno dell’acidità e di buoni estratti secchi per andare avanti in bocca e cercano dunque l’accoppiamento con vini di pari grado, un po’ come uomini e donne si appaiono incosciamente misurando l’altezza reciproca. Ancora una volta, dunque, il consiglio di comprare e conservare questi vini, di bere giovani solo la Falanghina dei Campi Flegrei e i bianchi d’Ischia e aspettare due o tre anni perché anche il più banale Fiano, Greco o Falanghina del Beneventano base sapranno regalarvi sensazioni eccezionali. Questa, in effetti, è la potenza del suolo vulcanico della Campania a cui questi vitigni si sono acclimatati per assonanza creativa.

Sede a Atripalda, via Manfredi 75-81
Tel. 0825.614111, fax 0825.611431
Sito: http://www.mastroberardino.com
Enologo: Piero Mastroberardino
Bottiglie prodotte: 2.400.000
Ettari: 150 di proprietà e 150 in conduzione
Vitigni: aglianico, piedirosso, fiano, greco, coda di volpe, falanghina