Menu Degustazione / Altrimenti, Milano di Eugenio Boer


Altrimenti, Spaghetti al nero, triglia, cipolle rosse e fave

Altrimenti, Spaghetti al nero, triglia, cipolle rosse e fave

Ristorante Altrimenti Milano Eugenio Boer

di Fabrisio Scarpato

Altrimenti: 1. In modo diverso, in altro modo / 2. Se no, in caso contrario.
Così la Treccani sembra distinguere diversi significati dell’avverbio “altrimenti”: il primo alternativo, propositivo, il secondo ultimativo e tranciante. Sdoppiature, spiazzamenti. Pensieri spettinati, affastellati e sparpagliati a passeggio per City Life, in una mattina piena di sole e di vento, in questa Milano carica di suggestioni, al tempo stesso antica e moderna. Il Curvo, il Dritto e lo Storto non sono i protagonisti di un film di Sergio Leone, ma ombre lunghe sul Vigorelli e sui surplace di Maspes e Gaiardoni, quel tanto che basta a farti scappare la lacrimuccia; all’incrocio con via Demetrio Stratos, c’è la casa dei Ferragnez, forse quella con una specie di fenicottero dorato in terrazza che il vento se lo sta portando via, come quella magnetica voce diplofonica del cantante degli Area, gruppo – o complesso – che faceva musica alternativa, rispetto alle balere anni sessanta o ai lenti per lo sciocco in blu di Cochi e Renato, ma soprattutto musica contro, inquietante, grande e distorta come il canto di quel ragazzone greco che aveva conquistato l’America e che qui al massimo era ricordato per Pugni Chiusi dei Ribelli, che in fondo poi a ben vedere era già tutto un programma. Sfumature, grattacieli, storture e strutture, sperimentazioni, alti e bassi, altissimi, bassissimi, sdraiati, sui prati verdi, con le matite a colori, gli orti, le vigne, e le scintille, di musica e di memoria: tutto e il contrario di tutto a City Life, il regno dell’altrimenti.

Altrimenti, dettaglio sala

Altrimenti, dettaglio sala

Che se poi hai l’intenzione di coltivare nuovi e diversi punti di vista nel tuo mestiere, magari nella ristorazione, non ti resta che venire da queste parti, aprire un ristorante e impostare una carta delle vivande che abolisca i ritmi consueti, preferendo scandire le proposte per generi (verdure, carne, pesce) cui attingere per scrivere percorsi personali monotematici pescando, o cacciando, o raccogliendo liberamente qua e là, alla faccia dei menu degustazione, delle quantità nei piatti e degli esercizi di stile onanistici. Siccome poi di solito al ristorante si beve, potrà solleticarti l’idea che una bottiglia la si scelga non per quello che è, ma per come ci si sente in quel momento, e allora ti divertirai a mettere in fila le etichette per sentimenti (frivolo, romantico, mediterraneo, gioioso…), vergando una paginetta o poco più per ogni stato d’animo, ammesso e non concesso che poi a uno vada a genio di scandagliare e sputtanare il suo cuore ai quattro venti, ma contando sulla sensazione che in effetti spesso si prova, e cioè che sia il vino a scegliere te, chissà perché proprio quel giorno a quell’ora.. Insomma, manco a farlo apposta, è questione di punti di vista, perchè differenti sono i modi di divertirsi, diverse le voglie, così come sono sempre degni di attenzione certi scarti laterali dalle vie più battute, a patto che alla fine i vini proposti non siano banali: io ho scelto un vino romantico, che nel contesto a dirla tutta non c’entrava una beata mazza, anche se un po’ di sturm und drang davanti alla carta dei vini mi prende sempre; comunque era molto buono e tanto è bastato a mettermi di buon umore. Ecco, se poi, dopo tutte queste idee, quel ristorante lo chiami Altrimenti, be’ nessuno potrà stupirsene, nemmeno un po’.

Che poi i sentimenti vanno a farsi benedire se assaggi un piatto stupefacente come questo Risotto, battuta di gamberi e aglio orsino, un fuori carta giocato su un equilibrio terragno, nonostante la freschezza dei gamberi, tra la dolce amaritudine del bulbo e il fumo della bisque derivata dai crostacei. Sensazioni nuove, sostenute dalla cottura al chiodo del riso, che assolve alla parte croccante del piatto, per forchettate cremose, variegate, sempre intriganti.

Altrimenti, Risotto, gamberi e aglio orsino

Prima e dopo, piatti con molto verde, in cui ortaggi e verdure rivestono il ruolo di deuteragonisti, facendosi carico di molte sfaccettature del gusto: l’amaro e la tendenza dolce delle cime di rapa e del cavolfiore che accompagnano lo Sgombro, la sottile affumicatura della melanzana nei Tortelli con pomodoro, burrata e origano, con una essenziale spinta acida della salsa di pomodoro, o ancora la croccantezza di asparagi e piattoni nell’elegante trancio di Ombrina con zuppetta di pomodoro agli agrumi.

Altrimenti, Sgombro, cavolfiore e cime di rapa

Altrimenti, Sgombro, cavolfiore e cime di rapa

Altrimenti, Tortelli di melanzane affumicate, pomodoro e burrata

Altrimenti, Tortelli di melanzane affumicate, pomodoro e burrata

Altrimenti, Ombrina, asparagi , piattoni e pomodoro

Ristorante Altrimenti a Milano di Eugenio Boer
Insolito e potente lo Spaghetto al nero, triglie, cipolla rossa di Tropea e fave: nonostante sia pasta fresca, nonostante preferisca quella secca, nonostante una porzione decisamente abbondante e un filo di sovracottura, i bocconi si susseguono sempre diversi, la triglia fa il lavoro sporco e rustico, mentre la cipolla assolve all’acidità, scrocchiando tra i denti, così come le fave, che ci mettono del loro a completare un piatto anche veristicamente bello, oltre che gustoso.
Un po’ le stesse considerazioni che affiorano con la Faraona, cipollotto, nespole e ravanelli: piatto al limite del pantagruelico, bella cottura, morsi e tagli diversi, nappatura densa e consistente, le verdure e la frutta che si rimpallano dolcezza e acidità, tutta manna per la scarpetta con l’ottimo pane casereccio.

Altrimenti, Faraona, nespole e rapanelli

Altrimenti, Faraona, nespole e rapanelli

Il tema dell’incontro tra frutta e verdura ricorre anche nel Semifreddo alla vaniglia, piselli, fragole e rabarbaro, servito troppo freddo ma niente affatto scontato, mentre con la Panna cotta, biscotto di cacao e fava tonca, limone salato e polvere di olive ci si diverte davvero, in una sorta di provocazione in cui l’arcinota panna cotta viene ribaltata e rimbalzata da effetti salati, acidi, balsamici che la riabilitano e nobilitano in forma di éclair, in un dessert tra i più buoni degli ultimi tempi.

Altrimenti, Panna cotta, biscotto cacao e tonca, polvere di olive, limone salato

Francamente non saprei dire quanto abbia messo di suo Eugenio Boer nell’ideazione del menu – anche se sull’uso delle verdure ci scommetterei -, o quanto Damian Janczara abbia influito sull’eleganza e discrezione del servizio – nonostante lui, già mattatore da Essenza, oggi se ne sia rimasto in disparte – e nemmeno in che misura la bella mano, per di più sensibile e generosa, del cuoco Marco Annunziata si riveli concretamente determinante nella riuscita dei singoli piatti. Resta la sensazione di confortevolezza, forse per la luce sapientemente distribuita, forse per i colori delle millemila stampe che perimetrano la sala, per i legni chiari dei tavoli, per la boiserie amaranto, forse per le redivive piante, o magari per quell’atmosfera da salotto buono anni sessanta, quelli luminosi delle case borghesi di certi film di Alberto Sordi.

Anche per tutte queste ragioni, lentamente si insinua un dubbio: che poi la dichiarata alternativa, la differente prospettiva, altro non siano che la spiazzante riproposizione del vero ristorante di un tempo, con una cucina che scientemente lascia in un angolo i virtuosismi d’autore senza tuttavia rinunciare alla profondità e alla leggibilità dei sapori, riuscendo nell’intento di instillare gocce di sana curiosità, emendandosi da ogni confusa, scimmiottante, modernista approssimazione. Forse il vero salto mortale è regalare un divertimento tradizionale, elegante e rilassato; al contrario, la missione impossibile di incoraggiare, svelare, assecondare e subire i desideri e gli umori dei clienti dando loro carta bianca, pur non mancando in teoria di una certa originalità, sembra solo una suggestiva operazione di marketing (e magari potrebbe contribuire alla causa praticare prezzi di un niente più leggeri). Ma come detto siamo a City Life, il luogo dove tutto è possibile.
Una cosa però è certa: non chiamatelo bistrot, altrimenti ci arrabbiamo.

Ristorante Altrimenti a Milano Eugenio Boer
Via Monte Bianco
Milano