La primavera di Roma. Ristorante o bistrot? Semplicemente Barred di Mirko e Tiziano Paolucci, piccolo grande buco della Michelin


Barred

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Barred a Roma
via Cesena 20 (Fermata Metro re di Roma)
Tel. 06 9727 3382
www.barred.it
Aperto la sera, chiuso lunedì

Un sano estremismo alimentare e ambientalista che aiuta a superare i momenti difficili e gasa in quelli in cui si ha il vento in poppa (che poi dovrebbe essere di lasco). Sala essenziale dominata dal legno con hotellerie altrettanto essenziale. Un passione per i vini naturali senza se e senza ma pari a quella dei tatuaggi. Benvenuti a Barred, uno di quei luoghi indicatori di quella che noi ormai chiamiamo “Primavera romana” per la ricchezza della proposta, entusiasmo e competenza dei protagonisti, capacità di attrarre investimenti, voglia di rinascere dopo anni difficili e complicati dominati dai neopauperisti populisti savonaroliani.
Roma però è Roma, non è Milano pronta ad abbracciare le mode con la stessa velocità con cui poi vengono dimenticate. Roma, come del resto tutta l’Italia tranne Milano appunto, prima di dare semaforo verde ha bisogno dei suoi tempi, delle sue verifiche, di resettare i rapporti di potere che quella  tendenza può determinare se lasciata liberamente circolare.
Per dire, la pizza napoletana ci ha messo cento anni per entrare.
Per i fratelli Mirko e Tiziano Paolucci (sala e cucina) ne sono serviti cinque prima di trovare la formula giusta e ingranare la marcia iniziata nel 2016
Su indicazione perentoria di Virginia Di Falco ci siamo stati è abbiamo mangiato il risotto più buono della nostra vita, ‘nduja e mandarino che gioca a partire dall’abbinamento di colore in un triangolo perfettamente centrato fra grassezza, freschezza e piccantezza una volta tanto non occultata. Quanto alla cottura, Ça va sans dire, perfetta da risotto.
Ma è tutta l’impostazione del locale che ci ha convinto: a partire dal filo logico che cerca la qualità dei prodotti, cosa per nulla scontata e facile in una città grande come Roma, l’essenzialità di una cucina fatta di pochi elementi ben maritati fra loro e senza inutili esibizioni tecniche. Una sala sorridente e attenta: quando ci propongono un vino ci avvisano che costa più di 30 euro che è il costo medio delle bottiglie della carta di vini naturali nella qual c’è l’imbarazzo della scelta. E alla fine il costo, per essere nella Capitale, è contenuto sui 50 euro.
Il pane, da lievito madre rinfrescato da quattro anni, è il segnale di quello che ormai a Roma è una religione, una religione Bonciana anche se il fondatore, come tutti i fondatori, adesso è oltre e cerca la verità sui monti dell’Appennino: buonissimo e di carattere. Usando un termine del mondo del vino: riconoscibile.
Buonissimi i nostri assaggi, scelti alla carta (c’è l’opzione menu degustazione a 50 euro cinque portate): magnifico e abbondante rombo con le patate, i nervetti alla cacciatore goli, così anche i fagioli. Insomma piatto goduriosi ma puliti, perfetti, efficaci, di qualità.

 

Cosa si mangia da Barred, il menu

 

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CONCLUSIONI

Da Barred si sta bene in un ambiente informale e professionale. Non ci sono sorprese sul conto. In una parola, diremmo che si mangia bene e sano. E’ la dimensione gastronomica moderna in cui la sostenibilità è un valore del piatto oltre che astrattamente etico. E posti come questi si tanno moltiplicando. Quello che ci è piaciuto molto è che nonostante la chiara ispirazione nordeuropea, la cucina non rinuncia alla gioia italiana di ritrovarsi davanti al cibo: è una cucina di testa ma anche di gola. Ci si alza leggeri e si può tornare perchè il meu cambia con il mercato, una lavagnetta alla francese di indica le novità del giorno oltre quelle del menu. Peccato che non fa pranzo, ma capiamo che i tempi sono quelli che sono. Speriamo in futuro. Come speriamo che la Michelin, con tutto il rispetto per il tovagliato e i petit four, riesca a cogliere questa tendenza il prossimo anno.

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