Sagrantino di Montefalco 2019: il report sull’annata e i migliori assaggi


Anteprima Sagrantino 2023

Anteprima Sagrantino 2023

di Raffaele Mosca

95 su 100, ovvero un punteggio che corrisponderebbe ad un “outstanding vintage”.  È il giudizio che il panel appuntato dal consorzio – e capitanato dalla giornalista Alessandra Piubello – ha stabilito per l’annata 2019 del Sagrantino. Una valutazione generosa, ma condivisibile, per un’annata che ha dato un minimo di omogeneità qualitativa in più al parterre sempre molto variegato offerto da questo vino tanto difficile quanto meritevole d’approfondimento: ostico, “incazzoso”, ma spesso sorprendente per originalità.

Del resto la zona di Montefalco é climaticamente abbastanza allineata con gli altri territori vitivinicoli del Centro Italia, dove la 2019 è stata eccezionalmente regolare ( e dico eccezionalmente perché l’instabilità climatica è diventata la norma nell’ultimo decennio). Nel convegno alla chiesa di San Francesco – da visitare assolutamente per il ciclo d’affreschi meraviglioso di Benozzo Gozzoli – si è parlato di primavera piuttosto piovosa che ha garantito l’ accumulo di risorse idriche, caldo senza picchi tra giugno e luglio, eventi temporaleschi tra la fine di agosto e settembre che hanno abbassato le temperature e allungato la stagione. La vendemmia è stata abbastanza tardiva e ha dato uve con tutti i parametri giusti.

Ad essere onesti, però, la 2019 non è solo un’annata molto buona per ragioni climatiche: è anche il millesimo in cui si comincia ad intravedere una svolta stilistica mirata all’alleggerimento del Sagrantino.  “ Girando per le fiere, negli ultimi mesi, mi sono trovato a condividere il banco con dei produttori bordolesi – spiega il presidente del consorzio vini Montefalco Giampaolo Tabarrini – loro stanno cercando adesso di cambiare stile per evitare una crisi: noi, invece, siamo partiti con questo cambiamento diversi anni fa”.

E siccome a Montefalco tutto va per le lunghe, perché il Sagrantino ha bisogno di tantissimo riposo in bottiglia, c’è voluto parecchio tempo prima che questo cambio di rotta emergesse più chiaramente. Anzi, ce ne vorrà altro ancora, perché solo una piccola parte dei produttori che hanno presentato i campioni all’anteprima metterà in commercio i vini prima della fine del 2023. Tra gli appunti, peraltro, troverete parecchi grandi assenti: sono quelli che non hanno ancora tirato il vino fuori dalle botti, ai quali è stato tassativamente impedito di presentare campioni non finiti.

 

Questione di bucce

Dalle visite in cantina è emersa una correlazione tra l’alleggerimento dei vini e uno studio attento delle macerazioni. Su questo punto, stanno nascendo due scuole di pensiero radicalmente diverse: alla prima appartengono i produttori che ne effettuano di cortissime – anche 5-10 giorni – e all’altra chi le allunga molto (fino a 11 mesi!). I primi, tra i quali si annoverano aziende molto tecnologiche come Terra de la Custodia e Carapace Lunelli, producono vini precisi, universali ed equilibrati da subito, ma spesso pettinati al punto da essere quasi carenti di estro: un po’ come i Barolo e Barbaresco dei produttori modernisti. I secondi, invece, fanno forza su di una “macerazione-infusione”, nel corso della quale la buccia riassorbe alcuni degli elementi che ha ceduto, per avere vini ruggenti, ma con equilibrio e compostezza encomiabili. Sono tutto fuorché facili e accomodanti, ma piacciono per questa potenza mai fuori misura.

 

I migliori Sagrantino di Montefalco 2019:

Scacciadiavoli 

Bel frutto solare e polposo, contornato da accenti floreali, mentolo e un’idea di pepe rosa. E’ in assestamento, ma convince per equilibrio tra frutto e tannino asciugante il giusto, potenza misurata e finale preciso.

 

Tabarrini – Il Bisbetico Domato

Melagrana e paprika, radici e ferro, oliva nera. Austero ed ematico,  rinfrescato da una punta di vegetale. L’ estrazione è gestita meravigliosamente e rende agile e spigliato il sorso ancora in via di definizione. Contemporaneo.

 

Moretti Omero – Vigna Lunga

Caffè, cacao amaro, visciolata e pepe a delineare un profilo scuro-maturo. Buona reattività del l’acidità e del tannino che bilanciano il frutto molto ricco e danno nerbo alla progressione golosa, con finale ampio e carnoso. Non il più agile, ma piace per equilibrio tra struttura e giuste durezze.

 

Di Filippo – Etnico

Mora, melagrana, geranio e rosa, soffi di lavanda e genziana a delineare un profilo particolarmente fine. E’ molto contemporaneo: suadente, goloso, con tannino forzuto ma ben addomesticato, frutto e fiore che prendono la scena nel finale garbato. Un terzo della massa fa una macerazione brevissima: circa una notte in pressa, quasi alla maniera di un rosato.

 

Antonelli

Genziana e pepe bianco, lavanda e finocchietto, frutto acidulo e croccante. Agile, sapido e asciugante al punto giusto, con freschezza a tratti vegetale che lo snellisce ulteriormente. Molto promettente, a maggior ragione se si considera che è solo il Sagrantino “base”.

 

Arnaldo Caprai – Collepiano

Erbe officinali da vermouth e tostature leggere che svettano sul frutto e sul fiore -(geranio soprattutto). Attualmente molto austero e grintoso, con tannino gallico che si aggiunge al tannino già forzuto, ma anche tanta materia fruttata perfettamente modulata che dà ampiezza e godibilità allo sviluppo. Non il Collepiano più immediato di sempre, ma uno dei più promettenti.

 

Bocale

Ferro e carne cruda, felce, frutto nero purissimo e giusto un accenno di terziarizzazione.  Mordente e sontuoso, con ricca polpa fruttata incalzata dal tannino ruggente. Austero, nervoso, ma di gran classe, con finale lungo tra frutto e ritorni speziati.

 

Tabarrini – Campo alla Cerqua 

Alloro, ghisa, viola mammola, mirtilli rossi e lavanda a delineare un profilo grazioso che a tratti ricorda un grande Sangiovese. Delicatezza notevole se rapportata alla massa: tannino ben calibrato e frutto molto suadente, acidità assestata e ritorni floreali e balsamici che allungano la progressione molto fine ed equilibrata. E’ il più docile del quartetto dei cru di Tabarrini.

 

Arnaldo Caprai – Valdimaggio

Quasi Bordolese nel mix di sandalo, carcadè, composta di more, legno di cedro e grafite. Posato ed equilibrato, con tanto frutto scuro e maturo che fa passare il tannino quasi in secondo piano. E’ indubbiamente “tecnico”, ma non scade nell’omologazione… e si prospetta anche molto longevo!

 

93+/100

 

Tabarrini – Colle alle Macchie

Il più completo dei vini presentati quest’anno: affascinante e ritroso, con soffi di ferro e giuggiole, rabarbaro, accenti animali e di liquirizia, chiodo di garofano. E’ asciutto, austero, giovanilmente irruente: quasi agli antipodi rispetto al Valdimaggio. Nonostante l’irruenza, lascia intuire un equilibrio ottimale tra le componenti, chiudendo lungo tra ritorni floreali e terrestri  La cartina tornasole della stoffa del grande millesimo!

 

Gli altri vini:

Tenute Baldo

Sottobosco, cioccolato, liquirizia e carrube, mora e marasca. Ampio, avvolgente, con tannino di media presa e freschezza coinvolgente, sale e leggero vegetale nel finale aggraziato. Molto buono.

 

Mevante

Mora, marasca e ghisa; poi cacao, sottobosco e qualche idea balsamica. Potente ma senza esagerazioni, con frutto e leggere tostature da rovere che fanno da sfondo alla progressione lineare e ben distesa, con finale appena asciugato dal tannino.

 

Terre di San Felice

Selvatico, salamoia e qualche accenno di frutto nero. La volatile rinfresca il sorso, ma lo rende un po’ rustico, sfumando in un finale impreciso.

 

Moretti Omero 

Ridotto in apertura e poi un po’ statico, forse imbrigliato dal rovere. I legni di affinamento si fanno sentire anche nel sorso, che, però, mostra un equilibrio abbastanza compiuto tra frutto abbondante e massa tannica.

 

Montioni – Ma.gia 

Un po’ retrò negli aromi boschivi che s’intrecciano a marmellata di  mirtilli e nocciole. E’ potente, ma un po’ sgraziato, con finale asciutto.

 

Romanelli – Medoro

Decisamente timido: non lascia intuire molto all’infuori di cenere, mirtilli neri e oliva al forno. Più leggibile al palato, con tannino impetuoso che domina la progressione e asciuga il finale.

 

Lungarotti

Legno e marasca, vernice e sprazzi di sandalo e tostature. Compattato dal rovere che in questo momento imbriglia il frutto e rafforza l’asciuttezza tannica.

 

Colle Ciocco 

Pellame e oliva nera, viola appassita e il frutto sullo sfondo. Buono l’ equilibrio tra tannino e frutto, così come il finale abbastanza tonico.

 

Tabarrini – Colle Grimaldesco

Chiuso, ermetico, con cenere, legno arso e qualche afflato di pastiglia alla viola. Forzuto e tenace, sontuoso e astringente ma senza sbavature. Da attendere.

 

La Veneranda

Marasca e tabacco mentolato, tostature leggere e grafite a definire un profilo ben calibrato. Sorso con spigoli accentuati, ma bilanciati dal frutto, finale coerente tra lamponi e ritorni di grafite, asciutto ma non scomposto.

 

Tenute Lunelli – Carapace

Cioccolato, spezie e balsamico da rovere che svettano su frutto e fiore. Ampio, vellutato, con frutto generosissimo, tannino assestato e acidità adeguata, personalità molto moderna e compassata. Di stile internazionale, ma convincente per equilibrio e precisione.

 

Arnaldo Caprai – 25 Anni

Tostature e cioccolato incorniciano susina nera e ciliegie sotto spirito; lavanda, incenso e liquirizia in seconda battuta. Sorso dal peso specifico importante, moderno e possente con rovere in bella vista ancora da digerire. In questo momento piacciono di più Collepiano e Valdimaggio.

 

Un commento

  1. Vini internazionali ci può stare Universali mi sembra esagerato visto che lo spazio non lo abbiamo ancora colonizzato.PS Tanta euforia che però quando si scontra con la dura realtà per forza di cosa va ridimensionata perché le continue svendite anche di aziende importanti nella grande distribuzione o importanti enoteche non lasciano presagire nulla di buono per il futuro non solo per questa denominazione ma anche per tante altre non radicate nella tradizione.FRANCESCO

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