San Fele (Pz), Tipicamente


Via Umberto I, 40
Tel. 0976.94004
Aperto la sera, domenica a pranzo.
Chiuso lunedì

San Fele è un paese del Vulture abbarbicato a quasi 900 metri su un cucuzzolo sfidando, come tutti i piccoli centri lucani, le leggi della fisica. I religiosi lo conoscono per il santuario di Santa Maria di Pierno, uno dei più importanti della regione, i gourmet per i formaggi fatti con il latte di vacche e pecore che si godono alcuni dei pascoli più straordinari del Sud. In fondo siamo anche non lontano da Bella dove opera Roberto Rubino. Bene, da circa un anno qui c’è una novità nel mondo della ristorazione lucana, purtroppo abbastanza fermo da molto tempo, grazie all’iniziativa del giovane cuoco Roberto Puppio che dopo aver studiato all’alberghiero di Potenza ha fatto esperienza in Italia, tra cui citiamo per tutti La Frasca. Il risultato è quel giusto mezzo tra innovazione e tradizione dei sapori tipico della nuova generazione di chef meridionali che oggi naviga intorno ai trent’anni, passata dal semplice recupero ripulito delle ricette operato dai fratelli maggiori impegnati a strapparli all’oblio, alla manipolazione della materia prima realizzata con nuova tecnica e buona padronanza. Queste essere legati al gacimento dei sapori e della manualità gastronomica consente a questi giovani chef di esprimere piatti sempre riconoscibili, ma soprattutto evita loro l’errore di sganciarsi dalla realtà avviandosi in esibizioni manieristiche, barocche e virtuosistiche alla quali spesso dobbiamo assistere nelle grandi città o in tv dove invece questa generazione opera ormai senza aggancio con le radici. Insomma, per farla breve, c’è tanta materia prima su cui poter lavorare senza doversi sganciare dalla realtà, ma al tempo stesso si può rappresentare il proprio territorio in modo aggiornato e non presepiale. Questa duplica condizione consente di fare belle esperienze e divertirsi. Tipicamente è appunto uno di questi locali, articolato in tre menu rispettivamente da 25, 35 e 45 euro che vi citiamo interi. Il primo è di Roberto, responsabile di sala: cestino di polenta con fonduta di podolico, sbriciolata di salsiccia, porcini, su un coulis di pomodorino fresco e basilico, paccheri ripieni con croccante di patate, parmigiana di roast-beef con melanzane di Rotonda e pomodori confit, piccola pasticceria. Il secondo è la proposta di Giuseppe, il sous chef: sfera croccante di porcini e patate su zuppa di orzo perlato e pistilli di zafferano, stiamo lavorando alla minestra maritata (piatto da non perdere), idea di raviolo con burro e pecorino di Moliterno, ancora la pramigiana, piccola pasticceria e dessert. Infine il menu dello chef: aperitivo, cappuccino di baccalà e bottarga di muggine, la sfera croccante di porcini, la minestra maritata, la pasta converdure disidratate, il baccalà confit con crema di cicerchie e cremodo di cruschi, piccola pasticceria e dessert. L’ambiente è moderno e giovanile, il servizio attento, completato dai pani, l’abbinamento di diversi sali, da qualche bottiglia di territorio che però rappresenta il punto debole del posto in quanto la carta non è aggiornata e soprattutto, pecca grave, non corrispondente alla disponibilità, e necessita assolutamente di una guida esperta che articoli bene lo straordinario territorio vulturino: riproponendo in tal modo il problema dell’incredibile autismo che gli chef (in questo giovani e vecchi pari sono) hanno nei confronti del bicchiere che invece rappresenta spesso almeno un terzo del conto finale. Lo stile dei piatti, che possono essere scelti anche alla carta, è moderno, la presentazione molto graziosa e pulita. I sapori sono invece quelli tipici della cucina di montagna dove l’olio d’oliva è insidiato dal burro. E che burro! Anzi, più di uno presentati all’inizio mentre si attende la preparazione dei piatti abinati ai pani. Per il pubblico locale l’inutile carne argentina e a richiesta il pesce. Due offerte che potrete tranquillamente ignorare senza rimpianti godendo invece della riuscita dei piatti che vi ho citato in cui lo chef riesce ad esprimere la sua vivacità, lavorando con attenzione all’equilibrio e soprattutto costruendo la trama su un solo protagonista attorno al quale gli altri fanno la parte dei comprimari. Una bella sorpresa dunque, al termine di una visita di un territorio incontaminato e pulito, la dimostrazione di come sia possibile realizzare imprese ovunque concrete e significative quando si hanno dalla propria parte determinazione e manualità.

Come arrivare

Il paese è ben collegato con le grandi strade di comunicazione. Da Napoli e da Bari l’uscita è Candela, proseguire sulla superstrada in direzione Melfi-Potenza e uscire a San Fele. Da Avellino bisogna percorrere l’Ofantina superando Calitri e poi imboccare l’uscita di San Fele. Da Salerno conviene Potenza e poi la superstrada in direzione Melfi. Il locale è al centro del paese.