Solopaca, l’agriturismo Masseria del Procaccia e i week end tra le vigne


Luigi Cutillo

di Marina Alaimo

Giungiamo a Solopaca accompagnati da un violento temporale estivo, arrivato dopo una lunga siccità ed è evidente l’esultanza della terra che riconquista energia e speranza di vita. La folta vegetazione che costeggia la via del Procaccia accogliendo la pioggia si tinge di viva letizia espressa in tonalità di verde particolarmente accese e vivaci. La vecchia Masseria ci accoglie sorniona, avvolta nel suo ritmo lento e rilassato, circondata dai vigneti e dal massiccio del Monte Taburno.

Appena arrivati anche noi  godiamo del   fresco della pioggia respirando ad ampie boccate l’odore della terra bagnata e ci abbandoniamo al piacere rassicurante di una passeggiata nel vigneto. Che strano nome procaccia, anche la strada che conduce al casolare è intitolata alla stessa maniera. Presto la nostra curiosità viene soddisfatta dal padrone di casa, Luigi Cutillo, il quale ci racconta che il procaccia era colui che assicurava la consegna della posta e che la stradina che costeggia la proprietà vanta una storia importante: è stata la vecchia strada del Regio Procaccia, che ripercorreva un tratto dell’antica strada latina che collegava Beneventum con Telesia  proseguendo per Capua.

Il vigneto

La strada ha mantenuto la sua importanza fino all’intera durata del Regno di Napoli sotto il quale appunto il Regio Procaccia espletava le sue funzioni viaggiando da Terra di Lavoro, attraversando poi il fiume Calore qui a Solopaca dove c’era la scafa (attraversamento con barche)  per portarsi fino a Campobasso.

Il vigneto ai piedi del Monte Taburno

La presenza della scafa sulla via del Procaccia favorì lo sviluppo di masserie, taverne e stazioni di posta. In questo agriturismo Lucia D’Onofrio, insegnante di musica, trasmette ai figli, ma soprattutto agli ospiti attenti, la tradizione gastronomica contadina di Solopaca, preparando i piatti della memoria di famiglia.

L'antica masseria

L'agriturismo

Si comincia con la tipica merenda del contadino il quale si recava all’alba nei campi con la cesta nella quale la moglie aveva riposto il fiasco di vino, che poi vino non era, ma “acquata”, ovvero acqua fatta passare tra le vinacce, che dissetava, sapeva di vino, ma non ubriacava e consentiva quindi di lavorare sodo, poi gli strusciùli, una sorta di impasto per il pane fritto, spesso accompagnato da un pezzo di lardo.

Strusciuli

La tavola

Lucia ci ha preparato anche delle profumatissime rondelle di cipolla in tempura e le pizzelle e’ raudinio, pizzette fritte di farina di granturco, molto utilizzata nelle cucine contadine, mentre la farina bianca era destinata ai giorni di festa o agli ammalati, ed a tal proposito Luigi ci ha ricordato un simpatico vecchio detto locale: sta a pan’ e gran’, sta a pane di grano, in riferimento ad una persona non in salute.

Rondelle di cipolla fritta

Pizzelle e' raudinio

Passiamo poi ad una zuppa che solitamente il contadino trovava rientrando a casa la sera, piatto unico e sostanzioso, il ponzio realizzato con farina di granturco mescolata a verdure ed erbette di campo disponibili al momento.

Il Ponzio (zuppa di farina di granturco e broccoli)

L'ingresso

Abbiamo accompagnato queste pietanze con Orme 2009 di Luigi Cutillo, un coda di volpe in purezza semplice e beverino che riconduce al piacere della frugalità.

La coda di volpe

I vini

Poi nuovamente una zuppa molto saporita, in effetti i contadini non disponevano della pasta, se non nei giorni di festa, fatta a mano con acqua e farina, quindi il famoso timpano, del quale ogni paese, anzi ogni singola famiglia vanta una propria interpretazione, i cui componenti fondamentali sono: soffritto di aglio e cipolla, pane raffermo, cime di rapa, fagioli, peperoncino piccante ed olio extravergine d’oliva.

Il Timpàno (zuppa di pane raffermo, broccoli, verdurine di campo, fagioli e peperoncino piccante)

Proseguiamo con una pasta fresca fatta a mano da Lucia, le panciacche, una sorta di piccole lagane condite semplicemente con pomodori secchi, crostini di pane saltato in padella e caciocavallo grattugiato grossolanamente, abbinato ad un buon bicchiere di Calore 2009 di Luigi Cutillo (sangiovese, barbera del Sannio ed aglianico).

Le Panciacche con pomodori secchi e caciocavallo

Lucia D'Onofrio

Concludiamo con le prugne al mosto cotto accompagnate dal rosolio di sciroppo di vino rosso e noccioli di amarena e dal digestivo del brigante.

In vigna

La cucina dell’agriturismo è aperta solo su prenotazione, il menù è proposto al prezzo di 25 €, esclude i vini e comprende un ricco antipasto con formaggi e salumi locali, stusciùli, pizzelle varie; una zuppa, una pasta fatta a mano, due assaggi di carni diverse, il dolce ed i rosoli.

Prugne al mosto cotto

Rosolio di radici locali e digestivo del brigante

Un'altra vista del vigneto

E’ possibile pernottare in camere arredate secondo l’usanza contadina ed il costo varia dai 27 ai 32 € a persona, prima colazione inclusa.

Il vecchio ponte MariaCristina del 1834 che ha sostituito la scafa sul fiume Calore e poi distrutto dai tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale duratnte la ritirata

Sede in via del Procaccia, Solopaca (BN).  Tel. 0824 971366 – 3283888843

www.procaccia.it [email protected]

5 Commenti

  1. Pur essendo originari più o meno della zona non ricordavamo più queste tipiche pietanze di una civiltà contadina ormai scomparsa.
    Apprezziamo pertanto molto la descrizione di quei luoghi e la riproduzione di quelle ricette antiche.
    Da ricordare comunque che qualche pietanza è molto simile a quelle dei paesi limitrofi o del Sannio in genere come le pizze fritte di farina bianca e il Timpàano che con l’aggiunta di patate prende la più nota denominazione locale di “Ciambuotto”.
    L’abbinamento della Coda di volpe, un buon vino sobrio e di solito troppo poco vivace; non la riteniamo sufficiente ai fritti delle prime tre pietanze:
    occorre qualche bollicina in più!
    Nel complesso comunque un giudizio molto positivo per la bella realtà di quella suggestiva zona Sannita.

  2. Certamente i contadini di Solopaca non bevevano bollicine a tavola od in campagna. Lucia e Luigi sono molto fedeli alle tradizioni eno gastronomiche locali.

    1. Premesso che che non era in tono critico la mia osservazione, mi permetto di replicare alla tua precisazione:
      E” vero che è importante tener fede alle tradizioni enogastronomiche locali e quindi i prodotti da servire devono rispecchiare il più possibile la natura ed il luogo. Ma abbinare dei vini della produzione dei nostri giorni non significa affatto snaturare le tradizioni.
      Allora se si vuole riprodurre in assoluto i pasti dei contadini di anni dietro non bisogna servire la bottiglia di Orme 2009 o la bottiglia di Barbera o Aglianico del Sannio 2009, ma la bottiglia di Bianco non filtrato ed il Fiasco di Acquata come allora.
      La stessa cosa dicasi per qualche altro prodotto tipo la farina per esempio: dove trovi più il mulino ad acqua o a pietra di una volta? Che io sappia sono scomparsi da almeno 30 anni e quindi tutti devono appoggiarsi al mulino di tipo industriale.
      i

  3. caro luigi e lucia siete bellissimi
    il vs lavoro e la vs dedizione merita un forte riconoscimento.
    lucio

    1. Grazie a tutti per gli apprezzamenti e anche per le discussioni sui vini.
      Nel chiedervi scusa del ritardo, ma solo oggi ho riletto l’articolo articoli e ho visto i commenti, volevo precisare che noi abbiamo fatto una scelta, che stiamo faticosamente portando avanti, di non andare oltre il nostro territorio lasciandoci guidare dai prodotti di stagione dei nostri orti: compreso i vini.
      In questo vincolo che ci siamo imposti, la coda di volpe era, per noi, il miglior abbinamento possibile per quei piatti; quest’anno la cantina sociale di Solopaca ha commercializzato una falanghina frizzante e su quei fritti va decisamente meglio.
      Comunque vi aspettiamo per un giudizio

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