Tal 1930 e 1908: i grandi vini di Cantina Bolzano con la cucina del bistellato Terra di Sarentino


Cantina Bolzano – Vini

di Raffaele Mosca

Se la grande cucina cambia ed evolve, perché l’enologia dovrebbe rimanere sempre uguale? Da Tokyo a Parigi, passando per le valli alpine, non c’è posto dove il fine dining non abbia subito una trasformazione radicale. Barocchismi, fuochi d’artificio, masturbazioni tecniche e pastrocchi d’ingredienti sono oramai stati accantonati definitivamente: chi vuole farsi strada nell’Olimpo dell’Haut cuisine deve saper destreggiarsi tra orto, bosco e dintorni, sviluppando una conoscenza approfondita della materia vegetale. Questo perché leggerezza e freschezza sono due valori imprescindibili. Nessuno ha più voglia di alzarsi dal tavolo di un ristorante fine dining con un senso di ottundimento per overdose di grassi. Nella società del benessere, chi è disposto a spendere per la buona cucina non ricerca più appagamento fine a sé stesso e nemmeno lusso sfarzoso e ridondante.

Nel vino l’evoluzione è stata meno lineare: se c’è una parte di mondo produttivo che cerca il “more is more” invece del “less is more”, è perché esiste ancora uno zoccolo duro di clientela soprattutto internazionale che cerca corpo, calore e pienezza, probabilmente incentivata anche dalla tendenza a consumare vino fuori dai pasti o senza dare troppa importanza all’abbinamento (e alle calorie!). Ma chi vuole posizionarsi nel fine dining deve necessariamente cercare l’alleggerimento, la finezza e la facilità d’abbinamento. Non è più solo una questione di immagine e lustro: se è vero che ristoranti stellati e affini non consumano chissà quali volumi e non fanno volare i fatturati, è anche vero che, proprio grazie alla clientela molto selezionata e all’usanza del wine pairing, sono il segmento in cui la crisi delle vendite di vino si fa sentire in proporzione di meno.

Per fortuna esistono vini importanti che non giocano per forza sulla muscolaritá. È il caso di TAL, acronimo di Tradizione Autenticità Longevità, nato per definire una coppia di vini di Cantina Bolzano che abbiamo seguito dal loro primo lancio due anni fa. Un rosso e un bianco importanti per prezzo e caratura, con una tiratura infinitesimale se rapportata alla produzione totale della terza più grande cooperativa della ragione, frutto dalla fusione tra le storiche cantine di Gries e Santa Maddalena.

Le prime due annate, 2020 e 2021, erano state presentate in degustazione alla cieca di fianco ad alcuni grandi etichette nazionali e internazionali per fare un po’ di benchmarking. La 2022, invece, è andata in scena per la prima volta da Terra a Sarentino, ristorante bistellato disperso tra le montagne dell’omonima valle. Un luogo tanto bello quanto remoto, dove fare qualcosa che non sia una cucina a chilometro zero – e quindi basata sul foraging – sarebbe improponibile anche solo per questioni logistiche.

La sommelier Gisela Schneider preferisce tendenzialmente vini invecchiati per bilanciare i sapori delicati – ma molto persistenti – della cucina del fratello Heinrich e chiede alla stessa cantina Bolzano di tenere in stock alcune annate vecchie che poi acquista periodicamente e mette in mescita. Eppure anche le  annate più giovani di TAL riescono nell’assecondare la lunga sfilza di piatti con sensazioni balsamiche e acidità spinte a fare da fil rouge.

Cantina Bolzano – Menu

Il bianco è un assemblaggio di Chardonnay (80% circa), Sauvignon e Pinot Grigio: teoricamente molto classico per protocollo produttivo, visto che affina in barrique. Ma la selezione di parcelle in alta collina, che sfiorano i 600 metri d’altitudine, fa si che mantenga un certo dinamismo  E soprattutto è notevole la sua capacità di “mangiarsi” il legno, presentando già all’esordio un profilo cristallino. La 2022 gioca su toni floreali e di erbe selvatiche: quasi come se anche se lui provenisse dai boschi da cui terra attinge. Snello, sferzante, ma con giusta cremosità e un tocco di legno che non disturba, anzi contribuisce a dare spessore e profondità, asseconda una sequenza di portate iniziali in cui è la parte balsamica a fare da fil rouge.

Piatti – Terra Sarentino

Il rosso è incentrato sull’uva più difficile da gestire in un’ottica d’eleganza e beva che ci sia in Alto Adige: il Lagrein, completato da piccole quote di Cabernet Sauvignon. Ad essere onesti le prime due versioni non ci avevano convinto al 100% all’esordio, ma si sono rivelate più capaci di evolvere e acquistare dinamismo con l’evoluzione di quanto avremmo immaginato. Con la 2022, però, quest’etichetta fa un bel balzo in avanti: anche grazie all’affinamento in cemento, riesce a mantenere una purezza del frutto straordinaria, unita ad erbe balsamiche, cacao e liquirizia, acidità che in chiusura richiama il tarocco siciliano. Non sappiamo scegliere tra questo il 2021, appena più evoluto e terragno, per l’abbinamento per il piatto più travolgente della giornata: uno spaghetto di rapa rossa con crema di lievito caramello ed achillea, esplosivo per sapore e persistenza,  che ci invoglia a tornare al più presto tra quelle valli alpine!

 

Un commento

  1. Anch’io tornerò appena possibile al Ristorante Feltuner Hütte al Corno di Renon se non altro per riassaporare l’ottima pecora accompagnata da un buon bicchiere (diciamo almeno due)di Lagrein . FRANCESCO

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