Tutto sul tartufo: da Apicio a Bocuse, storia di una ossessione gastronomica


Zuppa di tartufo di Paul Bocuse

Zuppa di tartufo di Paul Bocuse

di Santa Di Salvo

Siamo sinceri, Molière non ha reso un buon servizio al tartufo. Quel suo protagonista ipocrita e bigotto sta al fungo ipogeo delizia del palato come una pessima chincaglieria ai diamanti. E appunto «il diamante della cucina» lo definì Brillat-Savarin nella sua Fisiologia del Gusto, forse presagendo anche i suoi costi futuri (al borsino di Acqualagna quest’anno 2100 euro al chilo per il bianco oltre i 50 grammi). In comune, i due Tartufi hanno solo quell’elemento sotterraneo che nel primo diventa sinonimo di doppiezza e falsità, nel secondo ricercatezza preziosa. Non c’è stato gastronomo o grande chef, da Apicio a Paul Bocuse, che non lo abbia celebrato con le sue ricette. Nel De Re Coquinaria (I secolo d.C.), Apicio li combina con il garum, il mosto cotto e il miele, li lessa con i porri e li insaporisce con il coriandolo o con un mix di menta, ruta, pepe, miele olio e vino.

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Probabilmente queste ricette riguardano le «terfezie», i tartufi della Libia assai meno profumati e quindi bisognosi di salse forti. Invece tra le ricette più famose di Paul Bocuse c’è una zuppa di tartufo nero creata dallo chef nel 1975.
Non c’è dubbio, il tartufo è un cibo aristocratico, non si presta alla ristorazione di massa, indipendentemente dal suo costo. Gioacchino Rossini, il più gourmet dei musicisti, lo definiva «il Mozart della cucina» e lo utilizzò nel pasticcio di maccheroni che porta il suo nome e negli ancor più celebri Tournedos. La nobiltà del tartufo è antica, c’è chi ipotizza il suo uso al tempo dei Babilonesi e dei Sumeri. Tracciarne tutta la storia è impossibile, sarebbe come intraprendere quella della civilizzazione del mondo, diceva Alexandre Dumas. Ricordiamo solo che la prima documentazione storica risale a Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), benché Romani e Greci non avessero le idee chiare sulla natura del tubero, perché pensavano che nascesse dalla combinazione di acqua, fuoco e fulmini scagliati da Zeus in prossimità di una quercia.

Il tartufo bianco

Il tartufo bianco

La sua prima immagine, invece, è contenuta nel Tacuinum Sanitatis conservato alla Biblioteca Casanatese del convento di Santa Maria sopra Minerva a Roma. L’illustrazione è quella di un paggio che raccoglie tartufi neri detti «terra tufule tubera». Ugualmente antica la sua fama di afrodisiaco, che nacque dalla seconda metà del Quattrocento, attestata da medici come Michele Savonarola, nonno di fra Girolamo (“l’è pasto da vechij che hanno belle mogli”) e da eruditi come il Platina che lo definì “un eccitante della lussuria”. A sancirne lo scabroso primato nell’Italia unita fu Paolo Mantegazza nel suo libro “Igiene dell’Amore”, ma nessun dato scientifico lo ha mai confermato. Passione e scoperta, bontà sontuosa che riesce a realizzare ricette senza limiti, il tartufo tira fuori da chi lavora in cucina accenti di vera poesia. «Con la sua forma irregolare, la pelle liscia, il color avorio patinato che ingrigisce con il tempo, rivela esperienze di gusto indescrivibili. Il sapore, il bouquet raro e misterioso, la consistenza, il profumo non possono essere paragonati a nulla di conosciuto». E’ la dichiarazione d’amore al tartufo bianco di Alain Ducasse. Gli fa eco Carlo Cracco: «Lo conosci ma non sai definirlo, lo percepisci ma non riesci ad assaporarlo, lo avvicini ma non ne cogli l’anima. Araba fenice della gastronomia internazionale, utopia dei sensi, il tartufo bianco è essenzialmente profumo, e solo dopo anche gusto». Onore al Bianco Pregiato, certo, conosciuto anche come Bianco d’Alba (Tuber magnatum Pico). Ma esistono altre specie, le più conosciute sono il Tartufo Nero Pregiato (Tuber melanosporum Vitt.), detto anche Nero invernale, e il Tartufo Nero d’estate (Tuber aestivum Vitt.), noto anche come Tartufo Scorzone. La gran questione dei Bianchi e dei Neri, per dirla con Pellegrino Artusi, è un po’ come quella dei Guelfi e Ghibellini, ma senza spargimento di sangue, ognuno può sostenere a buon diritto la sua tesi. Tutelare le specie è un dovere, non solo perché si tratta di un prodotto perfetto per la cucina d’autore, ma anche perché il giro d’affari del comparto è stimato tra i 400 e i 600 milioni di euro e il tartufo è un’attrazione culinaria dal forte fascino evocativo per una larga fascia di turismo di alto profilo.

Tartufo - Carpineto Romano

Tartufo – Carpineto Romano

Come accade per le api, anche i tartufi, che sono funghi che si sviluppano sotto terra, sono delle vere sentinelle ecologiche, ipersensibili alle modificazioni climatiche e ambientali. La quantità e la qualità della raccolta ogni anno è difficilmente prevedibile, proprio perché le tartufaie sono vere e proprie oasi del tutto estranee alla chimica e agli ogm. Il 2018 si annuncia anno privilegiato per il tartufo bianco, la produzione è in risalita, la qualità molto buona. Dal Piemonte al Molise, la stagione si presenta molto favorevole rispetto al passato triennio, con prezzi relativamente più accessibili. In attesa del riconoscimento Unesco dell’arte italiana della cerca e della cavatura, entro fine anno si attende anche la conferma della richiesta della Dop per il Nero Pregiato avanzata da Acqualagna. Sarebbe la prima Dop per un tartufo.